Al
termine della lettura della II parte dell’Introduzione al Lalitavistara scritta da P.E. de Foucaux (si veda: http://zenvadoligure.blogspot.it/p/lalitavistara-sutra_1.html) - testo, lo si rammenti, che risale ormai a più di 130 anni or sono - non ci si può esimere
da una personale riflessione, legata al tema centrale dei passi tradotti, il
tema della trasmigrazione (o rinascita o reincarnazione o metempsicosi ecc.),
da sempre caro all’immaginario occidentale quando si parla di Buddhismo e
dintorni. Una riflessione scaturita in particolare dall’affermazione iniziale di de
Foucaux, secondo cui due sono le opinioni “sulla
natura del Nirvāṇa (la liberazione finale): una che afferma il completo
annichilimento dell’anima, l’altra che sostiene che essa sopravvive dopo la
distruzione del corpo”.
Il
punto, secondo il parere di chi scrive, non è dare una risposta più o meno
definitiva al quesito, quanto piuttosto rifarsi all’insegnamento stesso del
Buddha così come è riportato nei Sūtra
per verificarne gli effetti nella propria vita reale, e non certo per ansia di
ortodossia.
Nel
Canone infatti, a più riprese, viene citata una serie di domande che il Buddha
lasciò volutamente senza risposta, i quattordici interrogativi metafisici noti
come avyākṛtavastu (in pāli abyākata āpañhā), quattro dei quali corrispondono esattamente ai termini del
sottile dibattito riportato nell’Introduzione
(II) al Lalitavistara:
9. Il Tathāgata
esiste dopo la sua morte
10. Il Tathāgata
non esiste più dopo la sua morte
11. Il Tathāgata
esiste e contemporaneamente non esiste dopo la sua morte
12. Il Tathāgata
né esiste né non esiste dopo la sua morte.
Ma
a questo punto, se si vogliono evitare le trappole di una metafisica male
intesa (prima fra tutte il voler concettualizzare anima, Nirvāṇa, vacuità ecc.), è bene rileggere e meditare direttamente uno dei testi del Canone nel
quale il tema è ampiamente svolto, ovvero il famoso dialogo tra il Buddha e un
asceta itinerante riportato nell’Aggi-Vacchagotta
Sutta, che fa parte del Majjhima Nikāya (72). Qui, il Buddha
insegna al pellegrino quale sia il corretto atteggiamento mentale da tenere nei
confronti di un certo tipo di quesiti, avendo ben ferma la nozione secondo cui che la Via è
ciò che conduce alla liberazione
dalla sofferenza, al distacco dalla falsa nozione del Sè, all'estinzione del
fuoco.
Il
testo che qui riportiamo (una riscrittura
a partire dall'italiano di De Lorenzo, a cura di P.A.
Morniroli ed E. Federici) è leggibile on-line qui: http://www.canonepali.net/mn/mn_72.htm.
Oppure è reperibile, nella traduzione di F. Sferra,
in: R. Gnoli (a cura di), La
rivelazione del Buddha – I testi antichi, Ed. Mondadori, pag. 209 e
seguenti.
Si veda anche l’importante testo di R. Panikkar, Il silenzio del Buddha, Ed.
Mondadori, un volume sul silenzio di
oltre 400 pagine…, una felice contraddizione.
Il Buddha e Vacchagotta |
Questo ho sentito. Una volta il Sublime
dimorava presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel giardino di
Anâthapindiko. Allora Vacchagotto, il pellegrino, si recò là dove dimorava il
Sublime, scambiò cortese saluto, amichevoli e notevoli parole, si sedette
accanto e chiese: "Com'è, dunque, Gotamo: 'Eterno è il mondo, questo solo
è verità, stoltezza il resto'; è questa l'opinione del signore Gotamo?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è allora, Gotamo: 'Non è eterno
il mondo'; è questa l'opinione del signore Gotamo?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è dunque, Gotamo: 'Finito è il
mondo', è questa l'opinione del signore Gotamo?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è allora, Gotamo: infinito è il
mondo?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è dunque, Gotamo: vita e corpo
sono lo stesso?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è allora, Gotamo: altro è la
vita, altro il corpo?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è dunque, Gotamo: esiste il
Compiuto dopo la morte?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è allora, Gotamo: non esiste il
Compiuto dopo la morte?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è dunque, Gotamo: esiste e non
esiste il Compiuto dopo la morte?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Com'è dunque, Gotamo: né esiste né
non esiste il Compiuto dopo la morte?"
"Io non nutro tale opinione,
Vaccho."
"Che male dunque vi trova il signore
Gotamo, per non accogliere queste opinioni?"
" 'Eterno è il mondo': questo,
Vaccho, è un vico chiuso delle opinioni, un roveto, un bosco, un intreccio, un
conflitto, un groviglio delle opinioni, doloroso, penoso, disperato e
tormentoso, che non conduce al distacco, non al rivolgimento, non alla
dissoluzione, non al sollievo, non alla visione, non al risveglio, non
all'estinzione. 'Non eterno è il mondo', 'Finito è il mondo', 'Infinito è il
mondo', 'Vita e corpo sono lo stesso', 'Altro è la vita, altro il corpo',
'Esiste il Compiuto dopo la morte', 'non esiste', 'esiste e non esiste', 'né
esiste né non esiste': questo, Vaccho, è un vico chiuso delle opinioni, un
roveto, un bosco, un intreccio, un conflitto, un groviglio delle opinioni,
doloroso, penoso, disperato e tormentoso, che non conduce al distacco, non al
rivolgimento, non alla dissoluzione, non al sollievo, non alla visione, non al
risveglio, non all'estinzione. Questo dunque è il male che io vi trovo."
"Ha però il signore Gotamo una
qualche opinione?"
"Opinione, Vaccho; ciò è remoto dal
Compiuto. Visione è questa nel Compiuto: 'Così è la forma, così essa sorge,
così tramonta; così è la sensazione; così è la percezione; così sono le
concezioni; così è la coscienza; così esse sorgono, così tramontano'. Perciò:
il Compiuto, con l'esaurimento, l'allontanamento, l'annullamento, l'abbandono,
il liberarsi e il distacco da tutte le opinioni, da tutte le agitazioni e da
tutte le brame dell'io, del mio e del vano, è redento: così io dico."
"Un monaco così redento d'animo,
Gotamo, dove risorge?"
" 'Risorge?', Vaccho: questo non
va."
"Allora non risorge?"
" 'Non risorge?', Vaccho: questo non
va."
"Risorge e non risorge?"
"Anche questo non va."
"Non risorge né non risorge?"
"Anche questo non va."
"Così, dunque, Gotamo, alle mie
domande tu rispondi sempre: 'Questo non va'. Ora, Gotamo, io sono caduto
nell'ignoranza, nella confusione; e quella consolazione che m'era venuta con la
precedente conversazione, adesso m'è svanita."
"Basta ignoranza e confusione,
Vaccho! Profonda è questa dottrina, difficile da discernere, difficile da
intendere, santa, preziosa, inescogitabile, intima, solo dai sapienti
comprensibile: essa difficilmente sarà da te intesa senza riflessione, senza
pazienza, senza dedizione, senza sforzo, senza direzione. Quindi, Vaccho,
voglio su ciò interrogarti: come ti pare, così risponderai. Cosa pensi, Vaccho:
se innanzi a te ardesse un fuoco, sapresti tu riconoscere: innanzi a me arde
questo fuoco?"
"Sì, lo saprei."
"Se ora ti chiedessi: 'Di che arde
questo fuoco?' "
"Risponderei: 'Questo fuoco arde
alimentato da erba e legno'."
"Se ora questo fuoco si estinguesse,
sapresti tu: innanzi a me questo fuoco s'è estinto?"
"Sì, Gotamo, lo saprei."
"Se ora ti si chiedesse: 'il fuoco
che si è estinto innanzi a te, in quale direzione è andato, ad oriente o a
occidente, a settentrione o a mezzogiorno?': cosa risponderesti? "
"Questo non va, Gotamo. Perché quel
fuoco che ardeva per alimento di erba e legno, consumato questo e non avendo
altro alimento, si riconosce come estinto."
"Allo stesso modo, Vaccho, con
qualunque forma, con qualunque sensazione, con qualunque percezione, con
qualsiasi concezione, con qualunque coscienza si voglia indicare il Compiuto,
ogni quintuplo tronco dell'attaccamento è stato dal Compiuto smesso, reciso
alla radice, reso simile a un ceppo di palma che non può più germogliare né
svilupparsi: redento ad ogni attaccamento il Compiuto è quindi profondo,
immensurabile, imperscrutabile, quasi come l'oceano. Dire 'risorge' quindi non
va, 'non risorge' non va, 'non risorge né non risorge' non va."
Dopo queste parole Vacchagotto il
pellegrino disse al Sublime: "Come se non lungi da un villaggio o da una
città si trovasse un grande albero di sâla dal quale, morendo, cadessero il
fogliame, i rami, il verde, ed esso quindi, spoglio di tutto ciò consistesse di
puro legno, così è stata [essenziale] l'esposizione del signore Gotamo.
Benissimo, Gotamo! Così come se si raddrizzasse ciò che era rovesciato, o si
scoprisse ciò che è nascosto, o si mostrasse la via a chi s'è perso, o si
portasse luce nell'oscurità: 'chi ha occhi vedrà le cose'; così appunto è stata
dal signore Gotamo in vari modi esposta la dottrina. E così io prendo rifugio
presso il signore Gotamo, presso la Dottrina e presso l'Ordine dei mendicanti:
quale seguace voglia il signore Gotamo ritenermi da oggi per la vita fedele.