venerdì 21 agosto 2015

Independence Day a Bodhgaya

Lo scorso 15 agosto l’India ha festeggiato l’Independence Day, in ricordo del giorno (di gioia ma anche di lutto, come lo definì Gandhi) in cui, nel 1947, l’Union Jack fu ammainata in tutto il territorio indiano e sostituita dal vessillo del nuovo Stato indipendente.


Nelle foto che qui pubblichiamo possiamo vedere come i bambini della scuola dell’associazione Sakya Sujata Children Welfare Trust hanno partecipato ai festeggiamenti per l’Independence Day di quest’anno. Una partecipazione forse ingenua e un poco retorica, specialmente per i nostri occhi ormai offuscati da decenni di ideologie che ci fanno vedere lo Stato come un nemico o come una entità esterna, anziché come una comunità solidale della quale possiamo far parte in maniera consapevole e responsabile, chiedendoci magari cosa possiamo fare per essa, anziché cosa ne possiamo ricavare.


L’associazione svolge la sua attività a Bakrour, un villaggio nei pressi di Bodhgaya, la località del Bihar (uno degli Stati più poveri di tutta l’India) nota per essere il luogo nel quale il Buddha Shakyamuni raggiunse il Risveglio, 2500 anni or sono.
Il nome Sujata ricorda quello di una fanciulla vissuta in quei luoghi al tempo del Buddha. La madre la inviò un giorno a offrire cibi e bevande alle divinità della foresta. Durante il cammino ella incontrò proprio Siddhartha, svenuto in mezzo alla strada a causa delle privazioni cui si era sottoposto cercando di giungere all’Illuminazione mediante la via estrema di un rigido ascetismo. Mossa da compassione si inginocchiò, gli introdusse una ciotola di latte tra le labbra e lo nutrì.
In sua memoria (Sujata si dedicò poi alla stessa ricerca spirituale del Buddha) venne eretto lo stupa i cui resti sono visibili nelle foto, alle spalle dei bambini.
L’attività dell’associazione si rivolge ai bambini del Bihar, dedicando la propria opera alla loro educazione scolastica. Nella scuola studiano 120 bambini, tra i quali molti sono orfani o portatori di disabilità.


Sullo sfondo lo stupa di Sujata

I festeggiamenti per il giorno dell'Indipendenza





Inviare un aiuto alla piccola scuola di Bodhgaya può essere un’occasione unica per praticare la perfezione del dono, della generosità, la prima delle sei paramita, le perfezioni della Via del Buddha, la quale da sola può includere tutte le altre, fino alla suprema saggezza.

Lezione di massaggio, durante una visita alla scuola nel 2012



Per informazioni e donazioni:

http://sakyasujatachildren.org/about/home/

Da leggere sull'Independence Day:

Lapierre - Collins, Stanotte la libertà, Ed. Mondadori






sabato 15 agosto 2015

Porto Vado: non solo bianco e nero



E' in corso, nella frazione Porto di Vado Ligure, l'esposizione delle opere del pittore A.W. Cicerone, di Ornella Scarrone, di Maria Grazia Bianco, dei lavori artigianali di Concetta Icario e di molte vecchie foto appartenenti alla collezione privata di Giancarlo Esposito.
La mostra, inaugurata nella giornata di ieri, 14 agosto, si tiene all'interno dello Studio Cicerone in Porto Vado e resterà aperta dalla 16 alle 18 fino al 31agosto.


Lo studio di A.W. Cicerone


Alcuni lavori di A.W. Cicerone




Opere di O. Scarrone



Due lavori di M.G. Bianco



L'artigianato di C. Icario



La collezione fotografica di G. Esposito












martedì 11 agosto 2015

Taiji e meditazione


Un breve brano sulla pratica della meditazione seduta secondo i principi del Taoismo, tratto
dal volume di Da Liu: Tai Chi Chuan e meditazione, pubblicato da Ubaldini Editore nel 1988.



Il metodo tradizionale di meditazione, così come viene menzionato negli antichi classici taoisti, viene praticato in posizione seduta. Non richiede alcun movimento particolare del corpo, come avviene invece nel metodo di meditazione in piedi [..]. La circolazione del ch'i, che il movimento degli arti tende a favorire, viene ottenuta solo attraverso la tecnica di respirazione e di concen­trazione mentale. Sebbene questo metodo sia più difficile per il neofi­ta, risulterà invece più conveniente durante gli stadi avanzati della pratica.


La concentrazione mentale necessaria nella meditazione è assai sotti­le. I classici taoisti sostengono che non la si può raggiungere focaliz­zando l'attenzione su un qualche oggetto ben definito o su un conte­sto specifico: si dovrebbe dimenticare ogni cosa, non pensare a nien­te. Ma, per quanto ciò nasconda una profonda verità, occorre stare attenti a non interpretare erroneamente il concetto. Chiunque abbia provato, saprà quanto sia difficile vuotare la coscienza da tutti i pen­sieri. Anche quando si è ottenuto uno stato mentale molto calmo, ci si accorgerà che molti pensieri vaganti e distrazioni tentano in ogni modo di introdursi, e che è piuttosto difficile liberarsene senza intro­durre altri pensieri, poiché anche l'idea stessa di astenersi dal pensare è di per sé un pensiero.
L'argomento è stato affrontato anche nella letteratura filosofica oc­cidentale, e qualche scrittore ha sostenuto che è impossibile svuotare la mente di tutti i pensieri. A ogni modo, è importante capire che la meditazione taoista non richiede niente di tutto questo. La condi­zione di vuoto e di totale oblio descritta nei classici si riferisce all'ul­timo livello e al fine supremo della pratica meditativa, alla realizzazio­ne di quello stato denominato Grande Quiescenza. Per il principiante è un errore tentare di lottare contro le distrazioni o di cacciare via i pensieri. E piuttosto meglio concentrarsi sui processi che accadono durante la meditazione, vale a dire sul lento e ritmico andirivieni del respiro e sul flusso di energia attraverso i canali psichici. Focalizzare l'attenzione su queste cose produce l'effetto di acquietare la mente e fornisce, al meditante, la possibilità di dimenticare, almeno tempora­neamente, tutti gli affanni, le preoccupazioni e i pensieri della norma­le vita quotidiana. Fin dai primi stadi della pratica meditativa, è quindi possibile percepire un certo grado di tranquillità e di vuoto. I livelli più avanzati richiedono invece una pratica giornaliera per un lungo periodo di tempo, perché non li si può realizzare a volontà forzando­ne il raggiungimento.




martedì 4 agosto 2015

Guardare, a Porto Vado

"L'umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo". Lo ha scritto nel XIX secolo Fëdor Michajlovič Dostoevskij.
E' certo possibile, anche comprensibile, non condividere queste parole - ma chi non le condivide probabilmente non conosce la bellezza.

Invece alcuni, nuotando contro la corrente dei materialismi di ieri e di oggi, le traducono in realtà, praticano la bellezza e la mettono a disposizione degli altri. Gratuitamente, nel senso profondo, religioso, della parola.
E allora si realizzano autenticamente le parole, ancora di Dostoevskij, secondo cui la bellezza salverà il mondo, non perchè essa possa annichilire o far dimenticare il brutto, l'orrido, e la sofferenza che esso arreca al mondo stesso, ma perchè la bellezza ci può portare oltre, fino alle soglie della natura profonda del qui ed ora, può aprire spiragli su una realtà ben più vasta - e concreta - dell'universo visto attraverso lo spioncino del nostro piccolo ego.

Un angolo di Porto Vado
Anche qui, a Porto Vado, grazie a quei piccoli grandi cittadini che non si limitano a dire dei "no" ad ogni soffio del vento del cambiamento, ma agiscono positivamente, nella concretezza delle piccole cose, senza la pretesa di salvare il mondo.
Un'opera di A.W. Cicerone





Lo studio di A.W. Cicerone a Porto Vado