mercoledì 16 ottobre 2013

Introduzione alla psicologia del buddhismo

I - Bhavachakra, la Ruota dell’Esistenza



Il bhavachakra (la “ruota dell’esistenza”) è una classica rappresentazione buddhista, in forma di immagine mandalica, del samsara, cioè dell’esistenza ciclica degli esseri senzienti, condizionata dall’ignoranza e quindi permeata di sofferenza e frustrazione a diversi livelli di intensità, a seconda del karma di ognuno. In altri termini, il bhavachakra è l’immagine del mondo del divenire, nel quale gli esseri sono immersi da un tempo senza inizio e nel quale costantemente ritornano, sotto diverse forme.

Nella tradizione induista, Bhava è una delle quattro manifestazioni pacifiche del dio vedico Rudra ("il Rosso"), signore delle tempeste e della pioggia, colui che assicura la fecondità dei campi, e che sarà poi assimilato a Shiva. Nel buddhismo, bhava è invece un termine tecnico che indica il divenire, il flusso incessante dei fenomeni.

Chakra è la ruota. La ruota del carro, uno dei simboli più diffusi nella cultura indiana, simbolo solare per eccellenza, principio del Tempo ciclico, presente anche al centro dell’attuale bandiera della Repubblica Indiana. Il chakra era anche un’arma usata nell’antica India: si trattava di un disco in acciaio, con i bordi affilati e un foro al centro, che veniva scagliata con forza e con micidiali effetti contro l’avversario. La si ritrova spesso nell’iconografia del dio Vishnu.

Secondo la tradizione, l’immagine del bhavachakra si ispira ad una visione di Maudgalyayana, un discepolo del Buddha noto proprio per le sue visioni. Essa è presente nella maggior parte dei monasteri buddhisti di tradizione tibetana (Tibet, Ladakh, Mongolia, Nepal, Bhutan) ed ha la funzione di richiamare alla mente la reale natura dell’esistenza. Infatti in genere è posta all’entrata dei templi, e rappresenta il passaggio del fedele attraverso l’esistenza nel samsara e l’ingresso nel cammino verso la liberazione. In alcune tradizioni buddhiste il bhavachakra è utilizzato anche come supporto visivo per la meditazione.

In alto a destra, all’esterno della ruota, compare l’immagine del Buddha, che indica con la mano destra la luna piena, per ricordare la notte di plenilunio durante la quale, nel maggio del 528 a.C. (data convenzionale), conseguì, dopo sei anni di ricerca interiore, la liberazione dall’esistenza ciclica. La luna piena è essa stessa simbolo del Risveglio del Buddha.

La ruota è invece saldamente tenuta tra i denti e gli artigli di Yama (il “Trattenitore”, nella tradizione hindu simbolo della morte e giudice dei defunti), o, secondo altre versioni, di Mara (la Morte, dalla radice sanscrita mri, morire), colui che aveva cercato di distogliere Siddhartha, colui che diverrà il Buddha, dalla sua ricerca, proponendogli ricchezze materiali e potere mondano.

Al centro della ruota, nel mozzo, si trovano tre animali, in qualche modo uniti tra loro: un maiale, simbolo dell’ignoranza; un gallo (l’avversione); un serpente (il desiderio). Sono i tre “veleni”, ovvero le forze che legano gli esseri all’esistenza ciclica. In particolare, origine di tutte le sofferenze è l’ignoranza (a-vidya, il non-vedere), la quale non ha il significato ordinario di incompetenza, di mancanza di istruzione. Qui, ignoranza è l’offuscamento mentale che impedisce all’uomo di comprendere la vera natura delle cose (e di se stesso), cioè la mancanza di esistenza intrinseca (la vacuità) di tutti i fenomeni, fisici e mentali.

Nel primo anello alcuni esseri salgono verso l’alto, altri scendono verso il basso: è la rappresentazione del karma, favorevole o sfavorevole, che, a causa delle scelte operate dagli esseri stessi durante le loro esistenze, li trascina verso rinascite positive o negative. Nell’esempio di bhavachakra riportato sotto, gli esseri rappresentati nel settore bianco (karma positivo) sono un uomo, un asura (titani) e un deva (divinità). Nel settore nero (karma negativo) si riconoscono un animale, uno “spirito famelico” e un essere infernale.

Il secondo anello è diviso in sei sezioni, nelle quali sono rappresentati i sei “regni” o “destini”, ovvero le sei condizioni principali dell’esistenza condizionata. Esse, si noti bene, non sono “luoghi” dello spazio, bensì sono il frutto della percezione degli esseri senzienti e quindi il prodotto del loro karma (cioè delle loro stesse azioni), che condiziona tale percezione. Si parla dunque di esseri che passano indefinitamente dall’uno all’altro dei sei “destini”. Tre di essi sono considerati favorevoli:

- la nascita umana, la più auspicabile, che viene detta “preziosa”, in quanto in essa c’è abbastanza sofferenza per suscitare il desiderio della liberazione, ma non troppa da impedire ogni tipo di riflessione o di scelta;

- gli asura (titani, o dèi gelosi), che vivono alla radice dell’albero che esaudisce tutti i desideri, del quale però, pur conducendo una vita gradevole, non gustano i frutti, in quanto le fronde si trovano nel regno superiore,

- il regno degli dèi (deva), suddivisi a loro volta in 27 gruppi. Tra essi, alcuni (dèi del regno del desiderio) possiedono un corpo, altri (regno della forma pura) hanno una forma corporea “sottile”, altri ancora (regno senza forma) sono pure coscienze. Tutti godono di vite lunghissime, ma non illimitate, e possono ricadere in “destini” inferiori una volta esaurito il karma che li aveva portati a rinascere nei regni divini.

Come si è visto, si ritrovano qui gli esseri descritti nel settore bianco del primo anello. Gli esseri del settore nero, che scendono verso il basso, si trovano invece negli altri tre “destini”, detti sfavorevoli o sfortunati, nei quali troppo grande è la sofferenza per permettere la riflessione sulla loro condizione e le conseguenti scelte per liberarsi (è ciò che avviene, per il motivo opposto, agli dèi e agli asura).

Uno dei destini sfavorevoli è il regno degli animali, i quali conducono una vita inquieta, presi tra la necessità di cibarsi e di riprodursi e la paura di essere uccisi da altri animali. O di essere maltrattati, sfruttati o uccisi dall’uomo, per nutrimento o per gioco.

La rinascita nel regno degli spiriti avidi o famelici (preta, in sanscrito) avviene a causa dell’avarizia e dell’avidità. Essi sono considerati meno ottusi (cioè incapaci di comprendere il Dharma) degli animali, ma le loro sofferenze sono superiori. Hanno grandi corpi sproporzionati, con enormi teste, ma braccia, gambe e collo sottili. Soffrono continuamente il caldo e il freddo, la fame e la sete; perfino la luce della luna li ustiona, oppure i raggi del sole li fanno rabbrividire per il freddo. Alcuni scorgono acqua e cibo, ma quando li raggiungono tali beni svaniscono. Altri trovano il cibo, ma esso non passa attraverso la bocca, sottile come uno spillo, o la gola, piena di nodi. Oppure il cibo inghiottito si trasforma in metallo rovente, o nella carne del loro stesso corpo, o in siero. 

Il sesto destino è quello degli inferni, causato essenzialmente da collera, odio, violenza. Gli inferni si suddividono in inferni caldi, inferni freddi, inferni periferici e inferni temporanei.

Negli inferni si sperimentano sofferenze di tipo diverso e di intensità crescente.

È detto in un testo che descrive gli inferni (si tratta di una raccolta di antichi insegnamenti del Lam Rim, il “sentiero graduale per l’illuminazione”, utilizzato dai praticanti del buddhismo tibetano): “Se ora non sopportiamo neppure la sofferenza della puntura di uno spillo o del calore della fiamma di una candela, come potremo sopportare le terribili esperienze che dovremo affrontare nei reami infernali?”. Quindi è necessario, qui ed ora, “fare tutto il possibile per rendere significativo il tempo che ci rimane da vivere (..) per evitare la rinascita nei reami inferiori”.

Afferma ancora il Lama Pabonka Rimpoce (1878-1941), autore del testo e maestro dei tutori dell’attuale Dalai Lama: “Anche noi abbiamo già compiuto un numero infinito di azioni che causano la rinascita in simili condizioni, e inoltre insistiamo tuttora a compierle. Per cui dovremmo riflettere ripetutamente sui vari tipi di sofferenze che dovremo sperimentare in questi luoghi”.

Scopo di queste meditazioni, non è evidentemente quello di terrorizzare il praticante, costringendolo con la paura ad assumere comportamenti “morali” o ad aderire ad una ideologia o ad una struttura di potere politico/religioso, quanto piuttosto di far comprendere che non si tratta di “vicende di terre lontane” o di “fatti che non ci riguardano personalmente”. Meditare sui sei regni, sull’interdipendenza, sui tre veleni ecc., significa imparare ad apprezzare pienamente il significato dell’essere nati in forma umana e conseguentemente dare una direzione alla propria vita, per non sprecare il (poco) tempo che si ha a disposizione. 

Nel terzo cerchio, il più esterno, sono raffigurati i dodici anelli (nidana) della produzione condizionata, i quali (partendo, come si fa tradizionalmente, dal primo in alto, e procedendo in senso orario) rappresentano: 

1) l’ignoranza (delle 4 Nobili Verità e della vera natura dell’esistenza)
2) le formazioni karmiche, le volizioni (l’impulso all’azione sotto la spinta del karma passato)
3) la coscienza (la conoscenza influenzata dai condizionamenti karmici)
4) il nome e la forma (l’ambito psichico e fisico necessario alla coscienza per una nuova esistenza)
5) le sorgenti dei sei sensi (vista, ecc. + intelletto)
6) il contatto (oggetto dei sensi + organo sensoriale + coscienza sensoriale)
7) la sensazione (la risposta al contatto: sensazione piacevole, spiacevole o indifferente)
8) la sete, il desiderio avido (la sensazione di mancanza che spinge a ripetere l’esperienza)
9) l’attaccamento (l’impadronirsi dell’oggetto desiderato)
10) il divenire, l’esistenza (l’attaccamento all’esistenza produce una nuova situazione di esistenza)
11) la nascita (o ri-nascita, condizionata dal karma precedente)
12) la vecchiaia-e-morte.

I dodici anelli della produzione condizionata (dvadasanga pratityasamutpada), oggetto di una analisi più approfondita nel corso dei successivi incontri, costituiscono una scientifica rappresentazione dell’insegnamento buddhista sull’interdipendenza. È la catena di causa-effetto che costituisce il meccanismo dell’esistenza. Ogni fenomeno è condizionato, e a sua volta condiziona l’originazione di nuovi fenomeni. I fenomeni non sono quindi opera di un Creatore, ma tutti derivano da cause e condizioni specifiche. “Poiché vi è questo, quello viene ad esistere”.

L’interdipendenza di causa-effetto ha cinque caratteristiche: 

1) i fenomeni sono impermanenti (il germoglio nasce solo dopo che il seme non c’è più)
2) i fenomeni sono ininterrotti (non c’è interruzione tra morte del seme e nascita del germoglio, come il movimento dei piatti della bilancia)
3) un anello non si trasforma nell’altro (seme e germoglio sono due fenomeni distinti)
4) una piccola causa può produrre un grande effetto (seme è albero)
5) causa ed effetto hanno una continuità seriale (seme di riso è germoglio di riso, non di grano).

Con il termine “produzione condizionata” (chiamata anche originazione dipendente, o in altri modi) viene quindi descritto lo stato di tutti i fenomeni dell’universo, il “come” delle cose (non il “perché”), ovvero la relazione di interconnessione di ogni cosa con tutte le altre. Come scrive il monaco zen Yushin Marassi, ogni fenomeno è causa ed effetto: C esiste a causa di A e B; B e C fanno sì che D esista, come E esiste in virtù di C e D… e V e Z fanno esistere A, che quindi esiste grazie a B, C, D….V, Z. Ed ognuno di essi esiste a causa di A, di B, di C… 
E tutto questo è ciò che ognuno di noi chiama “la mia vita”.

La produzione condizionata è talmente importante negli insegnamenti buddhisti, che il Buddha stesso disse: “Chi, o monaci, vede la produzione condizionata vede il Dharma, colui che vede il Dharma vede il Buddha”, il che significa vedere la realtà così come essa è, ovvero raggiungere il risveglio, la liberazione dalla sofferenza.

L’ignoranza (avidya) è il primo dei dodici anelli, costituisce cioè l’origine della sofferenza (il 12° anello, che è definito “vecchiaia e morte, dolore, pianto, sofferenza, angoscia e disperazione”). La liberazione consiste quindi nel contrario di a-vidya, ovvero nella saggezza (prajna, vidya), la comprensione, la completa conoscenza del mondo, l’origine del quale è la produzione condizionata.

La fine del mondo (cioè la fine della sofferenza) si raggiunge comprendendo il mondo e rendendosene indipendenti.

Il sapiente, dice il Buddha, “apprende la fine del mondo divenendo quieto e non spera in questo mondo o in un altro”. E comprendere il mondo significa comprendere la produzione condizionata.

Moltissimi sono i testi buddhisti, sutra e commentari, nei quali si trovano insegnamenti sulla produzione condizionata. Uno di questi è il Pratityasamutpadasutra, che qui si propone alla lettura e alla riflessione:

Una volta il Beato soggiornava presso Sravasti, nella selva del Vincitore, nel parco di Anathapindada, insieme a una grande schiera di monaci, con milleduecentocinquanta monaci. II Beato si rivolse così ai monaci: “Monaci, voglio mostrarvi il principio e la spiegazione dell'origine dipendente. Ascoltatemi, dunque e fate bene attenzione alle mie parole. Qual è il principio della origine dipendente? Il fatto che se c'è questo, c'è quello; apparendo quello, appare questo, ossia condizionate dall'ignoranza sorgono le formazioni karmiche (le volizioni); condizionata dalle formazioni karmiche sorge la coscienza; condizionati dalla coscienza sorgono nome e forma (mente e materia) ; condizionate da nome e forma sorgono le sei basi sensoriali; condizionato dalle sei basi sensoriali sorge il contatto; condizionato dal contatto sorge la sensazione; condizionata dalla sensazione sorge la brama; condizionato dalla brama sorge l'attaccamento; condizionato dall'attaccamento sorge il divenire; condizionato dal divenire sorge la nascita; condizionati dalla nascita sorgono l'invecchiamento, la morte, la tristezza, il lamento, il dolore fisico, la sofferenza mentale e l'angoscia.
Tale è il sorgere di tutta questa massa di sofferenza. Questo è il principio della origine dipendente. Qual è la spiegazione?
Condizionati dall'ignoranza sorgono le formazioni karmiche. Dunque, che cos'è l'ignoranza? Ignoranza del passato, ignoranza del futuro, ignoranza del passato e del futuro, ignoranza interiore, ignoranza esteriore, ignoranza interiore ed esteriore, ignoranza dell'azione volontaria (karma), ignoranza del suo frutto, ignoranza dell'azione volontaria e del suo frutto, ignoranza del Buddha, ignoranza del Dharma, ignoranza del Sangha (comunità), ignoranza della sofferenza, ignoranza dell'origine della sofferenza, ignoranza della cessazione della sofferenza, ignoranza del cammino che conduce alla cessazione della sofferenza, ignoranza della causa, ignoranza delle cose che si producono dalla causa, ignoranza delle cose salutari e non salutari, biasimevoli e non biasimevoli, da seguire e da non seguire, ignoranza delle cose che si producono a causa delle condizioni, basse o alte, bianche o nere, formate da varie parti, ignoranza delle sei basi sensoriali e del loro modo di operare. L'ignoranza è la non comprensione, la non visione, la tenebra, il non vedere la vera natura delle cose.
Condizionate dall'ignoranza sorgono le formazioni karmiche. Cosa sono le formazioni karmiche? Significa volere con il corpo, la voce e la mente.
Condizionata dalle formazioni karmiche sorge la coscienza. Che cos'è la coscienza? Vi sono sei tipi di coscienza cioè la coscienza visiva, la coscienza uditiva, la coscienza gustativa, la coscienza olfattiva, la coscienza corporea e la coscienza mentale.
Condizionati dalla coscienza sorgono nome e forma. Che cos'è il nome (mente)? I quattro aggregati privi di materia. Quali sono questi quattro? L'aggregato della sensazione, l'aggregato della percezione, l'aggregato delle formazioni mentali e l'aggregato della coscienza. Che cos'è la forma (materia)? Tutto quello che ha forma materiale e che è formato dai quattro grandi elementi. Insieme nome e forma costituiscono un unico essere.
Condizionate da nome e forma sorgono le sei basi sensoriali. Cosa sono le sei basi sensoriali? Le sei basi interne ovvero la sede interna dell'occhio, dell'orecchio, dell'odorato, del gusto, del corpo e della mente.
Condizionato dalle sei basi sensoriali sorge il contatto. Che cos'è il contatto? Vi sono sei tipi di contatto. Il contatto dell'occhio, dell'orecchio, del naso, della lingua, del corpo e della mente.
Condizionata dal contatto sorge la sensazione. Che cos'è la sensazione? Vi sono tre sensazioni, ossia piacevole, spiacevole e neutra.
Condizionata dalla sensazione sorge la brama. Che cos'è la brama? Vi sono tre brame, vale a dire la brama legata ai piaceri sensuali, la brama legata alle cose materiali e la brama legata alle cose immateriali.
Condizionato dalla brama sorge l'attaccamento. Che cos'è l'attaccamento? Vi sono quattro tipi di attaccamento vale a dire l'attaccamento ai piaceri sensuali, l'attaccamento alle false dottrine, l'attaccamento ai voti e costumi religiosi, l'attaccamento all'esistenza di un io.
Condizionato dall'attaccamento sorge il divenire. Che cos'è il divenire? Vi sono tre specie di divenire, vale a dire il divenire nella sfera dei piaceri sensuali, il divenire nella sfera della materia, il divenire nella sfera al di là della materia.
Condizionata dal divenire si produce la nascita. Che cos'è la nascita? La nascita di questo o quell'essere in questo o quel gruppo di esseri, il suo nascere, assumere un corpo, svilupparsi, manifestarsi, l'assumere gli aggregati, gli elementi, le sei basi sensoriali, lo svilupparsi delle sei basi sensoriali, la manifestazione degli organi vitali.
Condizionate dalla nascita sorgono l'invecchiamento e morte. Che cos'è l'invecchiamento? Calvizie, capelli grigi, fitte rughe, decrepitezza, l'incurvarsi, il coprirsi di macchie scure, l'essere affannati, l'essere piegati in avanti, l'appoggiarsi a un bastone, l'avere disturbi mentali, essere lenti mentalmente, calo, diminuzione e decadenza degli organi di senso: ecco cos'è l'invecchiamento. Che cos'è la morte? La morte di questo o di quell'essere in questo o quel gruppo di esseri, la sua scomparsa, il suo disfarsi, il venire meno della vita, la disgregazione degli aggregati, la morte. Uniti insieme invecchiamento e morte formano l'ultimo anello.
Questa è la spiegazione dell'origine dipendente. Questa è la risposta alla mia affermazione che vi avrei spiegato il principio e tutta la dottrina dell'origine dipendente”.
Così parlò il Beato e contenti i monaci lo riverirono.



Testi

Cornu Dizionario del Buddhismo Ed. Bruno Mondadori
Humphreys Dizionario buddhista Ed. Ubaldini
Shumann Immagini buddhiste Ed. Mediterranee
Pabonka Rimpoce La liberazione nel palmo della tua mano Ed. Chiara Luce
Falà Pratitya Samutpada Sutra in: Paramita n. 31
Marassi Il Buddhismo Mahayana attraverso i luoghi i tempi e le culture – Vol. I Ed. Marietti
Johansson La psicologia dinamica del buddhismo antico Ed. Ubaldini