lunedì 4 marzo 2013

Lo zazen nella preistoria

di Guy Massat, monaco zen discepolo del Maestro Deshimaru
proposto da Guy Lejon
comparso sul sito http://www.zen-deshimaru.com/FR/



Lo zazen del Buddha

“Lo Zen è lo zazen”, insegnava il Maestro Deshimaru. Questo significa che lo Zen, etimologicamente “l’assorbimento”, l’assorbimento concentrativo (jhana, in lingua pāli), è legato alla postura nella quale generalmente viene raffigurato il Buddha. La storia riporta che è in questa postura che il Buddha raggiunse il risveglio, circa 2600 anni fa. Postura, esistenza e vuoto (ku) sono legati. Tuttavia, questa postura di estasi (ek-stasis, posizione fuori da sé, a distanza da sé, al di là di sé: “ek”, fuori da, la di là di; “stasis”, l’immobilità, la sostanza) risale ad epoche molto più antiche di quella del Buddha storico. 

A partire dal momento in cui si conosce bene, secondo l’insegnamento trasmesso dal Maestro Deshimaru, la postura di zazen, è possibile ritrovarne tracce evidenti in altre antiche culture, e in particolare nella statuaria protostorica.
Lo stesso Maestro Deshimaru aveva richiamato l’attenzione dei suoi allievi su alcuni personaggi scolpiti nel IX secolo della nostra era, nella contea di Fermanagh, in Irlanda, nei quali il portamento della testa, il mento rientrato e la posizione delle mani ricordavano in modo evidente lo zazen, benché le gambe non fossero raffigurate. Tuttavia queste statue lasciavano supporre che si potessero trovare in Europa delle figure nella postura intera.

Le sculture di Fermanagh, Irlanda IX secolo
Così, una figura con la funzione di manico di un bugliolo, il “secchio di Oseberg”, in Norvegia, risalente al I secolo, si presenta con la stessa postura del capo; in più, ha le gambe perfettamente incrociate nella maniera di zazen e indossa sul petto una specie di “rakusu”. 
Oseberg, I secolo
Tuttavia, è all’archeologo E. Espérandieu – il quale ha svolto per primo, dal 1907 al 1947, una ricerca sistematica sulla statuaria gallica – che noi dobbiamo le informazioni più importanti. Espérandieu ha messo in evidenza l’abbondanza di statue di “dèi seduti nella postura del Buddha” – secondo la sua espressione – in tutta la Francia, dal nord al sud e dall’est all’ovest, con una concentrazione nel Massiccio Centrale. 
Secondo gli specialisti della sua equipe, queste statue sono databili almeno dal V secolo a.C. (ovvero sono almeno contemporanee o precedono l’esistenza del Buddha storico). Alcune sono più recenti. La loro produzione si ferma però con il predominio del cristianesimo in Europa. La gran parte di quelle che sono state ritrovate sono state volontariamente mutilate. Il maggior numero sono state distrutte. 
Infatti – ricordiamolo –, la “distruzione degli idoli di pietra” fu proclamata a partire dai primi concili cristiani. Quando nel 496 Clodoveo, re dei Franchi, primo re della nostra storia, si fece battezzare come cristiano a Reims, “con tremila dei suoi guerrieri”, il vescovo San Remigio gli disse queste famose parole, riportate da Gregorio di Tours e riprese da Michelet: “Piega la testa, fiero Sicambro, brucia ciò che hai adorato e adora ciò che hai bruciato”. “Adora ciò che hai bruciato” si riferisce alle chiese e alle abbazie cristiane che le orde sicambre saccheggiavano regolarmente. “Brucia ciò che hai adorato” si riferisce, in compenso, al dio Cernunno, il “dio della ricchezza e dell’abbondanza”, raffigurato generalmente – ci dicono gli archeologi – “seduto a gambe incrociate nella postura del Buddha”.
Cernunno con Bacco e Mercurio
Cernunno, ci riferisce Giulio Cesare nei suoi “Commentari sulla Gallia” (I sec. a.C.), “era il dio più venerato dei Galli” (VI, 17). All’ingresso della cattedrale di Reims, scolpito sul frontone della porta principale, si può vedere un personaggio, a gambe incrociate, piegato sotto il piede di un cristiano che gli schiaccia la schiena. Nelle fondamenta di Notre-Dame a Parigi è stata ritrovata una larga pietra sulla quale era impresso il nome “Cernunos”. Essa è conservata nel museo di Cluny. Il fatto è che Notre-Dame, come la maggior parte delle chiese di Francia, fu costruita sull’area di un tempio gallico. 
Il Cernunno di Parigi
Su una moneta gallica dei Remi, popolazione gallica del Belgio (moneta dei Catalauni), ritrovata nella regione di Reims e datata al II o V secolo della nostra era, si può vedere una donna nella postura di zazen che regge una collana di metallo in una mano e una treccia nell’altra (Museo delle monete). 
La sua postura ricorda chiaramente il personaggio del calderone di Gundestrup, in Danimarca, risalente al I secolo, che tiene anch’esso una collana di metallo in una mano e nell’altra un serpente.
Il calderone di Gundestrup, Danimarca I secolo
In Francia, possiamo vedere nel museo di Saint-Germain-en-Laye la bella postura del cosiddetto “dio accovacciato” ritrovato a Bouray, presso La Ferté-Alais.
Il dio accovacciato di Bouray
Si trova anche la statuetta di bronzo detta di Autun, che proviene da Curgy (Saône-et-Loire) e rappresenta un personaggio detto “nella postura del Buddha”, cinto da due serpenti con testa di ariete. 
La statua bronzea di Autun
Nel museo Borély a Marsiglia si possono vedere delle figure, certamente mutilate, ma che ricordano perfettamente la postura di zazen, benché le due gambe non siano completamente incrociate. Esse provengono dagli scavi di La Roquepertuse e sono datate al V sec. a.C. 

La Roquepertuse, V sec. a.C.
Catalogo di una mostra del 1998


In compenso, la statua di una donna nuda, scoperta a Etaules, Quarré-les-Tombes (Yonne) e datata al V sec. a.C., si presenta con le gambe perfettamente incrociate in zazen (quando l’autore di questo articolo la fece vedere al Maestro Deshimaru – qualche giorno prima della sua morte – egli esclamò: “Ora so perché sono venuto in Francia ad insegnare lo zazen!”). 
Nell’India pre-vedica, civiltà di Harappa (2700 a.C.), si trova un sigillo raffigurante un personaggio con tre teste, itifallico, circondato da animali, nella postura di zazen. 

Il sigillo di Shiva Pashupati, Harappa, 2700 a.C.
Nel Museo delle Belle Arti di Belgrado si può osservare lo scheletro di un uomo in posizione di zazen, scoperto negli scavi di Lepenski Vir, in Jugoslavia [ora Serbia – N.d.t.], datato 6000 a.C. 
Lo scheletro di Lepenski Vir, Serbia
In Grecia, nell’arte delle Cicladi (4000 a.C.), si trova una donna con le gambe incrociate in zazen. Peraltro, anche le statuette che venivano poste nelle tombe ricordano la posizione di zazen nello stile molto raffinato caratteristico dell’arte delle Cicladi. Una figurina di terracotta di Kato (Creta orientale) si presenta anch’essa nella postura di zazen, e risale ugualmente al neolitico (4000 a.C.). 
La terracotta di Kato, Creta 4000 a.C.
Numerose eleganti statuette di argilla trovate nel Turkmenistan del Sud e datate al 3000 a.C., richiamano nello stesso modo, nel Museo Ermitage di Leningrado [oggi San Pietroburgo – N.d.t.], la postura di zazen. Vi si possono osservare anche delle statuette di alabastro di uguale ispirazione, scoperte nel Caucaso settentrionale e risalenti al II millennio a.C. 

Il Buddha raggiunse il risveglio sotto un ficus, nella postura di zazen, 2600 anni fa. Ben prima di lui, la tradizione racconta che Shiva, il dio dello Yoga e della danza, praticasse la stessa postura sotto un ficus. Bodhidharma, fondatore dello Zen, introdusse la postura in Cina nel VI secolo della nostra era. Dogen la introdusse in Giappone nel XIII secolo. Deshimaru la fece conoscere in Europa nel XX secolo. Per notare l’esistenza di tale postura in altre civiltà, nel tempo e nello spazio, bisogna necessariamente conoscerla avendola praticata secondo gli insegnamenti trasmessi dal Maestro Deshimaru. Non c’è dubbio che i praticanti di zazen, presenti o futuri, potranno completare ed arricchire le informazioni che abbiamo qui esposto. 

Note: 

- La documentazione citata proviene: 
per la Francia, dal catalogo di E. Espérandieu (Biblioteca Nazionale); 
per la Grecia, dal Museo Goulandris (Atene); 
per la Russia, dal Museo Ermitage (San Pietroburgo). 

- La scoperta di una statua di un uomo seduto alla turca nell’Europa del nord e un’altra che ho visto durante una visita al Castello di Meillant (F.18, non il sito vinicolo, che non ha castelli!), dimostra bene che i Celti di Gallia conoscevano l’insegnamento dello Yoga. Questo mi prova, se ancora necessario, che la pratica della Kundalini non sembra sia stata estranea ai nostri antenati celti.

Traduzione di m. Mauro Tonko, marzo 2013

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