Un’ultima
annotazione gramsciana intorno al Buddhismo è infine leggibile, come la
precedente, qui:
https://quadernidelcarcere.wordpress.com/2014/01/10/noterelle-sulla-cultura-giapponese/ (Quaderno 5 (IX)
§ 50).
Essa
ha per oggetto le tradizioni religiose del Giappone, in particolare lo Shinto,
religione “nazionale” giapponese, e il Buddhismo, “tipo di religione extranazionale e supernazionale come il cristianesimo
e l’islamismo”, diffusosi in Giappone a partire dalla Cina.
Ma
leggiamo le parole dello stesso Gramsci, che si rifà ad un testo di R.
Pettazzoni, storico delle religioni (1883-1959):
“Nella
“Nuova Antologia” del 1° giugno 1929 è pubblicata l’introduzione (La religione nazionale del Giappone e la
politica religiosa dello Stato giapponese) al volume su La Mitologia Giapponese che Raffaele
Pettazzoni ha pubblicato nella collana di “Testi e Documenti per la Storia
della Religione” editi dalla Zanichelli di Bologna.
Perché il Pettazzoni ha intitolato il suo
libro Mitologia? C’è una certa
differenza tra “Religione” e “Mitologia” e sarebbe bene tenere ben distinte le
due parole. La religione è diventata nel Giappone una semplice «mitologia» cioè
un elemento puramente “artistico” o di “folklore” oppure ha ancora il valore di
una concezione del mondo ancora viva e operante? Poiché pare dall’introduzione
che sia quest’ultimo il valore che il Pettazzoni dà alla religione giapponese,
il titolo è equivoco. Da questa introduzione noto alcuni elementi che potranno
essere utili per studiare un paragrafo “giapponese” alla rubrica degli
“intellettuali”.
Introduzione del Buddismo nel Giappone,
avvenuta nel 552 d.C. Fino allora il Giappone aveva conosciuto una sola
religione, la sua religione nazionale. Dal 552 ad oggi la storia religiosa del
Giappone è stata determinata dai rapporti e dalle interferenze fra questa
religione nazionale e il Buddismo (tipo di religione extranazionale e
supernazionale come il cristianesimo e l’islamismo); il cristianesimo,
introdotto nel Giappone nel 1549 dai Gesuiti (Francesco Saverio), fu sradicato
con la violenza nei primi decenni del secolo XVII; reintrodotto dai missionari protestanti
e cattolici nella seconda metà del secolo XIX, non ha avuto grande importanza
complessivamente.
Dopo l’introduzione del Buddismo, la
religione nazionale fu chiamata con parola sinogiapponese
Shinto
cioè “via (cinese: tao) degli dei (cinese: Shen)”
mentre butsudo indicò il
Buddismo (“do”via, “butsu”Budda). In giapponese Shinto si dice Kaminomichi
(Kami-divinità).
Kami non significa «dio» nel senso
occidentale, ma più genericamente “esseri divini” compresi anche gli antenati
divinizzati. (Dalla Cina fu introdotto nel Giappone non solo il Buddismo, ma
anche il culto degli antenati, che, a quanto pare, si incorporò più intimamente
nella religione nazionale). Lo Shintoismo è però fondamentalmente una religione
naturistica, un culto di divinità (Kami) della natura, tra cui primeggiano la
dea del sole Amaterasu, il dio
degli uragani Susanowo, la
coppia Cielo e Terra, cioè Izanagi e
Izanami ecc. È interessante il
fatto che lo Shintoismo rappresenta un tipo di religione che è scomparso del
tutto nel mondo moderno occidentale, ma che era frequente presso i popoli
civile dell’antichità (religioni nazionali e politeistiche degli Egiziani, dei
Babilonesi, degli Indiani, dei Greci, dei Romani, ecc.). Amaterazu è una divinità come
Osiride, o Apollo o Artemide; è interessante che un popolo civile moderno come
il giapponese, creda e adori una tale divinità. (Forse però le cose non sono
così semplici come può apparire).
Tuttavia accanto a questa religione
nazionale sussiste il Buddismo, tipo di religione supernazionale, per cui si
può dire che anche in Giappone si è avuto fondamentalmente lo stesso sviluppo
religioso che nell’Occidente (col Cristianesimo). Anzi Cristianesimo e Buddismo
si diffondono ancora nelle rispettive zone sincronicamente e ancora: il Cristianesimo
che si diffonde in Europa non è quello della Palestina, ma quello di Roma o di
Bisanzio (con la lingua latina o greca per la liturgia) così come il Buddismo
che si diffonde in Giappone non è quello dell’India, ma quello cinese, con la
lingua cinese per la liturgia. Ma a differenza del Cristianesimo, il Buddismo
lasciò sussistere le religioni nazionali preesistenti (in Europa le tendenze
nazionali si manifestarono in seno al Cristianesimo).
All’inizio il Buddismo fu accolto nel
Giappone dalle classi colte, insieme alla civiltà cinese portò solo il
Buddismo?) Successe un sincretismo religioso: Buddismo-Shintoismo. Elementi di
confucianismo. Nel secolo XVIII ci fu una reazione al sincretismo in nome della
religione nazionale che culminò nel 1868 con l’avvento del Giappone moderno.
<Lo Shintoismo> dichiarato religione di Stato. Persecuzione del Buddismo.
Ma per breve tempo. Nel 1872 il Buddismo fu riconosciuto ufficialmente e
parificato allo Shintoismo tanto nelle funzioni, tra cui principalmente quella
pedagogica di educare il popolo ai sentimenti e ai principii del patriottismo,
del civismo, e del lealismo, quanto nei diritti con la soppressione dell’“Ufficio
dello Shinto” e la istituzione di un Ministero della religione, avente
giurisdizione tanto sullo Shintoismo che sul Buddismo. Ma nel
1875 il governo mutò ancora la politica:
le due religioni furono separate e <lo Shintoismo> andò assumendo una
posizione speciale e unica. Provvedimenti burocratici vari andarono
succedendosi che culminarono nella elevazione dello Shintoismo a istituzione
patriottica e nazionale, con la rinuncia ufficiale al suo carattere religioso
(divenne una istituzione – mi pare – del tipo di quella romana del culto
dell’Imperatore, ma senza carattere religioso in senso stretto, per cui anche
un Cristiano può esercitarlo). I Giapponesi possono appartenere a qualsiasi
religione, ma devono inchinarsi dinanzi all’immagine dell’Imperatore. Così lo
Shinto di Stato si è separato dallo Shinto delle sette religiose. Anche
burocraticamente si ebbe una sanzione: esiste oggi un “Ufficio delle religioni”
presso il Ministero dell’Educazione, per le varie chiese dello Shintoismo
popolare, per le varie chiese buddistiche e cristiane e un “Ufficio dei
santuari” per lo Shintoismo di Stato presso il Ministero dell’Interno. Secondo
il Pettazzoni questa riforma fu dovuta all’applicazione meccanica delle
Costituzioni occidentali al Giappone: per affermare cioè il principio della
libertà religiosa e della uguaglianza di tutte le religioni dinanzi allo Stato e
per togliere il Giappone dallo Stato di inferiorità e arretratezza che lo
Shintoismo, come religione, gli conferiva in confronto col tipo di religione
vigente in Occidente.
Mi pare artificiale la critica del
Pettazzoni (vedere anche in Cina quel che avviene a proposito di Sun Yat Sen e
dei tre principi: si sta formando un tipo di culto di Stato, areligioso: mi
pare che l’immagine di Sun abbia un culto come quello dell’Imperatore vivente
in Giappone). Nel popolo e anche nelle persone colte rimane però viva la
coscienza e il sentimento dello Shinto come religione (ciò è naturale, ma mi
pare innegabile l’importanza della Riforma, che tende, coscientemente o no,
alla formazione di una coscienza laica, in forme paradossali quanto si vuole).
(Questa discussione, se lo Shinto di Stato sia una religione o no mi pare la
parte più importante del problema culturale giapponese: ma tale discussione non
si può fare per il Cristianesimo, certamente).”
Amaterasu |
Come
si può evincere dai brevi appunti tratti dai Quaderni e dalle Lettere,
in Gramsci non è possibile trovare i segni di un particolare interesse per il
buddhismo (o altre religioni dell’Oriente). Ciò che si rileva nei suoi scritti
è invece un profondo interesse per il fenomeno
religioso, che diviene una vera e propria “questione” per il marxismo e per il socialismo. La religione è per
Gramsci una questione politica,
certamente, ma intendendo tale termine nella maniera più ampia. Ed anche il
termine “religione” deve essere
considerato sotto tutti gli aspetti: “dottrinale,
storico, etico, culturale, sociale, individuale, comunitario” (T. La
Rocca). È quindi del tutto evidente che gli interessi di Gramsci siano
principalmente rivolti alla religione cattolica in Italia e alle sue
espressioni “istituzionali”: la Chiesa e le chiese, le gerarchie, il Vaticano,
il Partito Popolare, le organizzazioni cattoliche ecc.
Le analisi
gramsciane del fenomeno religioso sono sempre molto lucide e significative:
Gramsci non cade mai in un anticlericalismo superato dalla storia; critica non
solo le posizioni idealistiche crociane, ma anche le interpretazioni
materialistiche volgari (Bucharin), che distingue nettamente dalla “filosofia della prassi” (il marxismo);
sembra anche giungere a non disconoscere “del
tutto i bisogni metafisici della religione” (T. La Rocca), legandosi così
alle pagine del giovane Marx sulla religione come “alienazione”.
A mo’
di conclusione proponiamo la lettura di un breve passo tratto dai Quaderni. Qui Gramsci parla del
Cattolicesimo, ma le sue parole mettono in luce un metodo di analisi del
fenomeno religioso da cui non si può prescindere, di qualsiasi tradizione si
stia parlando. Dice il rivoluzionario sardo: “Ogni religione è in realtà una molteplicità di religioni distinte e
spesso contraddittorie: c’è un cattolicesimo dei contadini, un cattolicesimo
dei piccoli borghesi e operai di città, un cattolicesimo delle donne e un
cattolicesimo degli intellettuali anch’esso variegato e sconnesso…”
Considerazioni
che paiono quasi scontate, ma che è facile dimenticare quando si mettono a
confronto fenomeni apparentemente simili ma che tali non sono. E questo
soprattutto oggi, in un momento storico in cui proprio nelle società
occidentali desacralizzate (o che così si raccontano) non si è mai parlato
tanto di religioni – spesso senza nemmeno conoscere i termini che vengono
utilizzati.
Da
leggere:
Tommaso
La Rocca, Gramsci e la religione, Ed. Queriniana