Hermann
Hesse, l’autore
Hesse
nacque in Germania nel 1877, figlio (e nipote) di missionari evangelici. Dopo
gli studi teologici in un seminario evangelico, e dopo 4 anni in una clinica
per disturbi mentali (a 15 anni aveva tentato il suicidio), si trasferì in
Svizzera e si dedicò all’attività di scrittore, ottenendo un buon successo già
nel 1904 con il romanzo Peter Camenzind.
Nel 1911 intraprese un viaggio in India, dove per decenni i genitori avevano
prestato opera di missionari. In realtà visitò Sri Lanka e l’Indonesia: Borneo,
Sumatra, Burma. Ma per quanto l’eco dell’India fosse pervenuto a Hesse già
nella primissima infanzia, dai racconti della madre e dalle traduzioni paterne
delle preghiere buddhiste, tuttavia il viaggio fu deludente.
Hermann Hesse |
Nel corso di
un’escursione a Sri Lanka, scrisse: “noi
veniamo al Sud e in Oriente spinti da un presagio oscuro […] e qui troviamo il
paradiso [...]. Ma noi stessi qui siamo diversi, siamo stranieri e senza
diritto di cittadinanza, abbiamo perduto da tempo immemorabile il paradiso, e
quello nuovo che possediamo e vogliamo costruire non si trova all’equatore e
nei caldi mari d’Oriente, ma è dentro di noi e nel nostro futuro di uomini
nordici”. E in una sua lettera del 1919: “Da molti anni sono convinto che lo spirito europeo è in declino e ha
bisogno di tornare alle sue fonti asiatiche. Per anni ho ammirato Buddha e ho
letto la letteratura indiana già nella mia prima gioventù [...] il mio viaggio
indiano è stato solo una piccola aggiunta o un’illustrazione a queste
esperienze”.
Alla fine del primo
conflitto mondiale, durante il quale Hesse mantenne posizioni pacifiste,
pubblicò altri romanzi, quali Demian
e, nel 1922, Siddharta, il
vero frutto del suo interesse per la cultura indiana.
E’ interessante ricordare
che nel 1916, anche a seguito della morte del padre, si sottopose a sedute
psicanalitiche con il dr. Lang, di scuola junghiana, e poi ad altri cicli di
sedute, nel corso della composizione di Siddharta
(1919-1922), con lo stesso Jung.
Pubblicò quindi altri capolavori, quali Il lupo della steppa (1927), Narciso e Boccadoro (1930), Il pellegrinaggio in Oriente (1932), Il gioco delle perle di vetro (1943). Hesse
si era ritrovato, nel frattempo, iscritto nelle liste di proscrizione naziste,
a causa della sua richiesta di non censurare le sue opere. Nel 1946 gli venne
conferito il Premio Nobel per la letteratura. Morì nel 1962, a 85 anni, per
emorragia cerebrale.
Siddharta è un breve romanzo, che Hesse
terminò nel 1922, e che comparve in Italia per la prima volta nel 1945
(tradotto dal musicologo Massimo Mila). E’ ambientato nell’India del VI secolo
a.C., l’India del Buddha Sakyamuni e
di Mahavira (fondatore del Jainismo), e narra la vita del giovane
Siddharta, figlio di un brahmino (sacerdote
hindu), a partire dal momento in cui lascia i genitori e la casa natia, insieme
con l’amico d’infanzia Govinda, per “scoprire
la fonte originaria nel proprio Io e impadronirsene”, in quanto nessuno di
coloro con cui viveva, il padre, i brahmini,
i saggi, conosceva la vera Via verso l’Io, l’Atman. A tal fine, i due giovani si recano presso i Samana, gli eremiti che vivono nelle
foreste, digiunando e praticando le forme più estreme di ascetismo. La loro
meta era “diventare vuoto, vuoto di sete,
vuoto di desideri, vuoto di sogni, vuoto di gioia e di dolore”. I loro
sforzi non portano i frutti che ricercano, e pertanto, dopo tre anni, Siddharta
e Govinda abbandonano i Samana e
vanno a cercare il Buddha, che in quei giorni si trovava nei pressi. Dopo
averne ascoltato gli insegnamenti, Govinda si aggrega alla comunità dei monaci
del Buddha, ma Siddharta decide di rimanere solo, risoluto ad “abbandonare tutte le dottrine e tutti i
maestri e raggiungere da solo la meta o morire”. Mentre il Buddha si
allontana, egli pensa: “Nessuna dottrina
mi sedurrà mai più, poiché non m’ha sedotto la dottrina di quest’uomo”.
Siddharta
giunge quindi in città, e lì conosce Kamala, una cortigiana di cui ottiene i
favori grazie alla padronanza di sé e alla profonda conoscenza della mente
umana acquisita negli anni trascorsi con i Samana.
E viene altresì assunto come socio dal ricco mercante Kamaswami. La bella Kamala
lo inizia alle arti dei piaceri sensuali, e Kamaswami gli insegna l’arte del
commercio e dell’arricchimento, le cui regole Siddharta impara molto bene,
ancora una volta grazie alla dura ascesi praticata nella foresta, ma alle quali
rimane a lungo indifferente: guadagnare o perdere sono per lui un gioco,
giocato da quelli che chiama gli “uomini-bambini”.
Siddharta
vive quindi, fino in fondo, la vita del mondo, il samsara. Ma a poco a poco il piacere, il denaro, la pigrizia,
l’avarizia, il gioco dei dadi, lo assorbono sempre più e gli fanno dimenticare
gli insegnamenti ricevuti quando era un Samana.
Fino a che, disgustato, abbandona la città, Kamala, il mercante, giungendo al
punto di desiderare la morte, pensiero da cui sarà il ricordo dell’Om, su cui a lungo aveva meditato, ad
allontanarlo. Ritrova poi, per un breve colloquio, Govinda, ormai monaco. Ma
sarà per lui determinante l’incontro con Vasudeva, un barcaiolo, con cui va a
vivere, condividendone il lavoro, la capanna, il povero cibo, e soprattutto
l’idea che il fiume sia vivo, sia un grande maestro, se lo si sa ascoltare.
OM |
Dalla
voce del fiume Siddharta apprende che il tempo non esiste: “nulla fu, nulla sarà: tutto è, tutto ha
realtà e presenza”. E che “tutte le
voci delle creature sono nella sua”, e se si riesce ad intenderle tutte
insieme, quella voce dice “Om”.
Dopo
molto tempo, arrivano al fiume frotte di pellegrini, tra cui Kamala e il figlio
(cui aveva dato il nome di Siddharta), in viaggio verso il luogo in cui il
Buddha stava per entrare nel Parinirvana.
Ma Kamala muore, morsa da un serpente, tra le braccia di Siddharta, al quale
affida il ragazzo, dopo avergli rivelato di esserne il padre. Il giovane vive
con Siddharta e Vasudeva, ma è un ribelle, non accetta la figura paterna, di
cui non sopporta la dolcezza, l’amore, la saggezza. E rifiuta il lavoro, la
povertà, la vita sul fiume. Quindi fugge via. Siddharta lo segue per un poco,
ma poi, giunto alle porte della stessa città in cui aveva vissuto con Kamala,
si ferma e lascia che il figlio segua la sua via: “profondamente sentì in cuore l’amore per il figlio fuggito, come una
ferita, e sentì insieme che la ferita non gli era data per rovistarci dentro e
dilaniarla, ma perché fiorisse in tanta luce”.
Altri
anni passano, finché anche Vasudeva abbandona Siddharta, e si ritira nelle
foreste per trascorrere i suoi ultimi giorni e raggiungere quella pace che già
viveva in lui.
Il
racconto termina con l’ultimo incontro con il monaco Govinda, al quale Siddharta,
ormai vecchio, parla a lungo, esprimendo, per quanto possibile con le parole,
la saggezza e la pace interiore a cui era giunto, insieme al rifiuto di ogni
dottrina. Le dottrine sono parole, e le troppe parole impediscono di trovare la
vera pace: “anche liberazione e virtù,
anche samsara e nirvana sono mere parole, Govinda. Non c’è nessuna cosa che sia
il nirvana, esiste solo la parola nirvana”. Quindi Siddharta con un
semplice bacio sulla fronte “apre” la mente di Govinda alla visione dell’unità
nella molteplicità dei fenomeni; milioni di volti, umani, animali, dèi, le loro
nascite, le sofferenze, le gioie, le malvagità, la loro distruzione; e dietro a
tutto, come dietro a un ghiaccio sottile o ad una maschera d’acqua, un solo
volto, quello di Siddharta. E, con un profondo inchino, Govinda si congeda da
Siddharta, che sorride tranquillo: “così
– questo Govinda lo sapeva – così sorridono i Perfetti”.
Fortuna
di Siddharta
Anche
se nel 1946 gli venne attribuito il Nobel per la letteratura, la popolarità di
Hermann Hesse negli anni ’50 era in calo costante, sia tra i lettori sia tra i
critici. Negli USA, poi, era quasi sconosciuto.
Ma
a metà degli anni ’60 iniziò il boom
di Hesse, a partire proprio dagli USA, dove ancora nel 1962 il New York Times aveva scritto che le sue
opere erano “inaccessibili” per il
pubblico americano.
Può
allora essere interessante chiedersi perché alcune edizioni di Siddharta negli USA hanno venduto 8
milioni di copie, e 6 milioni in Giappone. Perché in Italia Siddharta è ancora oggi uno dei libri
più venduti, perché dal 1975 in poi ha superato, presso Adelphi, le 58
edizioni, con più di 1.750mila copie vendute. Perché, in altre parole, Hesse è
divenuto una vera e propria icona tra i giovani, soprattutto per romanzi come Siddharta e Il lupo della steppa.
Ancora
oggi, se sul motore di ricerca Google
si digita “Siddharta Hesse” compaiono in risposta 49400 pagine in italiano, e
165000 nel Web!
Le
cause del successo planetario di Siddharta
sono molteplici, ed una è certo il fatto che, in genere, soprattutto i lettori
più giovani non tendono a cercare nel testo letterario solo la qualità delle
strutture linguistiche o l’applicazione di norme estetiche. Piuttosto, la
letteratura può essere vista come un aiuto, una guida, un indirizzo per la
vita. L’autore (o il suo alter ego
nel testo letterario) è colui che conosce la giusta risposta alle proprie
domande esistenziali, è uno che ha già percorso la retta via, e quindi può
indicarla (si è detto della letteratura, ma si pensi al ruolo svolto da certi
musicisti, o attori cinematografici, divenuti veri e propri modelli di vita).
Non
a caso, Siddharta divenne un best seller, anzi un long seller, proprio negli anni in cui
nel ricco Occidente emergeva la cultura orientale, confusamente se si vuole, ma
irreversibilmente, e soprattutto, ed era la prima volta, con modalità non
riservate alle piccole élites degli
studiosi accademici. L’India della meditazione, dello Yoga, della nonviolenza, il Giappone dello Zen, il Tibet dei Lama e
del buddhismo tantrico, si imponevano all’attenzione di masse di giovani colti,
sufficientemente benestanti, alla ricerca di se stessi.
I
ragazzi della generazione che negli USA si rivoltavano contro la guerra in
Vietnam e, più in generale, contro un mondo meccanizzato e privo di anima,
scoprirono in Siddharta un loro simile, videro in lui e nella sua ricerca di
autenticità le loro stesse sofferenze, i loro desideri, i loro bisogni. E
soprattutto compresero che nella sua vita reale Hermann Hesse, molti anni
prima, aveva coerentemente incarnato le idee trasposte nei romanzi: la
ribellione all’autorità, il viaggio, la ricerca interiore, il rifiuto di ogni
schema mentale fisso. Al di fuori delle istituzioni, delle dottrine, del
successo ad ogni costo. “Nella sua
critica della civilizzazione, nella sua protesta contro ogni totalitarismo, nel
suo amore per la pace, nel suo scetticismo contro la classe dominante [...] credettero
di trovare una conferma delle loro idee” (B. Zeller). Si aggiungano poi
l’amore di Hesse per l’Oriente e il suo interesse per la psicoanalisi, già
molto popolare in America.
Per
questo Hesse/Siddharta diventò il “santo
degli hippies”, uno dei guru di
tutta una generazione.
E’
interessante osservare, a proposito di guru,
che proprio quella generazione che teorizzava, anche sulla scia di Siddharta, il rifiuto della figura del
Maestro, ha poi “canonizzato” una serie sterminata di maestri: si pensi ad
Herbert Marcuse, Erich Fromm, Wilhelm Reich, Carlos Castaneda, per non parlare,
in Europa, di Karl Marx, Lenin, Mao Zedong ecc.
Addirittura, la lettura di
Hesse divenne parte degli esperimenti con sostanze psicotrope (LSD) condotti da
un altro guru degli anni ’60, Timothy
Leary, docente – molto discusso – dell’Università di Harvard, il quale predicava
l’ampliamento della coscienza mediante l’uso di stupefacenti.
In nessuno scritto di Hesse,
però, si possono trovare indicazioni in tal senso, e non risulta che egli ne
abbia fatto uso. Anzi, per Hesse la via all’interiorità non è una fuga dal
mondo, un illusorio superamento dei conflitti – meno che mai compiuto
utilizzando droghe.
In forme meno enfatiche, il
“fenomeno Hesse” coinvolse anche l’Europa, quando il movimento giovanile
americano e la sua contro-cultura giunsero nel Vecchio Continente (che ad Hesse
aveva dato i natali!). Ma, come è noto, i movimenti giovanili in Europa si
trasformarono nel giro di pochi anni, scegliendo le vie – rivelatesi vicoli
ciechi – della politica, delle lotte di potere, finanche della lotta armata (si
ricordino i casi dell’Italia e della Germania).
Le alternative culturali
espresse in origine dai movimenti giovanili nel Nuovo e nel Vecchio Continente,
inoltre, vennero presto riassorbite dalla cultura egemone – la cultura della
mercificazione e dell’omologazione.
Per quanto concerne
l’interesse manifestato dai movimenti giovanili nell’ambito della spiritualità,
è emblematico - per capire come le istanze di rinnovamento sia state
reintegrate nella cultura dominante - il “caso” del c.d. New Age, l’Età dell’Acquario, fenomeno sorto negli USA e dilagato in
Europa negli anni ’70.
Sebbene originatosi a
partire da bisogni di ricerca interiore, di nuove e più autentiche modalità di
vivere la religiosità, il New Age,
corrente di pensiero assolutamente non strutturato né istituzionalizzato, punto
d’incontro delle più disparate aree di ricerca (dall’Oriente ai Nativi
Americani, dal buddhismo all’ufologia, dal channeling
ai cristalli, dalle medicine alternative alle fate e alle streghe, dai tarocchi
ad Atlantide, dall’astrologia alla qabbala,
dallo yoga al Cristo, ecc. ecc.), il New Age, si diceva, si è prestato –
inevitabilmente, viste le sue stesse premesse – alla mercificazione più
sfrenata, divenendo un’etichetta buona per ogni genere di prodotto
“spirituale”.
Oggi, del New Age Hermann Hesse viene visto – malgré lui – come un precursore. E il
suo Siddharta appare ormai come un santino zuccheroso e inautentico, perfetta icona per l’odierno “fai-da-te” del sacro tra i cui scaffali ogni seria ricerca spirituale rischia di perdersi.
L’edizione di Siddharta
cui si fa riferimento è quella di Adelphi del 1982. Per il riassunto del
romanzo è stato consultato sia il testo sia la voce “Siddharta (libro)” nel
sito Internet www.wikipedia.org.
Per quanto concerne il titolo dell’opera
e il nome del protagonista, è stata utilizzata la versione Siddharta, in quanto è quella che compariva
nell’edizione del romanzo qui citata. Successivamente la stessa casa editrice
Adelphi ha utilizzato la versione Siddhartha.
Le notizie sulla vita di Hermann Hesse sono state
reperite sul sito www.wikipedia.org alla
voce “Hermann Hesse”.
Per la terza parte sono stati utilizzati i saggi Risonanza mondiale di Bernhard
Zeller (in www.hermann-hesse.de/it/literatur/www.pdf) e Hesse:
dall’uomo a Dio un’opera senza tempo di Antonio Stanca (in www.edscuola.it/archivio/antologia/recensioni/hesse.htm), nonché la voce “New Age” in www.wikipedia.org.
Può essere interessante effettuare una lettura
“parallela” tra il romanzo di Hesse e la vita del Buddha, Siddhartha Gautama Shakyamuni,
così come è narrata nel classico Le
gesta del Buddha di Aśvaghoşa (II sec. d.C.), pubblicato da Adelphi e
dai Fratelli Fabbri Editori.
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