domenica 3 aprile 2022

Rileggere Pinocchio - Fiaba per Burattini o Discesa agli Inferi? - I parte

        Non un testo strutturato, consequenziale, questo. Solo appunti disordinati per una serie di incontri tra persone. Etimologie, suggestioni, incroci apparentemente casuali. Tra temi, epoche, culture anche lontane tra loro. Pensieri, immagini talvolta quasi oniriche, su un insieme di sogni – così mi piace pensare a Pinocchio, specialmente la prima parte del racconto.

Non solo ri-leggere Pinocchio, allora, ma farsi leggere dal testo; lasciarsi interrogare, con la mente del gioco, mushotoku, abbandonate le attese dell’imparare e i rimpianti del non conosciuto.

 Tante le cose non dette, assenze importanti: il volo sul Colombo, il paese delle Api, il Giudice, il Pescatore Verde, Eugenio, Lucignolo…

Ma troppo forte l’ansia di scoprire, di ri-velare il filo rosso che nel testo, o al di fuori di esso, sembra collegare le gesta di Pinocchio. O le fantasie notturne di Collodi.

Nello stesso modo in cui, al risveglio, ci si sforza, prima dell’oblio mattutino, di riannodare i fili forse illusori dei sogni del lettore che fui e che sono.

 E tiranno il tempo: il tempo breve degli incontri, in quest’epoca sospettosa, in cui i corpi mascherati si celano al virus e le menti offuscate invocano Ares. In questo Kali Yuga del pensiero ancor prima che dei corpi e dei popoli.

 Ha scritto James Hillman, pochi giorni prima di morire (ottobre 2011): “Sto cercando di restare pensante. Di continuare a pensare… Adesso non ho ancora la parola giusta. Ma trovare le parole è magnifico. Trovare la parola giusta è così importante. Le parole sono come cuscini: quando sono disposte nel modo giusto alleviano il dolore”.

Restare pensanti.

 Perché una rilettura di Pinocchio?

 L’esperienza personale: la lettura dell’infanzia, la versione “americana” di Disney. Le riletture “adulte”, i film di Comencini, di Benigni, di Garrone. La scoperta dei ricordi condizionati dal tempo: la Balena o un Pesce-cane, il burattino che non svanisce e il bambino, personaggi noti o rimossi, buoni o cattivi…

 La rilettura e la riflessione fanno scoprire il Pinocchiovelato” dal testo. Il burattino era già occultato nel legno, così come la Pietà e il David erano celati nel marmo.

I simboli sono stati nascosti in bella evidenza nel Pinocchio. Il posto migliore per nascondere qualsiasi cosa è in piena vista, diceva Edgar Allan Poe.

Dante Alighieri e Pinocchio. I “quattro sensi delle scritture” nel Convivio. Pinocchio ripercorre il cammino di Dante, dopo oltre mezzo millennio?

I rimandi, le citazioni dai testi del passato, gli antichi miti che riemergono:

Pinocchio è solo un libro per educare i bambini, per “fare gli italiani” dopo aver fatto l’Italia (D’Azeglio)? Quindi: un confronto tra Pinocchio e Cuore come testi di “educazione civica” per i nuovi italiani. Pinocchio è pubblicato tra il 1881 e il 1883, Cuore nel 1886. Si noti, Edmondo De Amicis (1846-1908) era massone, come forse lo era Collodi.

Quindi la domanda è: Chi erano/sono i lettori di Pinocchio?

E poi, a seguire: Chi sono i burattini? Meglio: quali burattini siamo?

 Note sull’Autore

 Carlo Collodi (pseudonimo di Carlo Lorenzini, laddove Collodi – fraz. di Pescia, provincia di Pistoia – è il nome del luogo di nascita della madre) nasce nel 1826 a Firenze. Il padre è cuoco e la madre sarta e cameriera, entrambi al servizio dei marchesi Ginori (1737, fondazione della manifattura di porcellane Ginori, dal 1896 Richard-Ginori).

Dal 1837 al 1842 compie gli studi in seminario a Colle Val d’Elsa, poi si dedica alla retorica e alla filosofia presso gli Scolopi di Firenze.

Lavora in una libreria di Firenze, ottiene la dispensa ecclesiastica per la lettura dei libri messi all’indice (Index librorum prohibitorum, creato nel 1559 da Paolo IV, soppresso da Paolo VI nel 1966).

Intorno al 1844 entra nella Massoneria (il fatto è però negato da molti biografi di Collodi).

Dal 1847 pubblica diversi articoli su temi di critica musicale, teatro e letteratura.

Partecipa alla prima e alla seconda guerra d’Indipendenza (1848 e 1859), scrive su giornali umoristici (dal 1856 o dal 1859 con lo pseudonimo di Collodi) e pubblica le sue prime opere.

Nel 1860 diviene censore teatrale.

Nel 1875 riceve l’incarico da un editore di tradurre le fiabe francesi di Perrault e altri.

1877: pubblica Giannettino. 1878: Minuzzolo.

Nel 1881 esce sul Giornale per i Bambini la prima puntata de Le Avventure di Pinocchio, come Storia di un Burattino. Il racconto è pubblicato in volume nel 1883.

Collodi muore, forse per un aneurisma, nel 1890.

Divagazioni davanti al Tempio

La Massoneria è circondata da una reputazione ricca di incomprensioni numerose e giudizi il più delle volte del tutto errati, e ciò dato che una forte tendenza al suo interno, in rottura categorica con i "doveri" originali più venerabili di tale società, ha creduto bene d'immergersi in misura maggiore del necessario negli affari del mondo e, per giunta facendosi lo strumento zelante delle idee più antitradizionali, suscitando nei propri confronti i risentimenti legittimi di una parte della opinione pubblica e il naturale sospetto delle autorità religiose.

Eppure riteniamo che il significato stesso della Massoneria, oltre i riti diversi, persegue in realtà un solo obiettivo: ritrovare la “Parola dei maestri” Tale ricerca caratterizza fin dalle origini più remote l'unico lavoro della Massoneria autentica, una ricerca che è una forma di accesso alla "Conoscenza integrale" la quale, "per l'esattezza, costituisce davvero il segreto massonico, e perciò questo segreto è in sostanza incomunicabile".

 Un importante elemento che le biografie di Collodi forniscono a favore di una possibile lettura “altra” di Pinocchio è costituito da ciò che si sa sulla nascita del testo: i primi capitoli furono scritti dopo un paio di notti di lavoro, in piedi, davanti ad una scrivania a leggio (piccoli scrivani fiorentini crescono?).

Quindi una scrittura veloce, notturna, il che suggerisce una fortissima connessione dell’Autore con stati di coscienza diversi da quelli diurni, della veglia, della mente analitica. Un particolare rapporto con contenuti profondi della mente, affioranti a causa delle (grazie alle) particolari modalità di lavoro dello scrittore.

 Note sull’Opera

 La prima metà del romanzo (8 episodi) appare tra 1881 e 1882, a puntate, sul Giornale per i bambini. Avrebbe dovuto concludersi, secondo l’Autore, con la morte di Pinocchio per impiccagione, ma la storia viene portata avanti su richiesta dei lettori e nel 1883 il romanzo è pubblicato per intero dall’editore Felice Paggi. Ad oggi è la prima opera letteraria italiana e la seconda al mondo per numero di traduzioni (oltre 240).

 Ambientazione

 Benché sia stato scritto nel 1881, il romanzo è ambientato nel passato, presumibilmente all'epoca del Granducato di Toscana o all'indomani dell'Unità d'Italia, come si può notare anche dai riferimenti ai quattrini, soldi e zecchini d'oro che vengono citati nella storia, ma con la presenza dei Reali Carabinieri, corpo armato sabaudo.

Alcune fonti ambienterebbero le avventure di Pinocchio nella zona a nord di Firenze. La parte del racconto in cui Pinocchio viene impiccato dagli assassini alla Grande Quercia è ambientata invece in provincia di Lucca. L'albero descritto da Collodi esiste ancora in quella zona, ed è anche chiamato Quercia delle streghe.

 Divagazioni sul Protagonista

 Il romanzo ha come protagonista un personaggio di finzione, che l'autore definì “burattino” pur essendo morfologicamente più simile ad una marionetta (corpo di legno con articolazioni, mosso dai fili). Il motivo è che all'epoca della scrittura del romanzo il termine "burattino" fu preferito a "marionetta" in quanto esso era di scarso uso popolare ed era stato considerato da alcuni scrittori dell'epoca un "francesismo": l'etimologia del nome marionetta potrebbe derivare dalle “Marie di legno”, una sorta di ex voto offerto alla Vergine dalla Serenissima, per aver strappato miracolosamente dalle mani di pirati barbareschi dodici belle fanciulle veneziane, intorno all'anno 1000. In una festa commemorativa, dodici ragazze riccamente vestite d'oro e pietre preziose erano condotte in processione per le calli di Venezia. Data l'enormità della spesa, si pensò di sostituire le ragazze con statue in legno scolpite, dette appunto “Marie”, o meglio, viste le dimensioni naturali, “Marione”. Le piccole riproduzioni di quelle figure, messe in vendita durante la festa, divennero le “Marionette”.

Un'altra teoria sosterrebbe l'origine francese del nome, comunque sempre collegato alla vendita di statuette mariane.

 Nomen omen

 Nel romanzo Geppetto spiega che il burattino si chiama Pinocchio perché è un nome a lui noto.

L'origine del nome non è chiara, ma pinocchio significa probabilmente “pinolo”; esistono molti altri nomi simili che derivano da Pino o Giuseppino (a sua volta diminutivo o vezzeggiativo di Giuseppe, come anche lo stesso Geppetto).

Nell'accezione di pinolo si possono riassumere simbolicamente le caratteristiche del personaggio: il “seme” nel suo stesso essere “di legno”, insomma “la carne nel legno, la germinazione nella durezza”.

Nomen omen: il nome Pinocchio (seme) come “mise en abyme” di tutta la vicenda.

 L’incipit della storia

 Già dalle primissime parole la fiaba ci dice di essere molto più di ciò che sembra, una semplice storiella per bambini, una raccolta di insegnamenti morali, un manuale di bon-ton per “Piccoli Italiani crescono”.

 Il “C’era una volta delle fiabe”.

 Come in Genesi 1,1 “In principio Dio creò il cielo e la terra”, come in Giovanni I,1 “In principio era il Verbo”.

La Creazione (creazione letteraria, Creazione dell’Universo) non avviene nel tempo storico, lo precede, ne è al di fuori. Il tempo stesso è creato. Il Verbo precede il tempo, il Principio in cui era non è l’inizio, è al-di-là di ogni inizio – e di ogni fine.

 C’era una volta… in un tempo al di là del tempo, il tempo in-perfetto, non concluso e non iniziato, che non è durata, come l’eternità non è somma di istanti (lo stesso vale per lo spazio).

C’era una volta significa ciò che è oggi, ciò che era ieri e ciò che sarà domani.

 Il c’era una volta introduce immediatamente in una dimensione sovratemporale, ultraterrena. Non è la dimensione storica, logica, razionale, dell’aut-aut. La sua origine (il principio) non è di questo mondo. I suoi elementi rimandano alla realtà del mito, dei simboli, dell’et-et.

 E’ il tempo del gioco: facciamo che io ero il principe e tu la principessa...

L’atto creativo e l’azione ludica. L’universo come Lila, gioco degli dei. Dice Geppetto: “Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno”.

Si rammenti: Collodi era notoriamente un giocatore d’azzardo, il che rimanda non certo all’etica dell’uomo bensì a quanto detto sulla vita notturna dal punto di vista degli stati di coscienza.

Il gioco, come spiega Huizinga, è indissolubilmente legato alla fantasia, al sogno, alla dimensione spirituale del bambino come dell’adulto. La creatività in alternativa alla mera produzione (il che va ben oltre la critica al capitalismo svolta da Marx, che si ferma alla distinzione tra oggettivazione e alienazione).

 Dice Ananda K. Coomaraswamy: “Nelle fiabe c’era una volta non vuol dire: quella sola volta, ma: una volta per tutte”.

 “C’era una volta…Un re!”. Errore! Non un Re, ma un pezzo di legno.

Il pezzo di legno non si contrappone al Re solo sul piano umano, storico, della manifestazione. Dove il ricco fronteggia il povero, il potente il debole, il nobile l’umile.

Anche questo, certo, (il piano etico non è affatto assente dalla narrazione di Collodi, come d’altra parte è necessariamente presente in ogni percorso di crescita spirituale), ma soprattutto il pezzo di legno si contrappone al Re perché questi agisce, nel bene e nel male, limitatamente al piano orizzontale, mondano; il legno che è già (potenzialmente) Pinocchio si evolverà invece su un altro piano, in uno sviluppo verticale, sovra-mondano, sovra-umano. Il simbolismo della Croce: anche Pinocchio morirà sul legno.

 Protagonisti, deuteragonisti, antagonisti: Maestro Ciliegia

 Il mondo in cui si muovono i Re, i potenti della Terra, e in genere gli uomini della Modernità, è personificato in maniera eccelsa nel Pinocchio da una figura celeberrima, che appare solo nei primi due capitoli del testo: mastr’Antonio, detto Maestro Ciliegia.

Maestro Ciliegia è “un uomo senza grilli sotto la parrucca”, come dice il Cardinale Giacomo Biffi (1928-2015). Non appena vede il pezzo di legno nella sua bottega, non si chiede come ci sia arrivato, ma il suo primo pensiero è come servirsene: per fare una gamba di tavolino. Ovvero, per produrre una cosa, finalizzandola al suo valore d’uso (un tavolo nella sua stessa casa) o al suo valore di scambio (la vendita o il baratto). Un oggetto finito, non suscettibile di alcuna evoluzione, se non deteriorarsi e divenire quindi buono per la distruzione (il fuoco nel caminetto).

E anche quando il legno parla, Maestro Ciliegia non ascolta, non vede, non si pone domande. Dapprima crede di essersi immaginato tutto, e poi trema e balbetta. Infine, reagisce con una modalità tipica di chi ha paura: la violenza (“si pose a sbatacchiarlo senza carità contro le pareti”).

Per lui “solo ciò che si vede e si tocca è vero; il resto è abbaglio, frode, superstizione, superstruttura” (Biffi). Egli “si rivela immediatamente come rappresentante della concezione puramente materialistica e meccanicistica dell’esistenza, capace solo di esprimersi secondo una coscienza sensoriale oggettiva, assolutamente inadatto a saper riconoscere e ricercare il soprasensibile nel sensibile”. (Carosi)

Si trova, nella sua evoluzione, al di sotto dello stesso pezzo di legno. Appartiene alla terra: resta “di stucco”, cade e si ritrova “seduto per terra”. È terrorizzato, atterrito (etimo da tremore, ma si pensi anche a terreo, del colore della terra. E la terra talvolta trema…). In quanto tale, le sue capacità evolutive sono quelle degli esseri del mondo minerale: nessuna, o minime.

Maestro Ciliegia è meno del pezzo di legno, in quanto nel pezzo di legno vede meno del pezzo di legno stesso: non vede i legami sempre presenti tra il singolo fenomeno e il Tutto, e non può quindi cogliere le potenzialità evolutive del fenomeno stesso – tantomeno le proprie. Solo chi vede i nessi tra il singolo fenomeno e l’Universo può vedere che il singolo fenomeno è molto di più di un singolo fenomeno, almeno in potenza. E ciò vale anche per se stessi.

 Divagazioni verso Levante: l’Uomo e l’Uomo realizzato nella cultura cinese.

 È la nozione di ren, che Confucio riprende dal passato. Il carattere ren è composto dal radicale uomo (che si pronuncia ugualmente ren) e dal segno due (èr): ovvero, l’uomo diventa umano solo nella sua relazione con gli altri. L’io non è concepibile come una entità isolata, ma solo come punto di convergenza di relazioni interpersonali. Ren è così importante per Confucio “da non riconoscerlo praticamente a nessuno (e soprattutto non a se stesso) se non alle mitiche figure dei santi dell’antichità. Al tempo stesso, peraltro, egli lo dichiara assai prossimo: Ren è davvero inaccessibile? Desideralo con fervore ed eccolo in te”.

 

REN

REN con il numero due, ER

La visione di Maestro Ciliegia è la stessa che prevale nella Modernità, è una visione limitata, è la filosofia del materialismo, ormai dominante in una forma o nell’altra in ogni luogo del pianeta.

La strada che segue “è quella di riportare tutto entro le dimensioni di una realtà materialisticamente ammissibile e di negare che ci sia una vera differenza tra le cose: tutto è uguale, tutto entra negli schemi, lo spirito è troppo estroso e va rifiutato…. Ma è una strada che non lo porta lontano, anzi lo porta a trovarsi alla fine malinconicamente seduto per terra” (Biffi).

 Protagonisti, deuteragonisti, antagonisti: Geppetto

 A questo punto il “seme” Pinocchio opera una scelta. Rifiuta il padre Maestro Ciliegia, in attesa di una seconda opportunità, che sopraggiunge in breve tempo.

 Entra in scena nel II cap. uno dei coprotagonisti del racconto, Geppetto, detto Polendina, anch’egli falegname, il quale non parte dal pezzo di legno per farne qualcosa, bensì vuole realizzare una sua preesistente idea: (“stamani m’è piovuta nel cervello un’idea”, l’idea non è generata dalla mente, ma discende dall’iperuranio e nella mente si manifesta) fabbricare un meraviglioso burattino. La prospettiva è capovolta: da una gamba da tavolino priva di vita (Maestro Ciliegia) ad un essere “che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali”. Si noti: Geppetto non parla di un burattino da manovrare affinché sembri ballare ecc., bensì di un burattino che sappia fare tali cose. E infatti il pinolo, il seme nel legno, sa già parlare, e mostra anche di conoscere intimamente il suo futuro “padre”, chiamandolo Polendina.

 Nel volume Uscite dal mondo del 1992 Elémire Zolla scrive a proposito di Collodi e del suo Pinocchio: “il demiurgo [sorta di “dio minore” che esercita un’azione creatrice e ordinatrice su una materia esteriore a sé, come un artigiano divino] in molte tradizioni è un falegname e marionettaio. In sanscrito si dice sutradhara che vuole anche dire regista o architetto”. E nelle società quali l’antica Roma le corporazioni di artigiani erano portatrici di tradizioni a carattere iniziatico: Giano, il loro protettore, era non a caso il dio delle iniziazioni ai Misteri. Il falegname, il carpentiere, il fabbro (Vulcano) non erano figure di comuni lavoratori del legno o del metallo, ma simboli viventi del potere della Creazione, coloro che realizzavano, rendevano reali, manifeste, nel mondo umano le idee che preesistono agli oggetti. Come un burattino che sappia ballare e tirare di scherma.

Nell’Antico Testamento, Genesi non ci dice quale fosse la “professione” di Noè, ma il compito che Dio gli affida (Genesi, VI, 14) è chiaro, ed è quello tipico di un carpentiere: “Fatti un’arca di legno resinoso. Farai tale arca a celle e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ed ecco come la farai…”.

 Divagazioni in un atelier: Artigianato e/o Arte

 Nelle società tradizionali, sia occidentali che orientali, ognuno è un artista e l’arte non è un’attività marginale, ma una spontanea tendenza al fare. In altre parole l’arte è “fare bene tutto ciò che è necessario fare” (Coomaraswamy).

Nelle società tradizionali inoltre non c’è distinzione fra ‘belle arti’ e ‘altre arti’ (decorative, utili, artigianato); tutto è arte, bello e utile per la gente; così come non vi è distinzione fra arte sacra e profana. Tutta l’arte è sacra e religiosa in quanto l’artista non promuove egoisticamente i propri sentimenti ma piuttosto è colui che desidera creare forme ideali che siano non solo belle e piacevoli, ma anche significative ed educative, indicando alcuni aspetti del divino e nozioni metafisiche belle e utili per la mente umana e la vita sociale. In questo modo l’artista diviene strumento di rivelazione di quanto già esistente nell’intelletto di Dio.

 Geppetto è evidentemente un comune diminutivo del nome Giuseppe (Giusi, Geppi, Geppo, Geppetto, Geppino, Beppe…).

E la storia umana ha già conosciuto un falegname di nome Giuseppe (Yosef), padre putativo (dal lat. tardo putativus “presunto, apparente”, der. di putare, “credere”) di un essere molto speciale.

I Vangeli “canonici” dicono poco in merito all’attività di Giuseppe, ma comunque in Matteo XIII,55 è definito tektòn, falegname, carpentiere, costruttore, fino ad architetto.

Qualcosa di più si legge nei Vangeli “apocrifi”, termine comunemente inteso come falso, inautentico, ma che in origine significa occulto, segreto

Nel Protovangelo di Giacomo (150 d.C.) si dice che Giuseppe gettò l’ascia, e poi che tornò dalle sue costruzioni (il che fa pensare ad un carpentiere).

Nel Vangelo dello Pseudo-Tommaso si legge che “era falegname e in quel periodo di tempo fabbricava aratri e gioghi”.

Più diffusamente si parla di Giuseppe nella Storia di Giuseppe il falegname (V secolo), secondo la quale egli era “ben istruito nella saggezza e nell’arte della falegnameria”, ed “era solito andare fuori del paese ad esercitare il suo mestiere di falegname”, che esercitava anche quando ormai anziano prese in casa con sé Maria.

E proprio un vecchietto tutto arzillo, di nome Giuseppe-Geppetto e di professione falegname è colui che Pinocchio, ancora seme-nel-pezzo di legno, sceglie come Padre-Demiurgo. Infatti Pinocchio riconosce una corrispondenza – per quanto relativa, temporanea – tra il suo Progetto evolutivo e il progetto di cambiamento di vita manifestatosi in Geppetto proprio quel mattino. Così Pinocchio si affida a Geppetto, il quale torna a casa zoppicando, a causa del colpo ricevuto negli stinchi proprio dal suo pezzo di legno.