Ancora
dal sito www.asianews.it un articolo un po’
datato (11 settembre 2014), ma da non perdere! Non tanto per l’ipotesi, già
tante volte riportata dai media, secondo cui l’attuale XIV Dalai Lama
sarà l’ultimo, quanto piuttosto per le affermazioni del governo cinese (un
governo comunista, quindi fondato su una ideologia atea e materialista, il marxismo), al quale competerebbe il ruolo di scegliere il Dalai Lama, ovvero il
capo spirituale del buddhismo tibetano. Non solo, quindi, dei politici
marxisti-leninisti seguiranno la formazione politica del bambino che viene
considerato l’incarnazione del bodhisattva Avalokiteshvara, ma, non si sa se
sulla base delle dottrine del materialismo dialettico, lo identificheranno tra
i vari candidati, riconosceranno l’autenticità della sua rinascita e lo
guideranno nella sua crescita spirituale!
Forse
solo la penna di un Giovannino Guareschi avrebbe potuto adeguatamente
commentare un paradosso così grottesco! Epperò tragico per il popolo tibetano, e per quello cinese...
Giovannino Guareschi |
Pechino si scopre teologa (del
buddismo): Solo noi possiamo riconoscere un Dalai Lama
Pechino
(AsiaNews) - Il titolo e la carica di Dalai Lama “sono conferiti dal governo
centrale cinese, e questa pratica ha secoli di storia. L'attuale XIV Dalai Lama
ha motivazioni distorte e cerca di negare la storia, danneggiando il normale
ordine religioso”. A parlare non è un teologo buddista o uno studioso, ma la
portavoce del governo cinese - ateo e comunista - Hua Chunying. La quale ha
risposto con questa perentoria affermazione all'ipotesi, suggerita dall'attuale
leader buddista tibetano, di interrompere il proprio lignaggio alla sua morte.
Tenzin
Gyatso, 14esima reincarnazione di Avalokiteśvara (il santo buddista della
compassione), ha chiarito parlando con un quotidiano tedesco che la propria
figura “non ha più molto senso, ormai. Abbiamo avuto un Dalai Lama per quasi
cinque secoli, forse è il momento di finirla. Anche perché non c'è più un ruolo
politico, ma solo una guida spirituale”. Anche se alcuni funzionari tibetani
hanno voluto chiarire che la frase è stata estrapolata dal contesto, la
questione del prossimo Dalai Lama rimane un tema caldo per Pechino.
Il
buddismo tibetano è ancora molto sentito e praticato in Tibet e nel resto del
Paese, e la figura dell'attuale guida spirituale è molto amata nonostante sia stato
costretto ad andare in esilio in India nel 1959. Il governo cinese cerca sin da
allora di demolirne la statura, ma senza successo. Per cercare di mettere la
situazione sotto controllo, nel 1995 ha spezzato la contiguità fra la figura
del Dalai e quella del Panchen Lama (“numero 2” del lignaggio tibetano) rapendo
il giovane individuato come legittimo XI Panchen proprio dall'attuale Dalai. Al
suo posto ha messo un monaco fantoccio, e spera di fare lo stesso con il
prossimo vertice della “setta dei berretti gialli”.
In
base alla tradizione del buddismo tibetano, per riconoscere l'incarnazione di
un “Buddha vivente” i monaci deputati all'incarico devono identificare un
bambino che presenti dei segni mediante i quali possa essere identificato come
la reincarnazione dell'ultima guida spirituale. I religiosi partono seguendo la
direzione dell'ultimo sguardo del defunto e cercano segni soprannaturali
riguardo i neonati e i bambini dell'area indicata. Una volta identificato un
possibile erede, lo sottopongono a una serie di prove come il riconoscere gli
oggetti appartenuti in vita dal predecessore. L'attuale Dalai Lama riconobbe
immediatamente, in una stanza con migliaia di pantofole, quelle appartenute a
chi lo aveva preceduto.
Un'altra
tradizione, più recente ma comunque valida, aggiunge alla ricerca un rituale
religioso complicato che può essere effettuato soltanto all'interno del Tempio
dei Lama di Pechino. Qui si trova l'urna d'oro dalla quale vennero estratti i
nomi delle reincarnazioni di alcuni fra i più importanti Buddha viventi degli
ultimi tre secoli, dono di un imperatore manciù al Reggente tibetano. Basandosi
su questa struttura, in teoria decaduta con la Rivoluzione maoista e la nascita
della Repubblica popolare, ora la Cina avanza le sue richieste di controllare
le prossime reincarnazioni.
Tuttavia
il XIV Dalai Lama ha già ipotizzato in passato una rottura con tale tradizione,
avanzando l'ipotesi di scegliere lui stesso un successore prima della morte o
fra i tibetani in esilio, oppure mediante un'elezione. All'epoca la reazione
del governo cinese venne affidata al portavoce del ministero cinese degli
Esteri, Hong Lei, che disse: “Il XIV Dalai Lama è stato approvato dal governo.
E nessun leader buddista ha mai identificato la propria reincarnazione o scelto
il suo successore”.
Da rileggere:
G. Guareschi, Mondo piccolo - Il compagno Don Camillo, Ed. Rizzoli
Nessun commento:
Posta un commento