Antonio Gramsci (1891
– 1937) è universalmente conosciuto come uno dei maggiori pensatori del XX
secolo. Fu politico, filosofo, giornalista, linguista e critico letterario. Nel
1921 fu tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia. Nel 1926 venne
arrestato dal regime fascista con l’accusa di attività
cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento
all’odio di classe. Condannato, venne rinchiuso nel carcere di Milano e poi in quello di Turi,
in Puglia. Nel 1934, per il grave deterioramento delle sue condizioni di
salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in clinica, dove
trascorse gli ultimi anni di vita.
In
carcere, a partire dal 1926 aveva iniziato la stesura della sua opera maggiore,
i Quaderni
del carcere, non destinati alla pubblicazione, nei quali analizzò la
struttura culturale e politica della società.
Durante
la prigionia scrisse anche moltissime lettere (pubblicate con il titolo Lettere dal carcere) indirizzate
ai familiari (la madre, il fratello, le sorelle, la moglie, la cognata, i figli),
le quali hanno un grande valore non solo umano ma anche storico, politico,
sociologico.
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Tania Scucht |
L’occasione per parlare del buddhismo gli era stata offerta
da uno scambio di idee che aveva avuto in carcere con un “evangelista o metodista o presbiteriano”, a proposito del rischio
di un possibile innesto di elementi asiatici nella cultura cristiana europea a
causa della vendita di statuine del Buddha da parte degli immigrati cinesi.
Ma
leggiamo direttamente lo scritto di Gramsci:
Per farti
passare il tempo ti riferirò una piccola discussione «carceraria» svoltasi a
pezzi e bocconi. Un tale, che credo sia evangelista o metodista o presbiteriano
(mi sono ricordato di lui a proposito del suaccennato «prossimo») era molto
indignato perché si lasciavano ancora circolare per le nostre città quei poveri
cinesi che vendono oggettini certamente fabbricati in serie in Germania, ma che
dànno l'impressione ai compatrioti di annettersi almeno un pezzettino del
folklore cataico. Secondo il nostro evangelista, il pericolo era grande per la
omogeneità delle credenze e dei modi di pensare della civiltà occidentale: si
tratta, secondo lui, di un innesto dell'idolatria asiatica nel ceppo del
cristianesimo europeo. Le
piccole immagini del Budda finirebbero con l’esercitare uno speciale fascino
che potrebbe essere come un reagente sulla psicologia europea ed esercitare una
spinta verso neoformazioni ideologiche totalmente diverse da quella
tradizionale. Che un elemento sociale come l'evangelista in parola
avesse simili preoccupazioni, era certo molto interessante, anche se tali
preoccupazioni avessero origine molto lontana. Non fu difficile però cacciarlo
in un ginepraio di idee, senza uscita per lui, facendogli osservare:
1°. Che l’influenza del buddismo sulla
civiltà occidentale ha radici molto più profonde di quanto sembri,
perché durante tutto il Medio Evo, dall’invasione degli arabi fino al 1200
circa, la vita di Budda
circolò in Europa come la vita di un martire cristiano, santificato
dalla Chiesa, la quale solo dopo parecchi secoli si accorse dell’errore
commesso e sconsacrò il pseudosanto.
L’influenza
che un tale episodio può avere esercitato in quei tempi, quando l’ideologia
religiosa era vivacissima e costituiva il solo modo di pensare delle
moltitudini, è incalcolabile.
2°. Il buddismo non è una idolatria.
Da questo punto di vista, se un pericolo c’è, è costituito piuttosto dalla
musica e dalla danza importata in Europa dai negri. Questa musica ha veramente
conquistato tutto uno strato della popolazione europea colta, ha creato anzi un
vero fanatismo. Ora è impossibile immaginare che la ripetizione continuata dei
gesti fisici che i negri fanno intorno ai loro feticci danzando, che l’avere
sempre nelle orecchie il ritmo sincopato degli jazz-bands, rimangano senza
risultati ideologici; a) Si tratta di un fenomeno enormemente diffuso, che
tocca milioni e milioni di persone, specialmente giovani; b) si tratta di
impressioni molto energiche e violente, cioè che lasciano traccie profonde e
durature; c) si tratta di fenomeni musicali, cioè di manifestazioni che si
esprimono nel linguaggio più universale oggi esistente, nel linguaggio che più
rapidamente comunica immagini e impressioni totali di una civiltà non solo
estranea alla nostra, ma certamente meno complessa di quella asiatica,
primitiva ed elementare, cioè facilmente assimilabile e generalizzabile dalla
musica e dalla danza a tutto il mondo psichico. Insomma il povero evangelista
fu convinto, che mentre aveva paura di diventare un asiatico, in realtà egli,
senza accorgersene, stava diventando un negro e che tale processo era
terribilmente avanzato, almeno fino alla fase di meticcio. Non so quali
risultati siano stati ottenuti: penso però che non sia più capace di rinunziare
al caffè con contorno di jazz e che d’ora innanzi si guarderà più attentamente
nello specchio per sorprendere i pigmenti di colore nel suo sangue.
Come
si vede, nel punto 1° Gramsci dimostra di conoscere molto bene la vicenda di
Josafat, il “Buddha cristiano”, raccontata tra gli altri da Iacopo da Varagine
sulla base di una tradizione indiana attraverso le versioni islamico-georgiane
(si veda il post http://zenvadoligure.blogspot.it/2015/02/il-beato-iacopo-da-varagine-e-la-strana.html del 6 febbraio
2015). E soprattutto riconosce che il buddhismo ha profondamente influenzato la
civiltà europea.
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La lettera a Tania, pubblicata su L'Unità del 27 aprile 1947 |
Inoltre,
nel punto 2° troviamo la perentoria affermazione secondo cui il buddhismo non è
una idolatria (si rammenti che Gramsci parla nel 1928), e quindi la vendita delle
statuine del Buddha, cioè di idoli, non avrebbe potuto certamente avere l'effetto di contaminare
il Cristianesimo europeo! Anzi, con efficace ironia porta il suo interlocutore
alla paradossale conclusione che sarebbe stata più probabile una contaminazione
culturale provocata dalla musica jazz, in quanto trattasi di un linguaggio universale,
diretto, e che coinvolge senza mediazioni “tutto il mondo psichico” dell’evangelista.
E magari, conclude sarcasticamente, anche il suo aspetto fisico!
La
lettera è leggibile per intero qui (pag. 108-109 del file PDF):
http://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/gramsci/lettere_dal_carcere/pdf/letter_p.pdf