Riportiamo
qui il testo di un colloquio, apparso sul quotidiano La Repubblica del 24
ottobre a cura di Anais Ginori, tra lo scrittore Emmanuel Carrère e Hervé
Clerc, autore del volumetto Le cose come sono - Una
iniziazione al buddhismo comune, appena
pubblicato presso Adelphi, nel quale Clerc racconta di aver avuto “un fugace
incontro con il nirvana da giovane”, durante il Maggio ’68. Nel colloquio Clerc
afferma tra l'altro: “Mi sono
avvicinato al nirvana non perché ho fatto degli sforzi o perché sono qualcuno
di straordinario. Ero giovane, ho preso un allucinogeno. Le lenti dello
spazio-tempo attraverso cui vediamo il mondo si sono tolte. Vedevo le
cose come sono. Poi sono tornato nel samsara”. Aspettando (senza ansia...) di leggere la sua
opera, non si può però fare a meno di notare il legame da lui stesso asserito tra
la sua esperienza del “nirvana” (qualunque cosa intenda con questo termine..) e l’assunzione di una sostanza psicotropa. Una affermazione
che, al di là di ogni altro tipo di giudizio, è in totale contraddizione con
gli insegnamenti del Buddha e con la pratica del Dharma, come chiunque può
verificare da sé studiando e praticando una Via che non conosce scorciatoie. Inoltre,
l’A. si è assunto una grande responsabilità karmica, nei suoi stessi confronti
e soprattutto nei confronti di quanti potrebbero avere del Dharma una visione deformata,
propria di un certo periodo della storia del buddhismo occidentale che
pensavamo chiuso.
Nell'ultimo romanzo di
Emmanuel Carrère, "Il Regno",
è citato più volte, amico da una vita, compagno di lunghe camminate in montagna
ma anche interlocutore privilegiato di riflessioni e confidenze. Hervé Clerc ha
viaggiato il mondo per l'Agence France Presse ma, dice ora che ha lasciato
l'agenzia, non si è mai sentito "giornalista dentro". La sua
inesauribile curiosità e sete di conoscenza si è concentrata invece sul
buddismo che analizza nel libro "Le cose come sono". Clerc narra di
una fugace esperienza del nirvana, che ha sperimentato durante il Maggio
Sessantotto, dal quale si dipana un viaggio erudito ma sempre di facile accesso
dentro a quello che definisce il "buddismo comune". Sullo sfondo,
"Il Regno" e "Le cose come sono" (Adelphi), le origini del
cristianesimo e del buddismo, possono apparire come una conversazione a
distanza tra Carrère e Clerc. Li abbiamo incontrati per capire il loro
rapporto.
Hervé
Clerc: La vera amicizia è provvidenziale. Come Emmanuel
racconta nel Regno, abbiamo una madrina in comune, una donna molto cattolica
che ha pregato a lungo per farci incontrare.
Carrère:
Sono abbastanza d'accordo anche se non credo, come te, che tutto ciò che vale
la pena di vivere accade senza il nostro contributo, indipendentemente da noi.
Clerc:
Per me è ciò che Barthes chiama il "non voler cogliere" alla fine di
Frammenti di un discorso amoroso. Tu sei più nietzscheano, hai fede nella forza
della volontà, del controllo.
Carrère:
La nostra amicizia funziona in modo misterioso. Non abbiamo quasi mai vissuto
nella stessa città, ci vediamo solo per brevi periodi, una o due volte l'anno.
Se dovessi riassumere direi che sono venticinque anni che giriamo intorno a una
domanda: Che ci faccio io qui? È un quesito che ho incominciato a pormi frequentando
Hervé.
Clerc:
Emmanuel è fondamentalmente un agnostico. Sa di non sapere. A me non stupisce
perché si può essere buddisti e non credenti. Dirò di più: vale lo stesso per
il cristianesimo.
Carrère:
Lo credo anche io. Anzi mi definisco come un non credente piuttosto cristiano.
Esiste un nocciolo duro del cristianesimo al quale si può attingere senza avere
la fede in Dio.
Clerc:
Nel cristianesimo c'è una magnifico cammino dell'amore che purtroppo è stato
sepolto da una visione dogmatica, in contraddizione con l'intelligenza. Da qui
sono scaturiti la Riforma, il secolo dei Lumi e la volontà da parte dell'uomo
occidentale di non credere a ciò che non appare credibile. Il fatto che
l'approccio dogmatico abbia prevalso fa sì che ci sia un progressivo allontanamento
dal cristianesimo. E di pari passo ci sia un interesse crescente per il
buddismo.
Carrère:
In un periodo della mia vita ho avuto un conversione al cristianesimo più
dogmatico, come racconto nel Regno. Superata questa fase, ho sviluppato un
interesse per il buddismo attraverso Hervé ma senza mai pensare di convertirmi.
E d'altronde neanche Hervé si definisce buddista, giusto?
Clerc:
No, penso che il buddismo sia una scuola di libertà. Mi ricordo di un pranzo
con Emmanuel, vent'anni fa. All'epoca ero già interessato alle idee del
buddismo, affascinato da una visione di vita mutevole, non solida. Emmanuel mi
disse allora con una battuta: "Ma la Croce non è impalpabile. Auschwitz
non è impalpabile". È vero: la sofferenza è reale, esiste, si può toccare.
Carrère:
È la grandezza del cristianesimo: prendere sul serio la sofferenza, facendola
diventare un tema centrale attraverso la crocifissione.
Clerc:
Il buddismo non ignora la sofferenza ma la pone all'interno di un mondo che non
basta a se stesso. È la formula di Rimbaud: "La vera vita è assente".
Il buddismo non parla di paradiso ma indica un cammino per arrivare alla vita
vera, il nirvana. Nel mio caso ho avuto un fugace incontro con il nirvana da
giovane, come racconto nel libro.
Carrère:
Ti sei avvicinato a qualcosa che io non ho mai conosciuto. Amo molto una sutra
che parla del samsara, ovvero della vita per come la conosciamo, fatta di gioie
e sofferenze, in un moto continuo. "Finché si riesce a fare una differenza
tra il nirvana e il samsara - dice la sutra - significa che siamo ancora nel samsara.
Quando non c'è più differenza, allora siamo nel nirvana".
Clerc:
Mi sono avvicinato al nirvana non perché ho fatto degli sforzi o perché sono
qualcuno di straordinario. Ero giovane, ho preso un allucinogeno. Le lenti
dello spazio-tempo attraverso cui vediamo il mondo si sono tolte. Vedevo le
cose come sono. Poi sono tornato nel samsara.
Carrère:
Comunque la nozione di paradiso, come vita ultraterrena ed eterna, non è ciò
che mi seduce nel cristianesimo. Credo molto più facilmente al fatto che esiste
un inferno sulla Terra. Il Regno, per come lo intendo a partire dalle parole di
Gesù, è un'aspirazione al presente. È qui e adesso, non qualcosa per dopo.
Clerc:
Se spingiamo all'estremo buddismo e cristianesimo arriviamo alla stessa cosa.
Ci sono mistici cristiani che hanno vissuto la stessa cosa dei saggi buddisti.
Carrère:
Sono esperienze assolute che probabilmente si assomigliano. È un luogo comune
dire che tutte le religioni portano a Dio.
Clerc:
La parola saggezza in Occidente ha un connotato ambiguo. Non si tratta di
comportarsi bene o di prendere la vita con distacco. La migliore definizione
rimane quella di Socrate: "Nessuno capisce che la saggezza è separata dal
resto". La filosofia è un tentativo di raggiungere questo stato. Seneca
aggiungeva: "S'incontra un saggio ogni cinquecento anni".
Carrère:
Il libro di Hervé è interessante perché parte da un'esperienza personale per
proporre una spiegazione limpida e fruibile del buddismo, vissuto in una forma
ordinaria, semplice, senza dover indossare tuniche arancioni. Esiste un valore
universale, alla portata di tutti, del buddismo, come pure la meditazione che
sta prendendo il posto della preghiera in Occidente, forse perché i benefici
sono immediati.
Clerc:
La meditazione non entra in contraddizione con lo spirito dei Lumi che impregna
ancora tutta l'intellighenzia francese, ancor più che in Italia.
Carrère:
La meditazione è più compatibile della preghiera con una società secolarizzata.
Clerc:
Il buddismo è allo stesso tempo una filosofia e una religione. In fondo è più
una questione semantica che di sostanza. Resta l'idea di un cammino impervio.
Facendo sforzi disumani, si avanza solo di qualche millimetro.
Carrère:
In montagna noi due preferiamo le tranquille camminate, all'alpinismo. È uguale
per la conoscenza o la religione: preferisco una strada meno ripida, non
massimalista.
Clerc:
Ma un po' di strada comunque l'abbiamo fatta. Emmanuel oggi ha più coscienza
degli altri. Forse non riscriverebbe più La vita come un romanzo russo sapendo
che può ferire persone a lui vicine. Ha più coscienza del karma.
Carrère:
Spero che tu abbia ragione. I libri che scriviamo sono anche mezzi per
progredire. Anzi, nel mio caso servono principalmente a questo. È un lavoro di
coscientizzazione. In un certo senso è una pratica buddista anche se rimangono
tante domande senza risposta. Diversamente da Hervé non sono convinto che
dietro ad ogni interrogativo ci sia sempre una frase affermativa.
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