sabato 26 dicembre 2020

Rimanere in casa, essere casa

Sul periodico francescano “Voce Serafica” del dicembre 2020 possiamo leggere un significativo intervento di fra Pietro Maranesi, dal titolo “Natale – Fare abitare Dio in noi”, nel quale la problematicità dell’attuale momento storico, caratterizzato da una pandemia di dimensioni planetarie e da scelte di politica sanitaria difficili quanto discutibili, e la nozione di “casa” nei suoi significati più profondi vengono rilette e positivamente rovesciate attraverso gli insegnamenti di Francesco di Assisi.

Proponiamo qui il testo di fra Maranesi, quale attiva meditazione sul senso del nostro restare in casa, diventando noi stessi “casa”.

Lorenzo Costa - 1490

Il Coronavirus sembrerebbe spingerci di nuovo dentro casa, da sempre luogo di rifugio ma che in questi momenti avvertiamo come fastidioso e a volte anche come angoscioso. Per guardare ancora questo spazio con stupore e ringraziamento, ci vengono in aiuto non solo l'evento del Natale ma anche le parole di Francesco di Assisi.

Ricordiamoci che Egli non ha avuto una casa a sua disposizione per poter nascere: quanto sarebbe stato bello e consolante per Maria e Giuseppe, in affanno e nel bisogno di cercare rifugio e riparo, avere un'abitazione dove dare al mondo il loro figlio. Perché è dentro le case che nascono i bambini: lì è il luogo dove viene alla luce la vita e trova il suo luogo di crescita. Per fare Natale bisogna avere una casa!

E allora capiamo l'esortazione rivolta da Francesco ai suoi frati invitandoli in qualche modo a prepararsi al Natale: “Sempre costruiamo in noi un'abitazione e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente” (S. Francesco di Assisi, Regola non bollata XXII, FF 61). La prima casa a cui il Coronavirus ci obbliga a ritornare non è una casa in muratura, quella che è fuori di noi, ma è la casa dentro di noi; e lì preparare il luogo dove abitare insieme a Colui che è la vita. Solo dopo potremo tornare ad abitare le nostre mura domestiche, la nostra quotidianità, e farlo con quella disponibilità carica di stupore e ringraziamento che trasformerà in uno spazio pieno di luce un posto che, al tempo del Covid-19, sembrerebbe essere a volte e troppo spesso solo un buio, cupo e angusto luogo di rifugio. A questa immagine bellissima offertaci da Francesco voglio aggiungere qualcosa di simile presente in una famosa preghiera scritta da Etty Hillesum durante una domenica in cui la sua vita di donna ebrea era minacciata dall'arrivo dei nazisti, pericolo ben più tragico del Coronavirus: “L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi e anche l'unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di Te in noi stessi, mio Dio”. Salvare Lui in noi, dandogli un'abitazione permanente, è fare Natale, perché gli permettiamo di nascere dentro i nostri luoghi, dove oggi ci sentiamo costretti per la paura e lo sconcerto. E là dentro, dentro di noi, lasciamolo essere con noi, perché la sua nascita farà rinascere in noi la fiducia alla vita e la disponibilità ad essere l'uno per l'altro spazio ospitale e familiare. E solo allora il nostro rifugio - anche se minacciato e intaccato dalla pandemia - diventerà un luogo divino, diventerà davvero Natale.