venerdì 10 maggio 2013

Kusen di Sengyo Van Leuven

Il 25 e 26 settembre 2004 si sono svolte presso il gruppo zen di Savona due giornate di pratica intensiva di zazen (una “mini-sesshin”) con il monaco Sengyo Van Leuven, discepolo del maestro Roland Yuno Rech e attualmente responsabile del Buppo Dojo di Roma http://www.buppodojo.org/index.html

Sengyo Van Leuven, nato in Belgio nel 1959, ha iniziato a praticare lo zen nel 1988, divenendo monaco nel 1992.
Nell'agosto 2011 è stato confermato shuso durante la cerimonia dell' hossenshiki al tempio de La Gendronnière dal suo maestro e abate del tempio Yuno Rech, da cui ha ricevuto la trasmissione del Dharma (shiho).
Attualmente continua a praticare con il suo maestro e a seguire il suo insegnamento e ad insegnare in altri centri Zen in Europa e in Africa.

Pubblichiamo qui i kusen rilasciati da Sengyo Van Leuven durante le due giornate in Savona nel 2004.

I kusen sono insegnamenti orali (KU, la bocca – SEN, l’insegnamento) pronunciati durante lo zazen. La loro specificità è data proprio dal fatto che nascono direttamente dalla pratica, non provengono dalla coscienza personale, non sono teorie mediate dall’intelletto. Ugualmente, il kusen non ha da essere necessariamente ascoltato in maniera cosciente, si dirige direttamente verso l’inconscio del praticante, al di là delle categorie personali di chi lo pronuncia e di chi lo ascolta in zazen.

La trascrizione dei kusen, fatta durante la sessione di zazen (per iscritto e mediante registrazione), mantiene intatta la freschezza e l’immediatezza dell’insegnamento orale, senza ricercare il linguaggio elegante o la perfezione dello stile.

Il mondo è invece una sessione aperta di domande e risposte tra chi dirige lo zazen (in questo caso, Sengyo) e i praticanti, e avviene al termine dello zazen.

La traduzione dei kusen e del mondo è stata curata da Maresa Di Noto, responsabile del gruppo zen di Savona. 

Sengyo Van Leuven


Sabato 25 settembre 2004
Zazen delle ore 8.30


Durante zazen abbiate ben cura della vostra postura. La vostra postura deve essere in equilibrio, a un tempo slanciata verso l’alto, ma dall’altra parte radicata al suolo. La colonna vertebrale è estesa, la nuca tesa, il mento rientrato. E rilasciate tutte le tensioni inutili ora nella vostra postura. Mantenete il taglio delle mani in contatto con il basso ventre, ma rilassate bene le spalle. Lasciate che le spalle cadano verso il basso e all’indietro. Rilassate bene il basso ventre, affinché tutto il peso del corpo possa premere bene al livello del perineo sullo zafu.
Una volta che avete rivisto bene tutti i punti importanti della postura, per aiutarvi a concentrarvi, concentratevi allora sul contatto tra i pollici. Questo contatto è estremamente leggero, non c’è nessuna pressione. Giusto un contatto. Per utilizzare un’immagine, se voi doveste tenere un foglio di carta molto sottile, il contatto dei pollici non lascerebbe nessun segno su questa carta. Avete notato che in certi momenti siete distratti e trascinati dai vostri pensieri. Nel momento in cui notate che state pensando consciamente, che siete persi nei vostri ricordi, nei vostri progetti, nei vostri sentimenti, ritornate immediatamente alla concentrazione sulla postura e egualmente all’attenzione sulla respirazione. Quando lo spirito e il corpo non sono più in unità perché ruminate i vostri pensieri, la respirazione cambia e diviene più rapida, più superficiale, e il corpo non è più ossigenato come sarebbe necessario e ci si schiaccia sul proprio zafu. E questo non è lo scopo di zazen. Invece se corpo e spirito sono in unità, il ventre può rilassarsi e la respirazione diventa ampia, completa, e si utilizza tutta la capacità dei propri polmoni. Si espira a lungo e profondamente e si lascia scivolare la respirazione al di sotto dell’ombelico. E lasciamo fare questa respirazione, non cerchiamo di controllarla col nostro spirito. Ma lasciate andare la vostra espirazione fino al fondo, poi inspirate profondamente e liberamente. Con questa respirazione il vostro spirito si risveglia e il vostro sguardo sarà veramente rivolto verso l’interno. Essere seduti faccia al muro, è proprio per aiutarci a volgere il nostro sguardo verso l’interno. Non c’è nulla verso l’esterno da osservare. Non osservate il muro, ma entrate in contatto con il vostro autentico voi stessi. Osservate come la vostra condizione cambia continuamente. Ma non attaccatevi a uno stato particolare. Lasciate libera circolazione e andate liberamente da uno stato all’altro, e non fatevi delle idee su quello che deve essere un buon zazen. A volte si è più concentrati rispetto ad altre volte, a volte l’equilibrio tra tensione e rilassamento è più profondo. Il nostro stato d’animo cambia, possiamo dunque notare che non siamo un’identità fissa, ma una moltitudine di aspetti, e quindi non possiamo ridurci soltanto a qualcuno di questi aspetti. Certo abbiamo le nostre caratteristiche, ma nella profondità di zazen, là dove siamo in completa unità corpo e spirito, possiamo osservare che anche queste caratteristiche non sono fisse. Che abbiamo una grande capacità di andare liberamente da uno stato all’altro. Lasciamo almeno durante il tempo di zazen ogni attaccamento al proprio carattere, alla propria personalità. Si tratta di vedere questo direttamente, senza giri viziosi, senza analizzare, senza dirsi sono così o sono in quest’altro modo. Praticare zazen è vedere la realtà così com’è. La realtà profonda è che non abbiamo noumeno, che non siamo fissi, che tutto in noi è flessibilità. E che in definitiva siamo come l’acqua e i suoni della montagna, quando supera tutti gli ostacoli e continua il suo cammino senza impedimenti. 

Sabato 25 settembre 2004
Zazen delle ore 18.00


Siete riuniti qui in questo dojo perché fondamentalmente voi volete vivere una vita più elevata rispetto a quella della maggior parte delle persone, una vita spirituale. Per vivere la propria vita spirituale autenticamente occorre sapere come porre la domanda. Si comincia con l’ascoltare i più anziani che hanno già percorso una parte del cammino, che hanno già superato taluni ostacoli, che hanno acquisito una certa conoscenza di loro stessi e del mondo nel quale viviamo. Per vivere la propria vita spirituale evidentemente occorre essere dotati spiritualmente e questo non ha nulla a che vedere con l’intelligenza. Anche il più stupido può vivere al suo livello una vita spirituale pienamente compiuta. Non disturbata da un sapere enciclopedico, che va al di là delle concettualizzazioni e va direttamente all’essenziale. Si tratta dunque di saper porre la buona domanda. Chi e che cosa sono profondamente ed essenzialmente. Come fare per evolvere su una via spirituale. Che cosa è necessario abbandonare e come farlo. Ma che cosa significa abbandonare? Se si crede in qualche cosa di sostanziale, non ci si fa null’altro che del male, volendolo abbandonare. Ci si sacrifica. Si diventa in fondo molto frustrati e infelici. E tutto quello che si tocca si rivolta contro di noi. Se non vi è nulla di sostanziale non vi è nulla da abbandonare. E non vi è nemmeno nulla al quale possiamo tenerci attaccati. Realizzare questo durante la propria pratica di zazen apre l’autentica porta della liberazione. E più se ne fa l’esperienza, nelle proprie ossa, nel proprio midollo, nella propria carne, più è possibile mettere in pratica questa realizzazione nella nostra vita quotidiana, nelle nostre relazioni con le altre persone, nella nostra relazione con la società e i suoi valori. Ma ancora, senza realizzazione non è possibile chiedere nulla, e non si può avanzare. Il Maestro Fayan diceva: “Se non chiedete, non lo otterrete, ma se tu chiedi, sei andato avanti tu stesso”. 



Domenica 26 settembre 2004
Zazen delle ore 8.30 

Durante zazen soprattutto non seguite i vostri pensieri. Non lasciatevi strappare questo momento prezioso che costituisce il tempo che passate qui in questo dojo. Nel Fukan zazengi il Maestro Dogen diceva che quando si entra nel dojo, quando si fa zazen, si lasciano i propri affari dietro di sé.
Oltrepassando la soglia si lasciano dietro di sé le proprie preoccupazioni, le proprie domande, i dolori, la propria sofferenza. Ci si siede tranquilli sul proprio zafu faccia al muro con l’atteggiamento corporeo corretto, il bacino bene inclinato in avanti, la schiena dritta, così come la testa. E si è attenti alla propria respirazione. Il tempo di zazen non è il tempo per risolvere i propri problemi personali. È il momento di osservarsi intimamente e di risvegliarsi nel presente alla realtà così com’è. La nostra realtà in questo momento è che siamo qui riuniti nel dojo per una giornata di pratica. Siamo concentrati su ogni gesto. Nel dojo e al di fuori, in cucina, al caffè. E proteggiamo attraverso il nostro comportamento la pratica degli altri. Se avete delle preoccupazioni, dei problemi, la pratica giusta di zazen, di ogni azione nella giornata, è proprio togliere drammaticità agli avvenimenti della vita quotidiana. Durante zazen possiamo vederci direttamente. Non a partire dalla sofferenza, che troppo spesso deforma le nostre reazioni, il nostro modo di essere nel mondo e con gli altri. Potete comprendere e proprio sbarazzarvi di questo filtro che vi dirige nella vita, capendo che anche gli altri agiscono a partire dalla loro sofferenza, a partire da una sofferenza che è spesso inconscia, le loro paure. Dunque per i praticanti dello Zen capire questo meccanismo, togliendo l’impatto negativo delle reazioni degli altri su di noi e appoggiandosi su questa comprensione, sulle azioni che sono prodotte da ciò che ci circonda per approfondire la propria comprensione di se stessi e per evolvere sulla via spirituale. Improvvisamente la nostra vita diventerà molto più intensa e le nostre relazioni con gli altri più autentiche.

Domenica 26 settembre 2004
Zazen delle ore 11.00 

Concentratevi sulla respirazione e smettete di agitarvi in questo modo. Non date seguito a tutte le piccole voglie che vi invadono, ma vedete l’origine di questi desideri, da che cosa volete fuggire. La via dello Zen è la via della non paura. Non abbiate paura di immergervi nella pratica. Non abbiate paura di abbandonarvi. Non abbiate paura di incontrare voi stessi intimamente. Durante zazen si apprende a dominare il proprio spirito e il proprio corpo. Non abbiate paura del muro davanti al quale siete seduti. Fate fronte a questo muro e a ciò che questo muro riflette. Non abbiate paura di donare tutta la vostra energia alla postura di zazen. Allora, ve ne prego, per favore, inclinate bene il bacino in avanti e raddrizzate la schiena. Più donate alla postura, più la postura vi aiuta a rimanere immobili, sia per quanto riguarda il corpo che per quanto riguarda lo spirito. Vi aiuterà a trovare la stabilità sia corporea che mentale, per affrontare le difficoltà della vita in modo sereno, come superare gli ostacoli. E’ solo vivendo che lo facciamo. Molte persone non vivono, sono vissute dalle loro emozioni, vissute dalla società, allontanate dalla loro vita, dal loro corpo, dal loro spirito. Inizialmente occorre fare uno sforzo per praticare, ma poi, dopo un momento, questo sforzo si dissolve nella pratica stessa, e si è portati dalla pratica. Non si ha più bisogno di sforzi per affrontare le difficoltà, non si è più annientati dai contrattempi che la vita ci presenta. Si vive solo in unità corpo e spirito, continuati sempre in modo nuovo. Spesso le persone sono condotte alla pratica da una grande sofferenza, dal sentimento che la vita sfugga loro. E hanno sviluppato a quel punto dei meccanismi per non dover affrontare la vita, per non dover affrontare il loro karma. Invece di risolvere in profondità la problematica della vita e della morte, girano in tondo, non fanno altro che rimestare il loro karma cercando di non annegare. Ma in effetti è quello che fanno di nuovo ogni giorno. Se voi volete migliorare la vostra vita occorre una determinazione totale. Occorre che vi lasciate dietro il meccanismo che avete sviluppato e zazen può proprio insegnarvi quali sono i vostri meccanismi, in qual modo vi fanno del male e come fanno del male agli altri e come disturbano la serenità degli altri, in particolare nel dojo. Occorre essere attenti a sé, al proprio comportamento. Privilegiare la pratica degli altri, senza disturbarla. E’ con il vostro corpo che potete imparare come attraversare le difficoltà. E’ con il corpo che possiamo tranquillizzare lo spirito. Per questo è raccomandato di non muoversi nel dojo, di fare il minimo rumore possibile, di non cedere di fronte al minimo dolore, all’impazienza. Di non cedere rispetto al dominio del vostro ego sulla vostra vita. La vera vita è senza ego. In zazen si abbandona il proprio ego, il suo funzionamento per sopravvivere. Prendiamo contatto con un’altra dimensione della vita autentica. Per questo il tempo di zazen è un tempo prezioso. Si può prendere distanza, fare un passo indietro ed osservare. Senza che vi mettiate a seguire la minima agitazione. Non serve a nulla, nelle opere del buddismo, dello Zen, cercare di capire intellettualmente. Lo Zen è una pratica. Ogni volta che non seguite un desiderio, una cosa che vi fa fretta, che controllate il vostro corpo, vi fermate e non vi muovete, potete realizzare una parte del percorso. Non potete capire la Via intellettualmente. Questo non vuol dire che non si debba comprendere la Via. La comprensione non può realizzare la Via, e la non comprensione ancora meno. Per favore non perdetevi nelle concettualizzazioni o nelle razionalizzazioni e soprattutto siate onesti con voi stessi, con la vostra natura. E non perdete il vostro coraggio.

Domenica 26 settembre 2004
Mondo 

--- Se avete una domanda alzate la mano e venite a porla qui…. Se non ci sono domande ci voltiamo e continuiamo zazen…. Tutto è chiaro per voi?

--- Si parla spesso di pratica nella vita quotidiana. Vorrei se possibile approfondire questa idea della pratica nella vita quotidiana, sia perché ho sempre difficoltà a questo proposito, sia da un punto di vista più pratico, ad esempio per quanto riguarda la pratica dello zazen quando non ci sono sesshin, quando si è da soli, se è utile, se è qualcosa di buono, in quale misura; sia da un punto di vista di un atteggiamento concreto nei confronti di una società come la nostra, nel caso in cui se qualcuno non viola i precetti o almeno qualcuno di essi, si è considerati quasi al di fuori della società o del lavoro, come ad esempio il precetto di non mentire, o il precetto di non essere avidi. Spesso capita che invece essere avidi sembri un dovere sociale. 

--- Praticare zazen è compiere una rivoluzione interiore. Bisogna vedere la realtà da due lati. Dal lato dell’assoluto, nel quale tutto è ku, tutto è vuoto, ma anche dal lato dei fenomeni, nel quale siamo confrontati. Viviamo in una certa società, con certi valori, che non sono necessariamente i valori difesi all’interno di una pratica spirituale, come per i praticanti dello Zen. Occorre realizzare in sé i precetti che abbiamo ricevuto e che tu hai promesso di proteggere, ma al tempo stesso non devi metterti al di fuori della società, non vivere ai margini. Ma egualmente comprendere cosa vogliono dire i precetti nella tua pratica, e poi cercare di metterli in pratica nella società. Se sei riuscito a non emarginarti già da prima, se sei bene integrato, anche se non segui i valori della società fai comunque parte della società e al tempo stesso se tu preservi i precetti offri la tua parte per il cambiamento della società. Puoi diventare un esempio di un altro modo di vivere che è molto più appropriato rispetto all’esistenza umana, che è molto più vicino a quello che è un essere umano, e quindi essere un esempio per coloro che ti circondano. Spesso se facciamo così abbiamo un certo impatto sul modo di pensare degli altri. Ed è così che si crea una rivoluzione, dolce, prima di tutto in sé. Perché già praticare zazen è fare una rivoluzione interiore. Ricevere i precetti, in rapporto alla società è già una rivoluzione. Se metti in pratica l’altruismo, che è l’origine di tutti i precetti, delle Paramita, le sei Perfezioni, porti la pratica nella vita quotidiana. E quindi porti anche un certo grado di compassione e di comprensione. Penso di averne parlato ieri o questa mattina, non ricordo più. Più vediamo in profondità, durante zazen, la natura delle cose, più riusciamo a integrarle in un modo naturale. Non diventano più delle costrizioni, ma dei valori fondamentali secondo i quali possiamo vivere e che diventano un esempio per gli altri. Non sei solo, ci sono molte vie spirituali e religiose che comprendono questo, potete parlare insieme, e di tanto in tanto si vedono dei movimenti simili nella società. Un anno e mezzo fa c’è stato un grande movimento per la pace, che continua ancora. E’ proprio una certa parte della società che dice: non siamo più d’accordo con i valori che ci impone la società. Evidentemente i responsabili non hanno voluto sentire questo, e ne viviamo le conseguenze ora. Se osservi questo da vicino, troverai un incoraggiamento per continuare, perché da un lato capisci l’essenza, i fenomeni, e l’armonia tra i due, e quindi continui senza stancarti, e troverai una grande determinazione per continuare la pratica e la propria comprensione, lasciandoti impregnare da quello che si è osservato durante zazen e traducendolo nel proprio comportamento. Delle volte con un po’ di volontà, ma più la comprensione è profonda più questa cosa diventa naturale e più rimane l’armonia con la società senza tuttavia difenderne i valori. Potrai lavorare dall’interno per portare dei cambiamenti per la società, e la società è già comincia certamente con le relazioni dirette che abbiamo, la famiglia, i vicini, il lavoro, i colleghi, e così di seguito. Ma bisogna cominciare pian piano, con ciò che ti riguarda direttamente. Non a un livello elevato, quello che tu fai, come tu vivi, è molto più importante, piuttosto che tenere grandi discorsi per opporsi a certi fenomeni. Ma ancora una volta per restare in contatto da un lato, e dall’altro rimanendo fedele a ciò che hai ricevuto con i precetti, rimanendo fedele all’insegnamento del Buddha. Capisci ad un tempo la vacuità ma anche la realtà che è, rivoluzionerai poco a poco il tuo ambiente circostante, e quindi le persone cominceranno a prendere esempio da te, la cosa si allargherà. Mettere in pratica nella vita quotidiana gli insegnamenti dello Zen è capire principalmente il Sandokai, l’armonia tra l’essenza e i fenomeni, capire profondamente la vacuità delle cose, quello che tu puoi sperimentare durante zazen, e con questa comprensione andare verso i fenomeni, incontro ai fenomeni. Proprio per non lasciarti guidare dai fenomeni, ma per capirli nella loro interdipendenza, e a partire da quello, agire. Non si tratta solo di dire che tutto è vacuità, quello che è un insegnamento dello Zen, ma l’altro versante dell’insegnamento dello Zen è anche che i fenomeni esistono, quindi bisogna che tu trovi in te questo equilibrio tra i due, e si impara questo durante zazen, almeno se si pratica autenticamente. Non si seguono i propri desideri, il desiderio di grattarsi il naso, di muoversi, o qualunque altra cosa. Si fa astrazione dai propri dolori, si capisce meglio il proprio corpo, ed è così che i fenomeni che sorgono durante zazen passano e sono finiti quando zazen è finito. Quando zazen è finito, è finito il male alla schiena, alle ginocchia. Ci da una certa resistenza che possiamo utilizzare anche nella nostra vita quotidiana. Ci da una forza per rimanere fedeli alla nostra autentica natura, per non essere invasi dall’immensità dei fenomeni della società. E per questo bisogna capire l’interdipendenza tra i fenomeni nella società, e mettere in pratica la pratica dello Zen nella vita quotidiana comincia da questo. E poi dipende dalle proprie capacità per allargare questa traduzione dell’insegnamento e del tuo vissuto durante zazen nella vita quotidiana. Non è una stregoneria, ma è poco a poco, attraverso ogni realizzazione che abbiamo in zazen, portarla nella propria vita quotidiana. E questo può cominciare da come mettere a posto la propria casa, come tenere la propria persona, i propri abiti, come muoversi nell’ambiente. Comincia da questo, non è necessaria molta filosofia, ma mettere in pratica il proprio vissuto di zazen in tutte le piccole cose della vita quotidiana. Non bisogna cercare grandi opere, ma come comportarsi, con compassione, comprensione, generosità e saggezza nella propria relazione diretta, è già molto. Sono sicuro che se riesci veramente a fare questo, cambierai le persone, e le persone vuol dire la società. Già durante la tua vita, ma soprattutto dopo la tua morte. Quelli che ti sono stati vicini per onorarti si chiederanno che cosa rappresentavi, quali erano i tuoi valori, cosa possono fare per mettere in pratica, per onorare P. dopo la sua morte. Che cosa è meglio invece evitare, quali sono i tuoi difetti, ma anche quali sono le tue buone qualità. Spesso le persone hanno un orgoglio, ma poi mettono in pratica questi valori. Si vede questo con i bambini, prima si rivoltano contro i genitori, nell’adolescenza, fanno tutto il contrario di quello che i genitori hanno fatto. Ma se i genitori hanno veramente certi valori e caratteristiche che portano la serenità nella vita, si dicono: mio padre, mia madre, mia nonna, diceva sempre… e cominciano a dire così. Le persone seguono degli esempi, per questo è molto importante mettere in pratica il proprio vissuto di zazen. Ma questo comincia con le piccole cose. Puoi sempre aderire ad associazioni che difendono cause più grandi, che sono per la pace, per la difesa dell’ambiente, per la tolleranza, contro il razzismo, per l’eguaglianza degli uomini. Per scegliere, bisogna conoscere un poco gli insegnamenti del Buddha, per vedere che già il Buddha era molto egualitario, per quanto riguarda la redistribuzione delle ricchezze, perché tutti abbiano un pezzo di terra da coltivare per nutrirsi, il lavoro sia pagato adeguatamente. Queste non sono idee che invento ora, non sono idee politiche che metto avanti, ma sono cose che ho letto nei Sutra. Dunque è molto semplice: amare il proprio prossimo e vegliare sul benessere di tutti gli esseri. E’ già un vasto programma, ma poco a poco, come ti siedi, come ti sistemi, come vai alla toilette, il tuo modo di dire buongiorno, questo è già mettere in pratica gli insegnamenti dello Zen nella vita quotidiana. E’ molto semplice, molto diretto, molto concreto. Niente grandi idee, niente grandi filosofie. Non c’è bisogno di discutere molto. Come si è nella vita, come si è nel mondo, è questo che importa. Questo è l’insegnamento dello Zen, e non si ferma al dojo. Le regole del dojo ci sono, ci aiutano, ma non si fermano qui. Ti basta?

--- Grazie.

L'altare del dojo di Savona
--- Altre domande? 

--- In questi ultimi mesi, anzi ormai da parecchi mesi, mi trovo sempre più spesso di fronte, in una maniera molto diretta, molto violenta in certi momenti, alle mie emozioni. Emozioni che non sapevo di avere dentro di me in una misura così forte, e che in certi casi non sapevo proprio di avere. Mi hanno stupito. Anche emozioni negative, rabbia, collera, una estrema reattività a situazioni di per se stesse anche abbastanza banali, semplici. E anche emozioni invece più dolci, più tenere, ma sempre vissute in una maniera direi quasi eccessiva. E in tanti casi ho anche avuto paura di esserne travolto e che questo potesse influire negativamente sui miei rapporti con gli altri. Ecco, ora vorrei chiederti: come posso rapportarmi con queste situazioni quando si presentano?

--- Durante la pratica osserviamo, poi tutto passa. Poiché nulla è così importante. E impariamo anche a prendere distanza. Durante zazen ci sono molti fenomeni che sorgono. Male alle ginocchia, alla schiena, pensieri, ricordi, sentimenti, ma non possiamo muoverci. Non potendoci muovere, possiamo fare un passo indietro e osservare ciò che c’è. E attraverso questo togliere drammaticità. E come prendiamo questa distanza? Concentrandoci sulla nostra respirazione. Se si è troppo agitati nella testa, la respirazione cambia. Una volta che ci si rende conto di questo fatto, possiamo lavorare coscientemente sulla respirazione ed espirare profondamente. I dolori scompaiono, i sentimenti passano, tutto passa, in quel momento. E’ in questo modo che si impara come non essere invasi dai fenomeni. Siamo sicuri nel dojo e se rimaniamo in contatto con la nostra pratica tutto passa. Questo non vuol dire che si debba accettare tutto. Ci sono situazioni che non sono giuste, e bisogna agire. Ma si può solo agire in un modo giusto, con sufficiente saggezza, se si è imparato a prendere questa distanza, in rapporto ai propri sentimenti. E quindi se si è in grado di non essere invasi. I sentimenti sono sempre dei cattivi consiglieri per una azione, soprattutto quando sono estremamente violenti, quando partono da dentro. Questo è un aspetto. Si impara a prendere la distanza, abbiamo notato che la respirazione aiuta molto a prendere questa distanza. Si osserva da dove tutto questo viene, questi sentimenti, o questi dolori, ne si vede la natura. Questo è un lato. Se ne vediamo la natura possiamo lasciar passare.
Dall’altro punto di vista impariamo durante zazen quale è il nostro tema di vita. E’ come una sinfonia, c’è un tema e questo tema quando si pratica autenticamente è pieno di felicità e di gioia. Ma poi, nella vita ci sono delle variazioni su questo tema, ci sono melodie gioiose, molto “trallallà”, ci sono melodie tristi, ma il fondo, il tema, rimane sempre lo stesso e c’è sempre questa serenità e gioia di vivere, questa tolleranza e accettazione che si ha verso i fenomeni e gli altri. E che forma la base del nostro comportamento. E quando ci sono melodie tristi, non dobbiamo perdere di vista il tema. Questo vuol dire che non siamo più invasi dai sentimenti. Siamo tristi, ma non perdiamo in profondità la gioia. Non è al punto che ci si suicida. Manteniamo fiducia rispetto al fatto che questa melodia si trasformerà di nuovo e che rimarrà intorno a questo tema, e così possiamo continuare nella vita. 
In terzo luogo, ormai sono anni che tu pratichi, sei monaco, sai come praticare. Se sei di fronte ad una situazione che ti provoca molti sentimenti, molte emozioni, entri in contatto con il tuo corpo, ti risitui nel tuo corpo, vedi le tensioni create da questa situazione, e prendi contatto con il tuo soffio, e poi le cose diventano molto più chiare. Sono sempre lì, ma non ci dirigono più. La maggior parte delle persone sono dirette dagli istinti, dalle loro emozioni di ogni tipo, non riflettono. Un monaco Zen può prendere distanza, attraverso la sua esperienza nel dojo, e osservare da dove viene e dove va. A volte abbiamo periodi in cui ci sono più emozioni rispetto ad altri, ma non sono che periodi. Se tu sei centrato nella tua pratica, nel tuo corpo, nel tuo soffio, non perderai la direzione. Perché puoi riportare tutto alla pratica. Le astuzie dell’ego che provoca tutte queste emozioni non ci sorprendono più, ma sappiamo che fluttueremo da un periodo a un altro a un altro… Ma tutto questo in effetti non è molto importante, non è importante se abbiamo molte emozioni in un certo periodo o no, quello che ne facciamo, è questo che è più importante. Come riusciremo a ricondurre queste emozioni alla pratica, come manteniamo il contatto, come integriamo realmente il nostro vissuto della pratica nel dojo, nella nostra personalità. Come ce ne lasciamo impregnare. Cioè quando cessiamo di creare una dicotomia tra il dojo e l’esterno. Quando non c’è separazione tra il tempo che passi qui e il tempo che passi fuori. La pratica non è qualcosa che è in più, ma che si ancora sempre di più nella tua vita. E poi è normale avere delle emozioni, non è negativo, a volte è positivo anche sentire la collera, farla uscire. Occorre osservare da dove viene questa collera, non perdere il contatto con la collera; non sbattere le porte, rompere i piatti, ma rientrare nel corpo, nel respiro, e poi agire. Un monaco Zen ha il karma delle proprie azioni. Se agiamo condotti dalle emozioni creiamo molto cattivo karma. Se prima di agire vediamo le conseguenze di certe azioni potremo sceglierle e saranno molto più adatte alle situazioni. Non è male avere emozioni, anche negative, è lasciarsene trasportare. Molti Santi hanno provato collera per le ingiustizie, ma non si sono lasciati accecare. Hanno sempre visto le conseguenze. La collera non risolve molto, ma è il sintomo di qualche cosa, bisogna cercarne le radici. Le emozioni anche negative non sono cattive. Se rimani centrato tutto andrà bene. 

--- Grazie.

Domenica 26 settembre 2004
Zazen delle ore 16.30

Abbiamo passato un week end insieme a praticare, la cucitura, la cucina, lo zazen. Un week end in cui abbiamo avuto l’occasione di guardare nelle profondità di noi stessi. Ma non è ancora finito, dunque non lasciate sfuggire un’ultima possibilità di risvegliarvi alla realtà della vostra vita. Fate un ultimo sforzo per tenere una buona postura, per respirare profondamente, e spero che ora il vostro spirito sia molto più calmo rispetto all’inizio del week end.durante zazen smettete di crearvi delle opinioni. Se voi smettete di farvi delle opinioni, dei giudizi rispetto al vero o al falso, se smettete di perseguire alcunché, in particolare le idee che avete sullo Zen e se rimanete solo seduti faccia al muro sul vostro zafu, le burrasche dello spirito si calmano. Nel momento in cui ricominciate a giudicare, a fare delle categorie, a sentirvi feriti, offesi, o il contrario, se vi sentite oggetto di lodi, il vostro spirito è catturato da una improvvisa attività e chiudete la porta per entrare in contatto per entrare in contatto con l’autentica realtà della vostra stessa vita.Non date seguito al dominio che i vostri sentimenti, le vostre emozioni, cercano di avere, ma nemmeno respingetele. Riconoscetele, accettatele, come facenti parte di voi stessi. Ma non cadete nella loro trappola. Non dimenticate le vostre esperienze in questo week end. Non cercate altrove. Non desiderate un’altra luce, un’altra realtà. C’è solo una realtà, e dovete viverci dentro. E per questo smettete con i giudizi, su voi stessi, sugli altri. Solo, vivere. Se si è nella realtà della propria vita, nulla può impedirvi di praticare. Apritevi agli insegnamenti della vita, con la luce di zazen. E’ quello che vi auguro. Continuate. Abbiate fiducia, in voi, nella vostra pratica, nella Via.

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