Lezione 3 – Il Libro dei Mutamenti: dalla Cina all’Occidente, dalla Tradizione alla Modernità
Si è accennato in precedenza alla figura di Fu Xi, il primo dei Tre Augusti, con quattro occhi e con coda di serpente, fratello-sposo di Nüwa. Egli fu colui che diede forma allo Yi Ching, il famoso testo il cui nome (che è possibile trovare romanizzato come I Ching, I Ching, I King) è traducibile con Libro dei Mutamenti o Libro delle Mutazioni.
Secondo René Guénon, e secondo il linguaggio del mito, è proprio con Fu Xi (che lo studioso francese romanizza con Fou-hi) e con la sua opera che inizia la storia del territorio oggi noto come Cina. A lui e allo Yi Ching si collega infatti l’insieme delle conoscenze che costituiscono l’essenza della Tradizione cinese e che saranno note in Occidente come Daoismo e Confucianesimo. Ma il nome di Fu Xi non è importante in quanto identificazione di una figura storica, bensì come designazione di un ruolo e di un intero periodo che si estende per diversi secoli.
È un po’ ciò che si può dire in Occidente relativamente alla figura di Omero, per quanto concerne la storia della letteratura: Omero non come nome di uno specifico autore (come Dante Alighieri o Giacomo Leopardi), ma come nome “plurale”, che designa un insieme di persone che idearono, narrarono verbalmente, raccolsero, trascrissero nel corso del tempo miti e storie che fornirono le basi di una civiltà.
Da notare poi che è del tutto possibile che “ciò che appare come un inizio sia stato in realtà soltanto il risveglio di una tradizione molto anteriore, la quale però dovette allora assumere una forma diversa per adattarsi a condizioni nuove” (Guénon). Infatti molto spesso i pensatori di quelle epoche già di per sé lontane nel tempo affermavano che gli insegnamenti che proponevano non erano nati con loro, ma provenivano da tempi ancora più remoti. E tali insegnamenti avevano probabilmente origini non umane, trascendenti: secondo alcuni, le conoscenze che Fu Xi riportò nel suo Yi Ching furono da lui viste inscritte sul dorso di un drago uscito da un fiume, un essere che riunisce in sé le potenze del Cielo e della Terra.
In ogni caso, è indubbia nel mito originario dello Yi Ching la presenza dell’elemento animale: infatti secondo un’altra narrazione l’Augusto Fu Xi avrebbe ideato il nucleo fondamentale del testo, costituito come vedremo da linee intere e spezzate, studiando le screpolature che si formano nel carapace della tartaruga quando questo viene posto nel fuoco con la funzione di consultazione oracolare, secondo una tipica pratica sciamanica della Cina antica.
Ed ancora: il carattere Yi, che fa parte del titolo dell’opera ed è solitamente tradotto con mutazioni, mutamenti, è la romanizzazione del pittogramma di una lucertola, o forse di un camaleonte, entrambe perfette immagini della continua trasformazione delle cose all’interno di una visione ciclica del tempo, caratteristica di ogni cultura tradizionale. Altri animali, dunque, ulteriore rimando alla tradizione sciamanica, che nel mondo della natura era pienamente integrata.
Lo Yi Ching rinvia pertanto ad epoche remote, proto-storiche, di cui costituisce un vero e proprio documento scritto, e di cui è forse impossibile, ma probabilmente inutile, cercare un autore identificabile. È certo il più antico testo scritto della tradizione cinese (nel 1143 a.C. l’imperatore Wen ne scrisse un commentario!), e non solo di quella. È riconosciuto essere uno dei testi più importanti dell’umanità intera. Costituisce l’autentica radice originaria delle tradizioni filosofiche cinesi successive. Nell’Introduzione alla sua traduzione in tedesco del 1923, il sinologo Richard Wilhelm scrisse infatti che nello Yi Ching “è contenuta l’elaborazione più matura della saggezza di millenni. E non desta dunque meraviglia se ambedue i rami della filosofia cinese, il Confucianesimo e il Taoismo, abbiano qui le loro radici comuni”. Ed anche il Buddhismo, che pure giunse in Cina diversi secoli dopo la sua nascita in India, condivise in buona parte la visione del mondo proposta dallo Yi Ching, contribuì ad arricchirla e a sua volta ne fu certamente influenzato.
Troviamo pertanto, forse inaspettatamente, nel contesto delle culture e delle pratiche sciamaniche (che molti definirebbero primitive) l’atto di nascita di tradizioni filosofiche millenarie, colte, raffinatissime, come d’altra parte accadde in India, o nel bacino mediterraneo, e altrove.
Come già detto lo Yi Ching è originariamente costituito da una raccolta di segni destinati all’uso oracolare, divinatorio. Segni che si evidenziavano – in maniera per nulla casuale, secondo la visione tradizionale – sul guscio di una tartaruga esposto al fuoco. Successivamente i segni verranno ricavati dalla manipolazione di steli di millefoglie (Achillea) o dal lancio di monete, cosa che tuttora avviene in diversi ambiti non solo della Cina con le più diverse finalità, ad esempio per “leggere il futuro”, in una sorta di “deriva” superstiziosa, oppure con un approccio di ordine spirituale, come una sorta di personale meditazione.
I
più antichi tra gli oracoli si limitavano probabilmente a dare risposte essenziali,
sì o no. E questo tipo di risposte sta alla base dello Yi Ching: una linea intera
per il sì, una linea spezzata per il
no. Ma non per questo lo Yi Ching è un
testo semplice, di facile consultazione: per rispondere ad esigenze di maggior
differenziazione, le due linee (poi chiamate yang e yin) si
raddoppiarono (originando quattro combinazioni), e poi si aggiunse un terzo
elemento, per cui nacquero otto segni.
Si tratta del processo, successivamente descritto nel libro fondamentale del Daoismo, il Dao De Ching, secondo cui dal Principio primordiale, Wu Ji, talvolta “rappresentato” da un semplice cerchio (lo enso del Buddhismo Zen giapponese), si manifesta il noto simbolo del T’ai Chi T’u (il simbolo del Principio Supremo) suddiviso nelle due polarità, Yang e Yin, che corrispondono ad una linea intera e ad una linea spezzata. Per raddoppiamento ne nascono le Quattro Immagini (associate alle stagioni) e, con l’aggiunta di una terza linea intera o spezzata, gli Otto Segni (otto trigrammi, Ba Gua), associati ad otto “elementi”. Questi non sono concepiti come “cose” definite, ma come energie, “stati” transitori di ciò che accade in cielo e in terra: così, l’interazione tra le energie rappresentate dagli otto trigrammi dà luogo all’intero mondo fenomenico, le Diecimila Cose: gli otto segni si moltiplicano nei 64 esagrammi (2 x 4 x 8), raccolti nell’opera, ognuno con un proprio nome (es. Kkienn, il Creativo, il Cielo; Mong, la Stoltezza Giovanile; Sung, la Lite; Ta Yu, il Grande Possesso…).
Mentre
i trigrammi rappresentano concetti, condizioni, cose, gli esagrammi composti da
due gruppi di tre linee introducono il
rapporto e l’interazione tra questi stessi concetti, condizioni e cose, nonché
le loro mutue e reciproche reazioni, simboleggiando l’interazione dell’intero
mondo manifesto nei suoi poteri di attrazione e repulsione.
Come si vede, l’idea fondamentale che sottostà all’I-Ching è quella del mutamento, della trasformazione vicendevole delle due forze fondamentali, yin e yang, l’una nell’altra.
Infatti, anche gli esagrammi non sono entità statiche, definitive. Ognuno di essi, attraverso la trasformazione di una linea in quella opposta, può mutarsi in un altro, ma in maniera non casuale né deterministica, bensì in base al valore numerico delle linee. Esso risulta, come accennato, dalla lettura delle linee mutevoli (da yin a yang o viceversa) sul guscio della tartaruga, o dall’uso degli steli o delle monete. Il tutto secondo il principio di analogia e corrispondenza delle Tradizioni sapienziali: con le parole di Ermes Trisméghistos, “quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius”. Il mutamento delle linee corrisponde al mutamento dei fenomeni del cosmo, nulla è per caso.
Ad esempio, l’esagramma Kkunn, il Ricettivo (che rappresenta la Terra, il tardo Autunno), attraverso il mutamento della linea inferiore, si trasforma nell’esagramma Fu, il Ritorno (il tuono, il moto che inizia nella terra dopo il solstizio invernale, il ritorno della luce):
Naturalmente lo Yi Ching non comprende solo l’elenco dei 64 esagrammi e dei loro nomi. Tutti sono accompagnati da una “sentenza”, una spiegazione, un’immagine e un commento particolareggiato per ciascuna linea. Altri commenti si sono aggiunti nel tempo, facendo sì che lo Yi Ching sia divenuto un vero e proprio testo “stratificato”, composto in momenti diversi, ma comunque tramandato come un’opera unica ormai da duemila anni.
Ogni esagramma è ricondotto ad una configurazione di stati di transizione nel cosmo, che simboleggiano tutto ciò che avviene nel Cielo ed in Terra. I testi che li accompagnano ricollegano i simboli a situazioni umane ed offrono consigli di massima e indicazioni sul modo di affrontarle.
Quindi, oltre che essere un testo di consultazione da parte di individui, collettività, funzionari di Stato, Imperatori, una fonte di oracoli e divinazioni, lo Yi Ching divenne anche e soprattutto un libro di saggezza, che ispirò profondamente coloro che lo studiarono e lo meditarono, a partire dalle due figure emblematiche delle tradizioni cinesi, Laozi e Confucio (Kong Fuzi), che compresero come “tutto fluisce e scorre come il fiume, senza arresto, giorno e notte” (Confucio), non guardando solo alle singole cose in trasformazione, bensì all’eterna immutabile legge del mutamento. Per il pensiero tradizionale il mutamento, come dice la storica Anne Cheng, “è inscritto nell’ordine naturale delle cose: un essere vivente non è mai definito o definitivo, ma contiene già in sé il principio della propria trasformazione”.
Lo Yi Ching costituisce dunque il risultato, e il punto di partenza, di una accurata osservazione della realtà, di uno studio di un mondo in costante mutamento. Però non si tratta di una trasformazione meccanica, di un casuale passaggio dal passato al futuro, bensì di una crescita ciclica di un universo di cui l’uomo è nello stesso tempo parte infinitesima ma anche centro, un essere che soggiace al decreto del Cielo ma che partecipa attivamente agli eventi. È una visione che avvicina, unisce, la tradizione cinese a quella occidentale espressa dal principio ermetico “come sopra così sotto”. Il Cielo e la Terra, e tra i due l’Uomo. Una congiunzione armonica delle polarità, alto e basso, maschile e femminile, luce e oscurità, giorno e notte, calore e freddo, forte e debole, secco e umido, yang e yin, linea intera e spezzata, Fu Xi e Nüwa. In perenne dinamico scambio e mutamento. Nel Cielo, nel gioco delle stelle e dei pianeti, nei cicli lunari e delle stagioni; sulla Terra, nella natura, nelle piante, nei fiumi e sui monti; nell’Uomo, nel corpo, negli organi, nella mente, nella famiglia, nello Stato.
Gli elementi mistici, spirituali, più “interiori” della visione dello Yi Ching contribuiranno maggiormente alla genesi e alla maturazione del pensiero daoista, quelli più “esterni”, più legati ai ruoli sociali, a questo mondo, confluiranno nel pensiero confuciano. La maggior parte degli studiosi vede una netta contrapposizione, una rivalità, tra le due scuole, ma si tratta in realtà di due rami della dottrina originaria, che operano in distinti campi: uno “essenzialmente rivolto alla metafisica pura – secondo le parole di Guénon – al quale si affiancano tutte le scienze tradizionali di portata propriamente speculativa”; l’altro “circoscritto all’ambito pratico e che si mantiene esclusivamente sul terreno delle applicazioni di ordine sociale”.
Oltre René Guénon, e prima di lui, un altro pensatore occidentale si interessò allo Yi Ching, il filosofo tedesco Gottfried Leibniz (1646 – 1716). Egli si avvicinò al testo grazie ai missionari gesuiti che si erano recati in Cina e ne riconobbe il valore e le potenzialità, ma lo studiò soltanto da un punto di vista logico-matematico, per nulla interessato ad una interpretazione spirituale, men che meno divinatoria. Intuì invece il possibile rapporto tra il sistema di calcolo binario e lo Yi Ching, osservando che la linea intera rappresenta l’unità, e la linea spezzata lo zero. Scrisse su questo un saggio, che fece conoscere l’antico testo Cinese agli Europei, ponendo così le basi per l’attuale utilizzo del sistema binario nella rappresentazione interna delle informazioni negli elaboratori elettronici. Secondo la visione razionalista ed eurocentrica di Leibniz, i Cinesi avevano perduto il significato dei trigrammi e delle linee di Fu Xi “forse da più di un millennio e hanno scritto dei commentari su di essi dove hanno cercato non so quali significati reconditi. C’è voluto che la vera spiegazione venisse loro dagli Europei”.