Sul
quotidiano La Repubblica del 9 settembre 2015 è apparso il testo di una
interessante intervista di Silvia
Ronchey con Enzo Bianchi, Priore
della Comunità di Bose (ricordiamo che Silvia Ronchey è coautrice del
volume Storia di Barlaam e Ioasaf
pubblicato da Einaudi, del quale si è parlato nel post su Iacopo da Varagine - http://zenvadoligure.blogspot.it/2015/02/il-beato-iacopo-da-varagine-e-la-strana.html).
Oggetto
dell’intervista, leggibile anche sul sito http://www.eddyburg.it/2015/09/enzo-bianchi-critichiamo-lislam-ma-poi.html, sono le sfide
del cristianesimo, la minaccia del terrorismo dell’Is e il ruolo della donna
nella Chiesa, alla luce del pontificato di Francesco.
Presentiamo
volentieri questo testo, anche se apparentemente esula dai temi solitamente
trattati in questo blog, in primo luogo perché gli interventi di Enzo Bianchi
costituiscono sempre un pressante invito a riflettere sui temi della
spiritualità inserendoli correttamente nel loro contesto storico e politico,
facendo costantemente ricorso alla razionalità di cui l’uomo è portatore, e non
in maniera superficialmente emotiva, come accade sempre più spesso.
Inoltre,
i temi che Bianchi tocca nell’intervista, in primis quello del confronto con l’Altro,
con lo “Straniero”, non sono affatto diversi (off-topic, come si dice) da quelli della spiritualità dell’Oriente,
che sono prevalenti nel blog. I grandi
movimenti di popoli a cui stiamo assistendo oggi non costituiscono una
eccezionalità o una novità, né per l’Occidente né per l’Oriente
Basta
rileggere qualche libro di storia per ricordarsene. E la lezione del Buddha (non
a caso citato da Bianchi) sul come porsi di fronte a chi riteniamo Altro-da-noi, lo “straniero”, il “barbaro”,
non è affatto diversa da quella dei maestri di ieri e di oggi, dell’est o dell’ovest
(Cristo, Savonarola, A. Schweitzer, M.L.
King, N. Mandela, Gandhi, il Dalai Lama ecc.). Come dice Bianchi, è “una
posizione di umanità e di tolleranza”, la sola che ci permetta di non
abbandonare il fatto stesso di essere realmente uomini, e non solo homo oeconomicus o politicus…o televisivus.
Ecco
il testo dell’intervista:
«Il papa ha lanciato l’allarme già due anni
fa, dopo la visita a Lampedusa. È rimasto inascoltato e credo che anche questo
suo nuovo appello lo sarà. Il fastidio di un certo clero verrà magari
dissimulato dall’ipocrisia religiosa, che è la più bieca e spaventosa di tutte».
Siamo a Bose, alla vigilia dell’apertura dell’annuale convegno ecumenico
internazionale di spiritualità ortodossa, e il priore Enzo Bianchi commenta
l’esortazione di Bergoglio ad accogliere nelle parrocchie i rifugiati del
grande movimento di popoli di cui quest’estate, con i suoi avvenimenti
sconvolgenti, sembra avere cambiato la percezione generale. «Un mese fa il vescovo di Crema ha chiesto di
ospitare i rifugiati in locali adiacenti una scuola cattolica, è stato
contestato dalle famiglie. La situazione italiana è una vergogna, soprattutto
nelle regioni tradizionalmente più cattoliche, il Veneto e la Lombardia».
Il rifiuto è
più sociale o più confessionale?
«Quello confessionale l’hanno gridato a suo
tempo il cardinal Biffi e il vescovo Maggiolini, secondo cui bisognava
eventualmente accogliere solo i cristiani. Ma il problema è la vera e propria
fabbrica di paura dei barbari, edificata da forze politiche attente solo
all’interesse locale, forze che prima di Francesco la chiesa italiana ha
assecondato, anche se all’inizio sembravano assumere riti pagani, precristiani,
quelli sì barbarici. Ora si proclamano cattolici ma io li chiamo cristiani del
campanile. Il grande silenzio di una chiesa complice li ha aiutati a iniettare
nel tessuto sociale del territorio il veleno della xenofobia».
Guardiamo
gli eventi nella misura dei millenni di storia anche ecclesiastica, parliamo
del V secolo, quando alle cosiddette invasioni barbariche si è affiancata
l’assunzione del cristianesimo a religione di stato.
«Quando con Teodosio il cristianesimo è
diventato religione dello stato imperiale la furia dei monaci – lo dico con
dolore, mi strappa il cuore – ha distrutto i templi pagani, fatto uno scempio
di opere d’arte non diverso da quello dell’Is, ma ben più vasto. È il motivo
per cui san Basilio non ha mai usato nei suoi scritti la parola “monaco”:
designava integralisti violenti, i talebani del momento. Guardando i secoli mi
permetto di dire, pur con tutte le differenze: vediamo che altri rifanno a noi
quello che abbiamo fatto».
Come ad
Alessandria d’Egitto, quando fu distrutto il Serapeo e i parabalani del vescovo
Cirillo assassinarono Ipazia. Nel “Libro dei testimoni”, lo straordinario
martirologio ecumenico di Bose, questa martire pagana potrebbe trovare posto?
«Sì, come tutti coloro che – da Buddha a
Savonarola, da Rumi a Gandhi – in qualunque religione o anche all’esterno hanno
perseverato in una posizione di umanità e di tolleranza. La dottrina cattolica
del Vaticano II ribadisce con chiarezza che la coscienza prevale su qualsiasi
autorità, anche su quella papale».
Torniamo ai
movimenti di popoli della cosiddetta fine dell’antichità.
«Con saggezza papa Gregorio Magno chiese
accoglienza per i barbari in arrivo dando un’unica dignità a stranieri e
latini, che si espresse nel monachesimo benedettino e fece fiorire il
cristianesimo, allora esangue soprattutto in occidente. La storia serve da un
lato a non stupirci dell’intolleranza, dall’altro a spegnerla richiamandoci
alla razionalità, che oggi significa mostrare ai popoli dell’oriente
postcoloniale che gli riconosciamo soggettività, dignità, diritto di sedere
alla tavola delle genti, anziché continuare a sfruttarli economicamente».
La memoria storica ecclesiastica, la conoscenza delle ere passate di cui si nutre, non ha anche il dovere di ricordare a tutti l’onda lunga della tolleranza islamica?
«Al tempo della conquista musulmana i
cristiani del Medio Oriente hanno aperto le porte delle loro città agli arabi
che portavano libertà di culto e affrancavano dalle angherie economiche del
governo imperiale cristiano. La convivenza di cristiani, ebrei e musulmani nel
corso del medioevo islamico ha fatto fiorire momenti di cultura straordinari,
come nel mondo sufita, che conosco bene. L’islam è una religione di pace e
mitezza con una mistica di forza pari a quella cristiana. Se nel Corano ci sono
testi di violenza, non sono molto diversi da quelli che troviamo nella Bibbia e
che ci fanno inorridire. La lettura integralista della Bibbia può rendere
integralisti quanto quella del Corano [o dei Sutra buddhisti, ci permettiamo di aggiungere]. L’esegesi storico-critica delle
scritture, cui il cristianesimo è approdato con fatica e subendo terribili
condanne dell’autorità ecclesiastica, è il primo passo di un lungo cammino che
aspetta anche i musulmani. Nel frattempo servono ascolto, dialogo, seri studi
universitari per dissipare la propaganda ideologica che attecchisce
sull’ignoranza: non è vero che l’islam è una religione della violenza e della
jihad, affermarlo serve solo a giustificare la nostra nei suoi confronti».
Dai Buddha di
Bamyan al tempio di Bel a Palmira, il nostro secolo assiste ad atti islamisti
di cancellazione del passato dal contenuto altamente simbolico. Ma non è chiaro
quanta parte effettiva vi abbia la religione o la religiosità.
«Una parte minima. Il problema non è
religioso, è sociale ed economico. Gli integralisti islamici, anche abbattendo
una chiesa, non mirano tanto a offendere la fede cristiana quanto a colpire l’occidente.
Un pacifico abitante di Palmira mi ha detto: “Voi occidentali, piangendo la
distruzione di templi etichettati dall’Unesco, date l’idea di averli più cari
della nostra popolazione. Così li fate diventare una protesi dell’occidente
nella nostra terra”. Mostrando di tenere così tanto a un pezzo di colonna —
giustamente, perché è segno di un cammino di umanizzazione — ma facendo saltare
in aria le persone nelle guerre da noi scatenate in Iraq, in Siria, in Libia,
finiamo per apparire mostruosi. Certo le distruzioni dell’Is sono crimini
contro l’umanità oltre che contro la cultura e la dignità dei monumenti va
difesa, ma abbiamo la stessa forza nel difendere le popolazioni perché non
soccombano alle nostre armi o non trovino vie di morte nella migrazione?».
I popoli sono
in marcia e un’ibridazione, che la si voglia o no, dovrà avvenire, perché
questa è la storia. Il che pone anche specifici problemi sociali come quello
del ruolo della donna: l’islam impone il velo, ma non trovi che anche nella
chiesa cristiana ci sia un ritardo?
«Si dice sbrigativamente che certi musulmani
siano ancora nel medioevo. Ma il velo completo per le suore di clausura è stato
abolito solo nel 1982. È molto recente la presa di coscienza della pari dignità
della donna e dell’uomo nel cristianesimo, che non ha ancora nemmeno il
linguaggio per esprimerla. La soggezione delle donne agli uomini è un retaggio
scritturale nell’islam, ma è presente anche nelle nostre scritture: san Paolo
afferma che le donne non devono assolutamente parlare nell’assemblea della
chiesa e devono stare a capo coperto. Di nuovo, serve una rilettura
storico-critica di tutti i libri sacri, per scorgerne l’intenzione e non le
forme. Nella chiesa c’è buona volontà ma poi della donna si hanno immagini
irreali: il modello di Maria, vergine e madre, che non può essere il riferimento
per una promozione della donna nella chiesa; l’idea, insinuata per moda, che la
Madonna sia più importante di San Pietro, idea insipiente come dire che la
ruota in un carro è più importante del volano... Non siamo ancora capaci di
prendere sul serio l’uguaglianza indubbia tra uomini e donne. Il cammino per la
chiesa è ancora lunghissimo perché ovunque ci sia un esercizio di comando
restano gli uomini, mentre le donne sono confinate al servizio umile».
Il convegno che si apre oggi è dedicato a “Misericordia e perdono”: sono istanze che, dall’ambito ecclesiale cui appartengono, possono suggerire prassi anche giuridiche e sociali?
«Declinare la giustizia con il perdono, anche
a livello politico, è un’esigenza che già Giovanni Paolo II aveva evocato con forza
in un suo messaggio per la Giornata della pace. L’insistenza di papa Francesco
sulla pratica della misericordia, vissuta nei secoli da tanti cristiani
d’oriente e d’occidente anche in controtendenza rispetto alla mentalità
dominante, dischiude percorsi fecondi nella faticosa purificazione della
memoria cui non ci possiamo più sottrarre, pena l’abbrutimento di ogni nostra
relazione».
Per leggere e approfondire:
http://www.monasterodibose.it/
E. Bianchi, Ero straniero e mi avete ospitato, Ed. Rizzoli
E. Bianchi, La differenza cristiana, Ed. Einaudi
E. Bianchi, Dono e perdono, Ed. Einaudi
...e tanti altri
E. Bianchi, Ero straniero e mi avete ospitato, Ed. Rizzoli
E. Bianchi, La differenza cristiana, Ed. Einaudi
E. Bianchi, Dono e perdono, Ed. Einaudi
...e tanti altri
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