martedì 24 marzo 2020

Il Dharma ai tempi del virus - 3 - Un punto di vista Taoista


A coloro che sono stanchi di ascoltare via etere espressioni in-significanti quali “questo maledetto virus”, “il malefico virus”, “dannato virus”… e via così, di sinonimo in sinonimo, a tutti costoro propongo una riflessione, apparentemente controcorrente, del Rev. Li Xuanzong (Vincenzo Di Ieso), Prefetto Generale della Chiesa Taoista d’Italia, leggibile nel sito https://www.daoitaly org



Grazie a Dio abbiamo il Coronavirus!

I virus NON SONO i “CATTIVI”.
Sono “ESSERI VIVENTI” dotati di intelligenza per cui sono capaci di adattamento in seguito a una analisi della situazione e sono anche “ESSERI SOCIALI” capaci di scambiare informazioni e coordinare un’azione comune di conquista territoriale.
Esattamente come facciamo noi esseri umani!
E come noi cercano di sopravvivere sviluppando strategie fanno il loro lavoro egregiamente.
Come noi essere umani essi hanno strategie di sopravvivenza ed è inevitabile che possano sorgere conflitti di “interesse territoriale” fra loro e noi.
Va premesso che un essere vivente non è buono o cattivo in sé e i vantaggi o gli svantaggi della sua azione dipendono da quale punto di vista si guardano i risultati.
È naturale che i virus facciano il lavoro egregiamente.
È naturale che essi cerchino e attuino una conquista territoriale e colonialista.
Così come è naturale che noi difendiamo il nostro territorio proteggendo i confini e cercando di impedire l’avanzata nemica.
Quando la penetrazione nemica è diventata occupazione, allora deve sorgere una “resistenza” la quale non si attua dispiegando divisioni di soldati, ma si fa casa per casa, persona contro persona. La dobbiamo fare noi, singolarmente.
Purtroppo questo è un punto della nostra debolezza: siamo abituati a demandare la protezione del Bene comune, così come dell’intero corpo sociale, alle Istituzioni.
Ci auto-deresponsabilizziamo verso la “cosa pubblica” dimenticando che la cosa pubblica sono io, è mia, di mia proprietà, sebbene condivisa con tutti.
La “cosa pubblica” è fatta di cose ma sopra ogni cosa di persone.
Per cui le persone della mia società mi appartengono. Sono mie.
Ma anche io sono la società.
Io e mio si dovrebbero fondere tanto da far svanire la distinzione dell’altro da me.
Proteggo me e in questo modo proteggo gli altri e viceversa.
Questa EPIDEMIA è una OPPORTUNITA’ per renderci più umani.
Rafforziamo i valori collettivi e familiari, sopiti ma mai dimenticati perché innati.
Certo non è facile.
Ci sono infinite inibizioni della nostra mente per farlo.
Ci sono le nostre abitudini egocentriche.
Eradicarle è quasi impossibile.
Ma possiamo mettere in atto alcune piccole dinamiche per superare queste barriere.
La prima azione da fare è trasformare le RINUNCE in OFFERTE.
Non moriamo se per qualche giorno non andiamo al bar, al ristorante o in discoteca.
Dedichiamo questo tempo anziché alle mille luci che abbagliano gli occhi e ottundono le menti, alla prossimità, alla famiglia, agli spazi sicuri della nostra casa.
C’è il giorno e la notte, l’inspirare e l’espirare, il dentro e il fuori.
L’armonia è data dall’alternanza degli opposti e ciascuno deve avere il suo tempo.
Adesso è il TEMPO del “dentro” dell’interiore.
Il Daode Jing dice che nessun temporale estivo dura per una intera mattinata.
Nessuna epidemia dura in eterno.
Passerà anche questa.
Il Tempo del suo passaggio, però, dipende da noi e dai nostri comportamenti.
Per questo invito alla rinuncia.
Rinunciare, part time, all’esterno e all’esteriore sarà un “DONO” che facciamo a noi stessi e agli altri.
Doniamo le rinunce e il tempo si accorcerà.
Prendiamoci cura di noi stessi attuando le ovvie misure igieniche e prevenzione ma pensando che non lo facciamo per noi ma per gli altri.
Infine, voglio farvi due inviti.
Il primo, almeno in questo TEMPO, eleviamo il nostro spirito verso assonanze divine e trascendenti.
Sto parlando della PREGHIERA intenzionata.
Lo so che non siamo più abituati a pregare, specialmente i giovani, e che questa mia richiesta potrà essere invisa a molti.
Ma a quei pochi dotati di sensibilità spirituale, invito a unirsi alle mie preghiere quotidiane per tutti quelli che sono stati invasi o sono più esposti al virus.
Sto pensando agli anziani con patologie serie, agli ammalati di cancro la cui lotta può diventare impari, agli operatori sanitari, i veri eroi in questa situazione, perché rischiano realmente la loro vita e quella dei loro figli per aiutare gli ammalati.
Il secondo, alzate lo sguardo dai vostri piedi, dal piccolo SPAZIO che occupate.
Rivolgetelo in avanti verso l’altro e in alto.
Guadiamoci l’un l’altro, non nel senso di guardare ma in quello di fare la guardia, proteggere.
Con l’aiuto divino e il nostro agire assennato e UMANO per l’UMANITA’.
Supereremo.
Insieme si può!
Rev. Li Xuanzong
Prefetto Generale
Chiesa Taoista d’Italia




sabato 21 marzo 2020

Il Dharma ai tempi del virus - 2 - Di che avere paura?


Dall’Antico Testamento, il Salmo 23 (22 secondo la numerazione greca):

 
1 Salmo. Di Davide.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.

2 Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.

3 Rinfranca l'anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.

4 Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

6 Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.






Il Dharma ai tempi del virus - 1 - Perché abbiamo paura del corona virus?



Dal sito della Fondazione per la Preservazione della Tradizione Mahayana (fpmt) un insegnamento di Robina Courtin, monaca buddhista.


Il corona virus è abbastanza brutto – Perché abbiamo anche la paura?
Sembra che non sia alcun luogo al mondo in questo preciso momento che non stia soffrendo per la presenza del corona virus e delle sue conseguenze.
E ciò porta molta paura ed ansia. Questo è naturale, certo – ma ciò non significa che bisogna dare la paura per scontata. Non dobbiamo cadere nella trappola che poiché la paura è naturale non la possiamo cambiare. Certo che lo possiamo!
Questo è il punto fondamentale che precisa il Buddha: questa è l’essenza dei suoi insegnamenti e della pratica. La nostra mente non è fatta di pietra. La possiamo cambiare. “Mente” qui non significa qualcosa come cervello. Questa non è l’abilità del Buddha. La sua conoscenza, la psicologia buddista, riguarda l’effettivo processo cognitivo soggettivo, la nostra miriade di pensieri, sentimenti ed emozioni. Se possiamo cambiare quello che è nella nostra mente, ovviamente per prima cosa dobbiamo diventare familiari con quello che c’è dentro.
Come sappiamo, secondo l’analisi buddista, i contenuti della nostra coscienza mentale – tutti i pensieri, i sentimenti e le emozioni – possono essere essenzialmente divisi in tre categorie.
Tutte quelle emozioni basate sull’io che conosciamo così bene: gli stati mentali nevrotici, illusi, disturbati come l’attaccamento, la rabbia, la gelosia, la bassa autostima, e tutto il resto, che ci limitano, ci tagliano fuori dagli altri, ci opprimono e ci portano alla sofferenza e infine a danneggiare gli altri.
Tutte le emozioni produttive, non basate sull’io, che pure conosciamo così bene: come l’amore, la gentilezza, la pazienza, il perdono, la fiducia in se stessi e tutto il resto, che ci aprono, che sono la fonte della nostra felicità, del nostro equilibrio e della nostra capacità di essere di beneficio agli altri
Mi riferisco al terzo gruppo come ai meccanismi della nostra mente: le parti di cui abbiamo bisogno per poter funzionare; sia che siate un assassino o un meditatore, avete bisogno di concentrazione, attenzione, intenzione, discriminazione, consapevolezza (che è essenzialmente memoria a breve termine. Come Lama Zopa Rinpoce dice, “I ladri hanno bisogno di consapevolezza!).
Quindi, dove si colloca la “paura” in tutto questo? Curiosamente, non ha una sua collocazione nella lista degli stati mentali nevrotici – semplicemente perché la paura è il sapore, la qualità, l’energia, la vera natura di tutti questi. Essi sono radicati nella paura! Sono le voci della principale illusione, del principale prodotto della fantasia, il primordiale afferrarsi ad un “io” separato, concreto, granitico.
Riguardo al corona virus le due principali illusioni in gioco sono l’attaccamento e l’avversione, più l’afferrarsi agli oggetti come permanenti, immutabili. L’attaccamento è la costante fame emozionale di avere solo cose piacevoli, solo le cose che “io” voglio. L’attaccamento ha un bisogno estremo che tutto sia bello, confortevole, non minaccioso. È lì tutto il tempo, puntellando ogni cosa, profondo nelle nostre ossa. E per di più, presuppone di meritare soltanto cose belle! Che arroganza! Il millisecondo che l’attaccamento non ottiene ciò che vuole – e certamente non vuole il corona virus o nulla a che fare con esso – sorge l’avversione, e in dipendenza dalla nostra personalità si può manifestare come rabbia, turbamento, irritazione, persino disperazione e depressione. Unito a questo c’è il presupposto che le cose belle non debbano cambiare, non cambieranno – come osano cambiare!
Semplicemente non possiamo sopportare il pensiero che siano turbate quelle cose belle, la nostra comfort-zone, così aggiungiamo un altro strato di sciocchezze, un’altra fantasia: crediamo, assumiamo che lo status quo sia permanente, immutabile. Tutto questo conduce, si riduce, include – la paura!
In altre parole, avendo queste nevrosi primordiali, al livello di presupposti – attaccamento, avversione, afferrarsi agli oggetti come immutabili – ci causiamo sofferenza: panico, ansia, paura. Questo è tutto. E la paura peggiora ogni cosa! È abbastanza brutto che le cose brutte accadano, perché avere anche paura? Ci fa fermare bruscamente. Non ci fa fare nulla, non possiamo funzionare, non vediamo oltre il nostro naso. Cosa fare? Cambiare i nostri presupposti, scavare profondamente, identificare le elaborate storie concettuali che rafforzano il nostro attaccamento e avversione e l’afferrarsi all’immutabilità, e abituarsi a discuterli, non credere in essi, non crederci.
Certamente è dura! Ma possiamo farcela. Possiamo essere coraggiosi.
L’aprirci alla realtà delle cose brutte, le cose che l’attaccamento non vuole, ci calma, ci stabilizza, ci rende più ragionevoli, più sensibili – meno paurosi. Quindi possiamo comprendere che siamo tutti sulla stessa barca e avremo compassione anche per gli altri. Un passo alla volta!

Robina Courtin

Da:
https://www.fpmt.it/2020/03/21/perche-abbiamo-paura-del-corona-virus/?fbclid=IwAR3HTHr7iopIQHXweF6rzhYGlLoFO5_hW4Ry45ACxWbiYSSqaLJ_aPOyQ4k