domenica 14 aprile 2019

"Professoroni" del Dharma: De Harlez e il Sutra in 42 Sezioni - I parte


Contemporaneo di Philippe-Édouard Foucaux, il traduttore in lingua francese del Lalitavistara Sūtra, fu un altro grande orientalista europeo, il belga Charles Joseph de Harlez de Deulin, nato a Liegi in una famiglia di stampo aristocratico il 21 agosto del 1832. Al fine di dedicare la propria vita allo studio della religione e della teologia, entrò nella Compagnia di Gesù e nel 1871 divenne docente di lingue presso l’Istituto di Studi Orientalisti dell’Università di Lovanio (Leuven, Louvain). Oltre ad insegnare le lingue orientali, si dedicò alla traduzione di antichi testi orientali, una attività che gli apportò una grande fama.
Nel 1875-77 pubblicò la prima traduzione in francese dell’Avesta, il corpus dei libri sacri appartenenti alla religione zoroastriana, scritti in una lingua di tipo indoeuropeo che rappresenta la più antica documentazione dell’iranico esistente.
Nel 1881 redasse una introduzione alla seconda edizione di tale traduzione, un lavoro che divenne la prima opera completa sulla storia della religione avestica. Scrisse anche un manuale della lingua dell’Avesta che utilizzò nei suoi corsi.
A partire dagli anni ’80 si dedicò allo studio della Cina antica e delle sue tradizioni spirituali, pubblicando nel 1884 un manuale della lingua manciù (manju), e poi uno di lingua sanscrita. Lo studio della cultura cinese lo spinse naturalmente ad approfondire la conoscenza del Buddhismo, delle sue diverse scuole e dei suoi testi.
Dal 1890 approfondì l’analisi delle opere della tradizione taoista, e nel 1897 pubblicò una nuova traduzione del Libro dei Mutamenti (Yìjīng, I Ching, I King), un classico della cultura cinese risalente ad oltre tremila anni or sono, che divenne oggetto di studio da parte di Leibniz alla fine del 1600 e fu poi letto e commentato da Carl Gustav Jung in tempi più recenti.
De Harlez si rivolse altresì allo studio delle opere di Confucio, dello sciamanesimo tibetano e della religione dell’Isola di Pasqua.
Fu nel complesso un grande filologo, e contribuì così a gettare solide basi per la storia della religioni come scienza, laddove essa correva il rischio di affidarsi a teorie filosofiche ed antropologiche anche infondate, in quanto legate a polemiche e a valutazioni non obiettive. Nel 1881-1882 aveva anche fondato una rivista di linguistica, orientalismo e scienze religiose, Le Muséon, dedicata in modo particolare all’Asia, alle sue lingue, alle sue filosofie e religioni, ma che diede presto ampio spazio anche all’egittologia e all’Oriente cristiano.
De Harlez morì a Lovanio all’età di 66 anni, nel 1899.


Charles De Harlez

 Il Sūtra in Quarantadue Sezioni

Se si scorre sul sito https://fr.wikipedia.org/wiki/Charles_de_Harlez il lungo elenco delle sue pubblicazioni, vi si trova anche la traduzione (1899) di un sūtra buddhista non molto noto in Italia, il Sūtra in Quarantadue Sezioni.
Secondo quanto scrive Anne Cheng, docente presso l’Institut National des langues et civilisations orientales di Parigi, la storia del buddhismo in Cina ebbe inizio durante la dinastia degli Han posteriori (25-220 d.C.), quando l’imperatore Ming (che regnò dal 58 al 75) sognò una divinità d’oro, alta 5 metri, che volava davanti al suo palazzo. Si ritenne che fosse il Buddha e pertanto diciotto emissari vennero inviati verso Occidente per acquisire informazioni.
Citando il Mouzi lihuo lun (Come il Maestro Mou scioglie i nostri dubbi), un’opera cinese del II secolo, Anne Cheng racconta che al ritorno in patria gli emissari dell’imperatore portarono con loro uno scritto, appunto il Sūtra in 42 Sezioni, il quale fu pertanto il primo testo buddhista introdotto in Cina e il primo ad essere tradotto in cinese, nel 67 d.C. circa.
Il fatto è anche confermato da una Introduzione al medesimo sūtra scritta da Ch’eng Hui, alto Ufficiale della dinastia Song (960-1279), secondo la quale gli emissari dell’Imperatore, guidati da Wang Ts’un, avevano incontrato in Asia Centrale i Bodhisattva Kasyapa Matanga e Gobharana (o Dharmaratna). Essi, cavalcando un cavallo bianco, recavano con loro un’immagine del Buddha Śākyamuni dipinta su un tessuto bianco e un rotolo con il sūtra. Gli emissari tornarono poi a Luoyang, la capitale, insieme con i due Bodhisattva e i loro preziosi oggetti. Lì Kasyapa Matanga e Gobharana tradussero in cinese il sūtra, lavorando in un tempio appositamente costruito, il Tempio del Cavallo Bianco, il primo tempio buddhista in Cina, tuttora esistente. Sessanta anni dopo Kasyapa Matanga e Gobharana si lanciarono nel vuoto recitando alcuni versi, tra i quali:

Le nuvole della Dottrina coprono il mondo.
La pioggia della Dottrina inumidisce tutti i germi.
Si spera che molti porteranno il suo insegnamento.
E che innumerevoli siano quelli di poi colpiti.

Il Tempio del Cavallo Bianco

 Questa storia è stata messa in discussione da vari studiosi, come pure la datazione del testo. Secondo alcuni il sūtra stesso sarebbe un apocrifo compilato in Asia Centrale e non un testo sanscrito proveniente dall’India. In effetti il Buddhismo era già conosciuto in Cina prima della data della visione (non per nulla la figura oggetto del sogno fu subito identificata come il Buddha).
Il sūtra è un testo piuttosto breve, che consiste in un prologo e 42 capitoli, composti in gran parte di citazioni delle parole del Buddha tratte da opere appartenenti al Canone buddhista. Infatti molti capitoli iniziano con l’espressione "Il Buddha disse”, e contengono insegnamenti buddhisti di origine hīnayāna modificati per esprimere concetti vicini alle scuole mahāyāna.
Il testo del sūtra è ancora oggi molto diffuso nel buddhismo del Sud-Est asiatico. È stato tradotto in molte lingue, anche in Occidente, e lo stesso Schopenhauer lo lesse e ne fu influenzato.
Il sūtra è leggibile in versione italiana nel sito:
http://www.superzeko.net/dharma_di_aliberth_da_rivedere/sutra10.htm



 
Fonti consultate:

A. Cheng. Storia del pensiero cinese, vol. II, Ed. Einaudi
https://fr.wikipedia.org/wiki/Charles_de_Harlez
http://www.sino-platonic.org/complete/spp200_schopenhauer.pdf