venerdì 27 ottobre 2023

INTRODUZIONE AL PENSIERO TRADIZIONALE CINESE - 2 - Le Origini della Tradizione - Lo Sciamanesimo in Cina e il Taoismo

Lezione 2 - Le Origini della Tradizione - Lo Sciamanesimo in Cina e il Taoismo

 Si è detto che secondo René Guénon la Tradizione ha origini sovrumane, in quanto dipende da un Principio di natura trascendente, ed è quindi unica, extra-temporale. Le forme tradizionali invece si diversificano e si trasformano, nascono e cessano secondo le leggi di necessità della storia umana, ed è di questo che ci si occuperà studiando l’evoluzione di tali forme nella storia della Cina, attraverso i linguaggi con i quali la Tradizione si manifesta: in particolare il linguaggio del mito e dei simboli.

 A questo proposito abbiamo già visto come l’Imperatore Giallo Huangdi e i suoi ministri salirono al cielo aggrappati alla barba di un drago (animale simbolico per eccellenza, in Cina e altrove), e citiamo quale altro esempio il mito secondo cui l’imperatore Shun, ultimo dei Cinque Imperatori, fu il primo uomo che riuscì a volare come un uccello, grazie agli insegnamenti ricevuti dalle figlie del suo predecessore Yao, Nü Ying e O Huang. Interessante è il fatto che l’arte del “volo magico”, espressione simbolica che indica gli stati estatici, sia stata insegnata ad un uomo dalle donne, nelle quali risiedeva evidentemente l’origine del potere magico. Indizio di un probabile matriarcato originario nell’antica Cina, e non solo.

 La figura del primo re della dinastia Xia (2070-1600 a.C.), Yu il Grande (Da Yu), a cui Shun, ultimo dei Cinque Imperatori, cedette il trono, è una figura storica nel senso comune del termine: con lui si passa dalle dinastie mitiche a quelle con le quali la storia della Cina si delinea con chiarezza. Ma la figura di Yu è ugualmente molto significativa proprio dal punto di vista del mito.

Yu, figlio del dio della Terra, rappresenta tuttora per la Cina un eroe nel senso proprio del termine, un essere al tempo umano e divino (si pensi ad Ercole, Achille, Sigfrido), a cavallo tra storia e mito, modello esemplare nel quale identificarsi; egli fu lo storico fondatore di una grande civiltà e l’incarnazione dei suoi valori fondamentali.

Yu riuscì in una impresa di assoluta importanza per l’intera civiltà cinese, laddove i suoi predecessori avevano fallito: dominò le acque che a causa del Diluvio Universale stavano salendo fino al Cielo; anziché cercare invano di fermarle con inutili dighe, lasciò che la natura operasse secondo le sue leggi, aprì la via al corso dei fiumi, ne scavò i letti, costruì canali per l’irrigazione dei terreni, aprì valichi tra i monti per permettere alle acque di superarli. I lavori durarono 13 anni, e per tutto il tempo Yu partecipò agli scavi insieme a 20mila operai. Fu coadiuvato da un dragone giallo e da una tartaruga nera, si lasciò possedere e guidare dagli spiriti degli animali, che conosceva ed imitava. Al suono dei tamburi si trasformava in orso (o in un fagiano o una tortora), danzava come un orso, camminava come un orso, e ne introiettava la forza e l’energia che utilizzava nel lavoro. Si noti, fatto significativo, che l’orso è simbolicamente legato all’elemento Terra, di cui Yu era il figlio.

 Al termine dell’opera, affaticato dal lavoro, indebolito e rinsecchito nel corpo, Yu fu colpito da una paralisi laterale, che lo costrinse a camminare zoppicando e saltellando. Il suo passo claudicante divenne il modello di una danza sciamanica, eseguita dai maestri taoisti, chiamata "Yu-bu" (il "passo di Yu"). Nonostante la zoppia attraversò il regno, lo riordinò suddividendolo in Nove Province e lo riportò in armonia. Giunse così a rappresentare per i Cinesi la personificazione dello spirito di sacrificio, un perfetto modello di Re santo ed universale, che diede origine ad una nuova era.

Nel Taoismo e nelle religioni popolari cinesi, Yu è considerato una divinità dell’acqua e il capo dei Cinque Re degli Immortali dell’Acqua, venerati in templi e santuari.


 Come si è visto, la vita del re Yu è ricca di episodi e di simboli che rinviano esplicitamente ad un fenomeno culturale, sociale, religioso, che ha attraversato in forme diverse la storia di tutti i popoli senza peraltro scomparire del tutto, lo sciamanesimo (etimologicamente, lo sciamano è “colui che conosce”. Il termine tunguso šamān nasce in Asia settentrionale, e nel Buddhismo designerà la figura del novizio).

 Le prove del legame esistente tra la vicenda del re Yu e il fenomeno dello sciamanesimo in Cina sono evidenti: il dominio da parte di Yu sull’elemento acqua (il Diluvio) e sugli esseri sovrumani (il drago, la tartaruga), le danze estatiche al suono dei tamburi, le metamorfosi e l’acquisizione dei poteri degli animali (l’orso, il fagiano), la zoppia (indice di un rapporto con il mondo ultraterreno), nonché l’attraversamento del Regno nonostante la menomazione fisica e la risoluzione dei problemi politico-amministrativi, il che può rimandare al “viaggio sciamanico”, finalizzato alla soluzione di questioni individuali o collettive.

Una particolare attenzione merita il passo di Yu (Yu-bu), tipico esempio di una vera e propria danza estatica che porta chi la esegue ad uno stato di trance. Il fatto che il passo sia legato alla zoppia del danzatore rinvia ad uno suo stretto legame con il mondo ultraterreno, ed infatti nello sciamanesimo di tutti i popoli le danze estatiche costituiscono uno dei procedimenti mediante i quali si acquistano poteri di controllo sugli uomini e sulla natura. Tale potere, e questo anticipa ciò di cui ampiamente si parlerà, è chiamato Tao sia nei testi della tradizione taoista sia in quelli confuciani.

 Questi elementi, con molti altri, sono appunto ciò che contraddistinguono il fenomeno dello sciamanesimo, o sciamanismo: stati estatici, visioni, acquisizione di “poteri”, discese nell’oltretomba e rapporti con i morti, ascensioni e voli magici, utilizzo di maschere e di strumenti musicali (tamburi), danze, sacrifici e offerte, uso di sostanze psicoattive, conoscenza e lavorazione di erbe e piante, azioni curative e guarigioni magiche…

Lo sciamano (uomo o donna che sia) all’interno della comunità di appartenenza è quindi mago, stregone, veggente, guaritore, psicopompo, sacerdote, vero e proprio “pontefice”, il costruttore dei ponti che mettono in contatto gli uomini con gli altri esseri di questo mondo e con gli abitanti dei mondi ultraterreni.

La figura del re Yu (come d’altra parte quella di Fu Xi e degli altri primi Re ed Imperatori) rientra quindi pienamente in questo schema (Yu e i suoi predecessori come sciamani) e ci permette di introdurre il tema delle origini del pensiero tradizionale in Cina senza necessariamente seguire il consueto approccio storico che vede un passaggio progressivo dalla cosiddetta “preistoria” alle fasi successive della civiltà umana, dal pensiero pre-logico (mitico) a quello logico-razionale (scientifico).

In tal modo si può abbandonare la visione (prettamente eurocentrica) che considera le civiltà e le culture dell’antichità come una sorta di “infanzia” dell’umanità mentre le società “moderne” (ovvero tecnologiche) ne costituirebbero la “maturità”, il punto di approdo di un progresso senza limiti. Secondo una concezione lineare del tempo e della storia che è nettamente distinta dalla concezione ciclica tipica delle culture tradizionali.  

 Si potrà dunque farsi guidare nello studio del pensiero tradizionale in Cina dai suggerimenti e dalle suggestioni del mito e dei simboli, andando al di là della mera successione cronologica dei filosofi, degli Imperatori, delle dinastie, delle guerre, delle conquiste e delle sconfitte.

 Lo storico delle religioni Mircea Eliade scrisse nel suo fondamentale testo Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi (1951) una sezione specificamente dedicata al legame tra lo Sciamanesimo e il Taoismo.

Nella Cina antica erano conosciuti, egli dice, vari tipi di maghi, streghe, medium, esorcisti ecc., ma in particolare esisteva, come si è visto sopra, un tipo specifico di mago, colui che è dedito alla ricerca dell’estasi, della esteriorizzazione della propria anima, della pratica del “viaggio”. Le leggende del Taoismo riportano innumerevoli storie di voli magici ed ascensioni, probabilmente esse hanno “elaborato e sistematizzato l’ideologia e le tecniche sciamaniche della Cina protostorica, per cui [i Taoisti] possono essere considerati come i successori dello sciamanismo” (Eliade).

In particolare, le storie dei primi Sovrani, degli Immortali taoisti, degli alchimisti, degli antichi maghi, parlano delle esperienze estatiche (i voli magici) più che di altri tipi di esperienze (ad es. le possessioni, gli esorcismi, la medianicità), il che conferma che la tradizione classica della spiritualità cinese, da sempre si può dire, guarda in primis al dominio spontaneo di sé e ad una perfetta integrazione con il Cosmo: Lin An saliva in cielo in pieno giorno, una sciamana cantava i suoi voli durante i quali allontanava le comete, Küh Yüan descriveva ascensioni lungo gli arcobaleni.

A partire dalla più remota antichità il mezzo classico per compiere i “viaggi in spirito”, ovvero raggiungere gli stati estatici, è la danza, accompagnata da canti e musiche, al suono di tamburi e flauti. Lo/a sciamano/a, indossato il costume rituale, mima il “viaggio” danzando, fino a che cade a terra senza forze. In quel momento si manifesta la presenza della divinità (shen), che può esprimersi attraverso la sua bocca.

Essi danzano in cerchio, ridono come spettri, parlano il linguaggio degli spiriti, e intorno a loro gli oggetti si sollevano in aria. 


  Il Taoismo, di cui si parlerà più estesamente in seguito, ha perciò assimilato un gran numero di arcaiche tecniche dell’estasi (come pure fecero lo Yoga indiano e il Buddhismo in tutti i luoghi in cui si diffuse, a partire dall’India e dal Tibet fino al Sud Est asiatico e al Giappone). Nei primi secoli che precedettero la nostra èra, il wu, lo sciamano, rappresentava il vero officiante del sacro in Cina, l’intermediario tra l’uomo e la divinità. E, da notare, la percentuale delle donne wu era schiacciante, anzi il termine wu in origine indicava solo la donna che dava voce allo shen. Il che indica che lo sciamanesimo wu era un fenomeno magico-religioso dominato dalla donna (di nuovo la fondata ipotesi di una primordiale società matriarcale).

 Si è visto che un elemento centrale nelle forme tradizionali è la trasmissione iniziatica da bocca a orecchio, da maestro a discepolo, che forma una catena ininterrotta nel tempo che garantisce la stessa autenticità della Tradizione. È ciò che avviene nello sciamanesimo, nel quale la trasmissione avviene in varie forme, storicamente diversificatesi. In un esempio, dopo una prima istruzione impartita dal padre, l’aspirante segue dei “corsi” presso altri istruttori, quindi ottiene il titolo di sacerdote al termine di una cerimonia pubblica, salendo a piedi nudi su una scala di dodici lame fino a raggiungere una piattaforma, da cui deve scendere nello stesso modo.

 Per concludere, un ultimo richiamo ad un tema già toccato: il legame tra lo sciamanesimo e gli animali. Si è visto ad esempio che Yu vestiva le pelli dell’orso e danzava come l’orso stesso; spesso il volo magico veniva eseguito utilizzando piume di uccello, tipico simbolo sciamanico. Ma se la presenza degli animali nello sciamanesimo è attestata pressoché in ogni luogo, in Cina il rapporto con essi è tipicamente di ordine cosmologico ed iniziatico: l’animale rappresenta la Notte, o la Terra, oppure l’antenato mitico, colui che conferisce l’iniziazione. Non si parla quindi di un “totemismo” cinese, il legame con l’animale non è (soltanto) di tipo magico, ad esempio per garantire un esito fortunato alla caccia; il rapporto dello sciamano con la bestia è piuttosto di ordine spirituale, mistico, dice Eliade. Lo sciamano vestendo la pelle animale giunge ad una “uscita da se stesso”, all’esperienza estatica. Non è una forma di regressione alla vita dell’animale, in quanto l’animale è già a questo punto portatore di simboli, un Animale mitico, un Animale cosmico. Lo sciamano si proietta quindi al di sopra di ste stesso, realizzando una forma di comunione con la vita cosmica.

Ecco qui, in tutta evidenza, il legame di contiguità e continuità tra lo sciamanesimo e il Taoismo, scuola di pensiero che si manifesta quale autentica Via tradizionale per l’evoluzione spirituale dell’uomo, e che nelle sue innumerevoli pratiche ha assimilato i movimenti, i passi, il respiro di molti animali (orso, cervo, scimmia, drago…), non come modelli da imitare banalmente, ma quali portatori di simboli, veicoli potenti di un viaggio verso l’integrazione con l’Universo.

Leggiamo Eliade:

Basta ricordarsi della parte di modello esemplare che certi animali hanno nelle tecniche mistiche taoiste per renderci conto della ricchezza spirituale dell’esperienza sciamanica ancora adombrata dal ricordo degli antichi Cinesi. Dimenticando i limiti e le false misure umane, nell’imitare congruamente i modi degli animali e i loro passi, il loro respiro, le loro grida ecc. si ritrovava una nuova dimensione della vita: si trovava la spontaneità, la libertà, la “simpatia” con tutti i ritmi cosmici, epperò la beatitudine e l’immortalità”.


 

 

INTRODUZIONE AL PENSIERO TRADIZIONALE CINESE - 1 - Il Pensiero Tradizionale - I Tre Augusti e i Cinque Imperatori

 Lezione 1_A – Il Pensiero Tradizionale

 Si parlerà qui del pensiero Tradizionale (della Cina), operando quindi una distinzione tra pensiero Tradizionale e pensiero non-tradizionale.

Distinguendo tra ciò che è Tradizione e ciò che non lo è.

Ma, che cos’è la Tradizione?

Si legge nell’Enciclopedia Treccani:

Tradizione, dal latino traditio, propriamente “consegna, trasmissione”, derivato di tradĕre, “consegnare”.

Nel significato etimologico è una voce dell’uso giuridico, indicante la consegna di una cosa mobile o immobile, che ha per effetto il trasferimento del possesso della cosa.

Nell’uso comune il termine tradizione indica la trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memorie, notizie, testimonianze, usanze. Le tradizioni sarebbero allora quegli aspetti della cultura di una collettività umana che vengono tramandati dalle generazioni precedenti e che vengo a loro volta trasmesse a quelle future. Abitudini alimentari, forme di abbigliamento, elementi della cultura, delle arti, del linguaggio, riti e credenze religiose, festività, gesti, strutture sociali, istituzioni politiche, modalità delle relazioni umane, stili di vita tipici di una società…

 In questo senso, potrebbero legittimamente essere definite tradizioni religiose, o filosofiche, o scientifiche ecc. tutte le forme storicamente determinatesi nelle società umane di religioni, filosofie, scienze, ecc.

Ad esempio, per quanto concerne la filosofia in Europa si dovrebbero definire come tradizioni filosofiche praticamente tutte le scuole esistite o esistenti nella storia dei popoli europei, di Agostino come di Platone, di Democrito come di Hegel, di Kant come di Marx, di Heidegger come di Vico, e così via, fino, per citare la sola Italia, a Benedetto Croce, ad Antonio Gramsci, al “pensiero debole” di Gianni Vattimo.

Tutte figure che appartengono senza dubbio alla storia della filosofia, ma non per questo ad una filosofia Tradizionale.

Non è necessariamente Tradizionale ciò che è più o meno antico, più o meno sopravvissuto al trascorrere del tempo, più o meno noto, più o meno à la page.

 Uso qui invece il termine Tradizione nel senso rigoroso e ristretto in cui ne parla uno dei suoi massimi interpreti, il francese René Guénon (1886 Blois – 1951 Il Cairo).

Per Guénon la Tradizione è per essenza di origine “sovrumana”. L’elemento sovrumano, l’origine sovrumana, è fondamentale, è ciò che determina il carattere proprio ed autentico della Tradizione. Ciò che è Tradizione dipende da un Principio di natura trascendente, un Principio unico, universale, extra-temporale, al di là della storia, a partire dal quale le forme tradizionali si sono diversificate secondo le inevitabili necessità storiche, ma rimanendo ad esso indissolubilmente collegate. Tali forme tradizionali sono ereditate da una successione ininterrotta, una catena di trasmissione da uomo a uomo, da Maestro a discepolo, che garantisce la permanenza dell’elemento originario, trascendente, in ogni Tradizione particolare. La Tradizione si esprime quindi in modalità diverse, che senz’altro rispondono alle necessità del tempo e dell’ambiente a cui si sono via via adattate, sempre permanendo presente però il collegamento con quella fonte trascendente che ne testimonia l’autenticità.

Se tale collegamento, la trasmissione, si spezza, non è più possibile parlare di forme tradizionali. A maggior ragione, se l’origine di una forma non ha alcun legame con il Principio trascendente, è ugualmente impossibile parlare di forma tradizionale.

E se la Tradizione è per sua natura imperitura, non così sono le forme tradizionali, le quali hanno un’origine e hanno pertanto uno sviluppo ed una cessazione.

 Nel campo del pensiero umano, ciò che qui interessa, il campo della Conoscenza, della spiritualità, si parlerà allora di Tradizione relativamente alle dottrine Metafisiche, che per definizione sono “oltre la fisica”, si interessano a ciò che è al di là del mondo materiale, al mondo sovra-naturale, alla Conoscenza del Principio. E non al campo dei fenomeni, della manifestazione, della natura.

Si parla dunque di metafisica greca o indiana, di metafisica antica o medioevale, aristotelica o moderna, orientale o occidentale ecc. In realtà si dovrebbe dire Metafisica senza alcun attributo, poiché per sua essenza essa è al di là di ogni forma e di ogni contingenza. Ad essere antiche o moderne, orientali o occidentali, sono le sue forme esteriori.

Quindi se si parla di Metafisica Orientale o Occidentale, cinese o greca ecc., è per ovvie esigenze espositive.

 L’Occidente è oggi privo di metafisica, l’ha abbandonata e/o dimenticata, è privo di ogni carattere tradizionale, ad eccezione forse del suo elemento religioso, il quale è il solo ad averlo in parte conservato.

In una conferenza del 1925, Guénon affermava infatti che per parlare di Metafisica si doveva guardare all’Oriente, in particolare all'India, dove sarebbe stata ancora presente una Tradizione dall'essenza puramente metafisica. E si doveva altresì guardare in parte alla Cina o a certi settori del mondo islamico. Anche se qui tali dottrine sarebbero ormai state riservate ad una élite, sempre più ristretta.

Ancora nel 1927 Guénon scriveva che “uno dei caratteri particolari del mondo moderno è costituito dalla scissione che si nota tra l’Oriente nei suoi aspetti ancora tradizionali e l’Occidente”.

Molto spesso si è contrapposto, in maniera estremamente superficiale, un Occidente “materialista”, dominato dai valori del materialismo, della tecnologia, del profitto, del potere, ad un Oriente “spirituale”, nel quale ove più ove meno, sarebbero prevalenti la spiritualità, l’interiorità, l’integrità della persona e dell’ambiente naturale, la ricerca della qualità e non della quantità, in tutti gli aspetti della vita. Di qui il grande successo, nei decenni scorsi, dello Yoga, del Buddhismo, delle dottrine New Age, di un vero e proprio supermarket dello spirito, il tutto filtrato, guarda caso, proprio da quel mondo nordamericano che già era il massimo esponente dell’occidente materialista ed edonista.

Ben più corretto è parlare di opposizione tra Tradizione e Modernità, tra civiltà che conservano ancora l’impronta dello spirito tradizionale e civiltà antitradizionali. Secondo il Guénon del 1927 tale opposizione corrispondeva ancora in qualche modo ad una realtà storico-geografica (Oriente vs Occidente). Ma oggi tale realtà esiste ancora? Forse, in alcuni isolati luoghi o gruppi umani dell’India, del Sud Est asiatico, del Giappone o dell’Oriente islamico (aśrama, monasteri, piccole comunità, scuole).

Quanto all’Occidente, non pare il caso di approfondire il discorso.

 Da quanto sopra, si evince il motivo del titolo del corso, nel quale si parlerà delle sole scuole di pensiero della Cina che possono essere definite come Tradizionali: Taoismo, Confucianesimo, Buddhismo. In quanto sono autenticamente legate ad una Tradizione originaria dalla quale sono scaturite, pur nelle loro diversità formali storicamente determinatesi. Nonostante l’evoluzione che hanno subito nel tempo e nello spazio, per il tramite di una successione ininterrotta esse hanno infatti mantenuto i caratteri che ne fanno delle autentiche scuole tradizionali.

 

Lezione 1_B – La Storia_ I Tre Augusti e i Cinque Imperatori

 La concezione della Storia nella Cina classica può apparire singolare agli occhi degli Occidentali, ma in realtà è strettamente legata alla visione Tradizionale. Ciò che conta per lo storico non è ricostruire il passato nell’ambito della conoscenza concettuale; suo obiettivo è invece ripristinare con la sua opera l’ordine armonioso dell’universo nell’ambito dell’azione, dei comportamenti morali, familiari, sociali, politici.

È ciò che fece il massimo esponente della storiografia cinese, Sima Qian, vissuto nel II sec. a.C., che ricoprì la carica di storico di corte e di astrologo presso l’Imperatore Wu Di (dinastia Han). Nella sua opera maggiore, lo Shiji (“Memorie storiche”), Sima Qian giustifica l’ordine sociale e la successione delle dinastie in funzione della virtù dei loro sovrani, archetipi che rappresentano sia il bene sia il male. Le case reali sono provviste di antenati mitici, eroi sovrumani. Alle loro origini, le origini della storia e dell’umanità stessa, egli pone cinque Re, che rappresentano un’Età dell’Oro che deve essere rigenerata in ciascun Regno.


 Nello scrivere lo Shiji, Sima ha introdotto un nuovo stile di presentazione della storia in una serie di biografie. Il suo lavoro si sviluppa in 130 capitoli - non in successione storica, ma divisi in soggetti particolari, che includono gli annali, le cronache e i trattati - sulla musica, cerimonie, calendari, religione, economia, e biografie esterne.

Sima ha anche sottolineato, per la prima volta nella storia della Cina, il ruolo dei singoli uomini nell'influenzare lo sviluppo storico della Cina. Inoltre ha anche proposto la sua interpretazione della storia secondo cui una nazione non può sfuggire al destino dei cicli storici di sviluppo e declino.

 Tre sono le figure che assumono un ruolo privilegiato nei miti fondativi della monarchia cinese: sono i Tre Augusti, o Tre Sovrani (San Huang), conosciuti con nomi diversi a seconda delle varie versioni del mito (si ricordi che i simboli e i miti costituiscono la forma espressiva privilegiata della Tradizione).

Si tratta di Tianhuang, il Sovrano Celeste, che regnò per 18mila anni, Dihuang, il Sovrano Terreno (11mila anni), e Taihuang, il Sovrano Umano (45.600 anni).

Il primo è più conosciuto come Fu Xi, ed è descritto come un essere dotato di quattro occhi e coda di serpente. A lui è attribuita l’invenzione della metallurgia, della scrittura, del calendario. È l’artefice quindi della civiltà, l’ideatore di attività quali la caccia, la pesca, l’allevamento.

E soprattutto è colui che diede forma al famoso “Libro delle Mutazioni”, lo Yi Jing, individuando gli Otto Trigrammi (Bagua), manifestazioni grafiche delle forze naturali che operano in ogni aspetto dell’universo e che costituiscono le chiavi delle sue trasformazioni. Lo fece mediante l’osservazione e la conoscenza diretta e profonda delle figure in alto, nel cielo, e delle forme che sono in basso sulla terra, delle costellazioni e degli animali e delle singoli parti del proprio corpo. In tal modo poté classificare tutti gli esseri e governarli senza pericoli. Tra l’altro, divenne così l’inventore dei diversi metodi di governo della società.

Il secondo dei Tre Augusti è una figura femminile, Nüwa, sorella-sposa di Fu Xi, con cui forma una coppia ierogamica, una unione sacra di divinità cosmiche, simbolo dell’unione di Yin e Yang. Nüwa è colei che ricompose l’Universo a seguito di estreme catastrofi: il rovesciamento dei Poli, il Cielo che non ricopriva più tutto il mondo, il Fuoco che divorava tutto senza mai estinguersi, le Acque che inondavano tutto, le bestie che divoravano gli esseri... Nüwa ricostruì l’universo, riportò armonia tra gli elementi, riarmonizzò lo Yin e lo Yang, impastò dell’argilla per plasmare gli esseri umani.

Nell’iconografia classica cinese Fu Xi e Nüwa sono raffigurati rispettivamente con una squadra, che genera il quadrato, la Terra, il Femminile, lo Yin; e con un compasso, da cui origina il cerchio, il Cielo, il Maschile, lo Yang.

Squadra e compasso sono anche considerati come simboli delle regole del matrimonio, che è governato da costumi giusti e buoni introdotti dai due coniugi celesti.

Il Terzo Augusto è Shennong, il Divino Coltivatore, con corpo umano e testa di bue, inventore dell’aratro e della zappa, creatore delle tecniche di coltivazione e di erboristeria, che insegnò agli uomini. Alla fine del suo regno, indebolito, fu attaccato da uno dei suoi vassalli, Chiyou, dal capo cornuto e dal corpo di serpente, che venne definitivamente sconfitto solo da colui che divenne il primo dei Cinque Imperatori, Huangdi.

 Dei Cinque Imperatori, le mitiche figure dei re-saggi, moralmente perfetti che succedettero ai Tre Augusti, Huangdi, l’Imperatore Giallo, è il più noto e venerato: egli inventò i riti, la musica e il calendario. È all’origine del canto, delle imbarcazioni, della fabbricazione dei vasi e dei carri. La sua forma era completamente umana, e il suo colore, il giallo, lo collega all’elemento Terra. È anche legato al Cielo, in quanto spirito dell’Orsa Maggiore, ed è infatti patrono dell’astrologia e delle pratiche esoteriche dell’alchimia taoista. È considerato l’autore del primo e fondamentale testo della Medicina Tradizionale Cinese, lo Huangdi neijing, “Il Classico dell’interno dell’Imperatore Giallo”, base di tutta la ricerca medica ispirata alle dottrine taoiste sull’immortalità.

Verso il termine del suo regno, Huangdi raccolse il rame del monte Zhou e fabbricò un vaso. Quando il lavoro fu completato, un drago scese dal cielo e portò con sé l’Imperatore, seguito dai suoi ministri e funzionari che si aggrapparono alla barba del drago e si elevarono con lui al Cielo.

I Cinque Imperatori (Wudi), Huangdi, Zhuanhxu, Ku, Yao e Shun, vengono celebrati per le loro virtù, sono all’origine di arti e riti. A partire dal secondo essi iniziarono a fregiarsi del titolo religioso “Di”, Imperatore divino.

In particolare Shun, genero di Yao, rese sacrifici e cominciò a percorrere tutto il regno: così facendo stabilizzò il tempo e lo spazio, divenendo il perno tra Cielo, Terra e Uomo, ricoprendo perciò quel ruolo che diverrà assolutamente fondamentale per tutti gli imperatori della Cina.

Shun cedette infine il trono a Yu il Grande, primo re della prima dinastia “storica” della Cina, la Dinastia Xia (2100 – 1660 a.C.).