mercoledì 6 novembre 2013

La Via del Suiseki, la pietra in acqua

A tutti è nota l’arte orientale del bonsai, cioè della coltura di alberi “in miniatura”. Forse meno conosciuta è invece l’arte del Suiseki, ovvero della ricerca, della presentazione e della contemplazione di pietre modellate dagli eventi naturali, l’acqua, il vento. Una vera e propria Via spirituale, il "Suiseki do".



Qui di seguito, si propone un breve testo sul suiseki scritto da Luciana Queirolo, genovese, profonda conoscitrice e praticante di quest'arte. è interessante osservare, come dice Queirlo nel testo, che la Liguria è una delle regioni nelle quali si possono reperire pietre altrettanto significative di quelle cinesi e giapponesi.

Nelle fotografie si possono invece ammirare dei bellissimi esempi di suiseki esposti nello stand curato da Sergio Biagi (che qui ringrazio) nel padiglione "E" del recente Festival dell’Oriente di Carrara (31/10-3/11/2013).




Scrive Luciana Queirolo:

“La passione per un’arte può durare una vita: se è vera arte, in grado di rinnovarsi e se noi manteniamo costante l'entusiasmo con cui ci addentriamo in essa.
Cosa è un SUISEKI? UNA PIETRA, certo, ma naturalmente, non OGNI PIETRA.
Quando raccogliamo una pietra e ne intravediamo le potenzialità: la forma ed il suo equilibrio, la texture ed il colore, la sua primordiale carica espressiva, sentiamo di aver raccolto un dono prezioso; di avere tra le mani una stupefacente opera d'arte naturale ...un ARA-ISHI che, accuratamente pulito e curato nello Joseki, sistemato in una base adeguata, potrà poi divenire Suiseki.

Può diventare Suiseki solo una pietra ASSOLUTAMENTE naturale, la cui forma non sia stata elaborata dalla mano dell'uomo, ma frutto del lento scorrere del tempo e degli elementi in natura. Forme evocative, attraverso le quali il nostro immaginario rivive momenti, luoghi.... Pietre paesaggio, montagne, laghi, scenari costieri oppure, comunque, forme strettamente legate alla natura: pietre capanna, ad esempio, o pietre barca evocano l'ambiente dove vive il pescatore; forme umane o figure ad immagine religiosa (una figura di Kannon oppure un Arhat), figure animali etc. ...

Il collezionista darà ad ogni sua pietra raccolta e accuratamente preparata e "coltivata" un nome poetico esprimente l'emozione che la pietra ispira ed in cui ogni osservatore dovrebbe potersi riconoscere: un sentimento universale, uno stato d'animo, una stagione, un credo... ognuno richiamerà poi in se stesso ed identificherà, nell'immagine evocata, ricordi personali.



E' importante approfondire la conoscenza della tradizione di quest'arte ed al tempo stesso conoscere l'origine geologica e la storia delle pietre che amiamo.

L'arte del Suiseki è di antichissima tradizione orientale, ma l'amore per la pietra e per le forme suggestive che può assumere in natura ne ha favorito la diffusione, negli ultimi 50 anni, in tutto il mondo, se pur con visioni diverse a seconda della cultura e del paesaggio ambientale proprio di ogni popolo e nazione.
Si hanno testimonianze circa l'Arte dell'apprezzamento per l'Osservazione delle Pietre, in Cina, a partire dalla dinastia Tang (618-907 d.C.) durante la quale vi era il detto che un giardino non può essere bello senza tali pietre, e che uno studio mancava di eleganza senza Gongshi (classificazione tradizionale cinese).
Dalla Cina furono introdotte in Giappone e Corea attorno al 600 come omaggi a reggenti e sovrani.
Il nome giapponese di SUISEKI dato alle Pietre da Contemplazione, è una abbreviazione del più antico: SAN SUI JO KEI SEKI, che letteralmente significa: PIETRE RAPPRESENTANTI SCENE SUGGESTIVE DI PIETRA ED ACQUA. 
Il termine contratto Sui-Seki si incontra per la prima volta in una rivista di giardinaggio "Bonsai gao", testo scritto nel 13° anno dell' epoca Meiji (1868-1921).


Una pietra è adatta a diventare Suiseki quando convenientemente esposta entro un suiban (vassoio in gres o ceramica) o in un doban (vassoio in bronzo), oppure posizionata su di un supporto in legno (daiza) appositamente inciso per contenerne la base.
Secondo la scuola giapponese tradizionale, è meglio posizionare la pietra nel suiban. Si tratta di un modo più concettuale che si riferisce al karesansui, (Giardino di pietra e sabbia) ed al modo tradizionale di esporre, secondo i maestri della cerimonia del tè.
Posizionare un suiseki nel suiban crea lo spazio attorno alla pietra: il vuoto, che è elemento chiave nell'esposizione.

Il Suiseki è un'arte più contemplativa che pratica e anche se la ricerca, la pulitura della pietra, la costruzione del daiza sono un modo di praticare e di essere assieme alle nostre pietre, tutto questo rappresenta il lato "fisico" del Suiseki.

Del fare "Suiseki do" (il "percorso della pietra"), questo è solo l'inizio. 
L'arte del Suiseki è Arte Universale in grado di smuovere le emozioni personali di chi le osserva, al di fuori di presupposti orientali od occidentali: la sensibilità dell'uomo verso la pietra viene da molto più lontano che dagli argomenti addotti dalla tradizione: forse dalle radici della vita stessa.



L'Italia, la Toscana e la Liguria in particolare, hanno raggiunto notevoli livelli di notorietà grazie alle significative pietre che ivi si possono reperire, così simili, nel materiale e nelle forme, alle famose pietre calcaree giapponesi e cinesi.
Le nostre pietre, siano esse considerate Suiseki o Gongshi, Shangshi, Quishi, Suseok, Viewing Stones.... dopo di noi, verranno ammirate per centinaia di anni ancora.
Forse, accanto a loro, ci sarà qualcuno a noi legato da tenaci legami di sangue, oppure straniero all'altro capo dell'universo. Guardando quelle pietre, egli proverà la nostra stessa emozione e sentirà, sotto la sua carezza, le mille e mille carezze di chi le ha possedute prima di lui.”


Per saperne di più:

Covello - Yoshimura   L'arte del suiseki    Ed. SNEV

e per vedere di più:

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