Lo scorso 30 settembre,
sul sito de Il Fatto Quotidiano, nel
blog di Carlo Pizzati, scrittore e
docente di teoria della comunicazione, è apparso un post intitolato I due
marò e quei “barbari indiani”, che qui di seguito viene interamente
proposto. Va da sé che l’argomento del post riguarda la ben nota vicenda dei
due “marò” italiani che nel febbraio 2012 hanno ucciso due pescatori indiani,
avendoli scambiati per “pirati” all’attacco della petroliera italiana sulla
quale i due militari prestavano servizio proprio in funzione anti-pirateria.
Fino ad oggi i due “marò”, uno dei quali è tuttora trattenuto in India, non
sono ancora stati sottoposti a giudizio dalla magistratura indiana.
Ha scritto Carlo
Pizzati:
I
due marò e quei ‘barbari indiani’
In questi giorni una
esponente di Fratelli d’Italia-An ha criticato il Festival del Cibo di Strada
di Cesena per aver invitato tra i suoi stand gastronomici anche l’India, paese,
a suo dire, “da colpire” per il trattamento riservato ai marò.
Quest’estate il sindaco
ed europarlamentare leghista di Borgosesia (Vercelli) ha stabilito che i
cittadini indiani residenti nella sua cittadina non avrebbero potuto accedere
alle sovvenzioni comunali senza prima sottoscrivere una dichiarazione di
condanna dell’atteggiamento del Governo di Delhi sulla vicenda dei marò. “I
cittadini indiani che vorranno fare ricorso alle sovvenzioni previste per i
residenti in Italia dovranno anche fare richiesta, nella stessa dichiarazione,
della liberazione dei marinai italiani.”
In primavera, un
politico lombardo ha imposto il divieto di girare a Lecco alcune riprese di un
film bollywoodiano, anche se pare che la produzione avesse già deciso di
andarsene altrove. A febbraio, il concorso di bellezza riservato a ragazze
italo-indiane “Miss India Italy” previsto a Bari, è stato “rimandato in data da
definire”. A gennaio il sindaco di Arzignano (Vi), dove la comunità indiana è
di quasi 1500 persone, ha rifiutato l’invito di partecipare alla festa della
Repubblica Indiana al Consolato di Milano, in sostegno ai due militari. Pure
all’Expò di Milano, Forza Italia e Fratelli d’Italia avevano tentato di
boicottare lo stand indiano, ma con italica armonia non erano riusciti a
raggiungere il quorum. Questa invece è una frase che ho sentito in un
ristorante romano dalla voce di un gallerista d’arte: “E questi stupratori
sarebbero quelli che devono giudicare i nostri marò?” Uno status update di
“Salviamo i nostri Marò -Comunità Facebook” proclama invece: “Ricordiamo i
nostri marò, da tempo immemore prigionieri dei barbari indiani.”
Questi non sono sfoghi
o episodi così rari nei luoghi pubblici, sui social network, nelle bettole
dello sproloquio viscerale che si dipana spesso tra commenti sempre più esaltati
e ignoranti.
Dall’inizio della crisi
dei marò ad oggi, non dai primi mesi in cui il caso annegava nella noncuranza,
ma da quando s’è capito che il processo non solo non si risolveva in fretta, ma
non accennava proprio a iniziare, è nata una nuova categoria di arrabbiati:
quelli che cercano di interpretare ogni notizia in arrivo dall’India per
dimostrare quanto ingiusto sia il trattamento subito dai due fucilieri di
marina italiani. E quelli che pensano che penalizzando o mettendo pressione sui
cittadini indiani che vivono in Italia possa aiutare in qualche modo a far sì
che l’esecutivo faccia pressioni sul sistema giudiziario indiano.
È indubbio che il
trattamento sia irrispettoso di un giusto processo e che il pasticcio sia grave
e che a farne le spese siano i diritti dei due marò. Ma serve davvero
abbrutirsi e incaponirsi contro i cittadini indiani residenti in Italia? Serve
denigrare un intero paese e i suoi abitanti a causa del suo sistema
giudiziario?
Chi segue questo blog
sa bene che molto raramente i post che pubblico trattano argomenti “politici” in modo diretto ed immediato.
Ma in questo caso ritengo necessario fare un’eccezione, anche perché la querelle ha toccato da vicino perfino il
territorio savonese.
Carlo Pizzati cita il
caso del sindaco di Borgosesia, ed altri episodi simili di discriminazione, di
opportunismo politico, di più o meno dichiarato razzismo e xenofobia. Ma, nel
suo piccolo, anche Savona ha dato il
suo contributo: Angelo Vaccarezza,
in quei giorni ancora presidente della provincia di Savona (ma non sono state sciolte?), invitato a
partecipare all’importante festività hindu del Ganesh Chaturthi (31
agosto) presso il monastero Ashram
Gitananda di Altare, uno dei più
grandi centri di pratica dello yoga in Europa e punto di riferimento per gli
tutti gli induisti in Italia, ha preferito declinare l’invito, affermando: “condividere questa giornata con
l’ambasciatore dell’India a Roma, rappresentante di una nazione che da più di
due anni tiene in ostaggio i nostri due marò del reggimento San Marco mi
costringe, per ragioni di rispetto all’evento ed ai fedeli, di non prendervi
parte”. E poi: “Un’assenza indotta
dalla volontà di non creare alcun disturbo alla liturgia della festa, cosa che
sicuramente accadrebbe se intervenissi visto che non potrei sottrarmi
dall’obbligo di esprimere profonda indignazione, prima come italiano e poi come
rappresentante di un’istituzione, nei confronti di un Paese indifferente alla
sorte di due militari italiani prigionieri senza alcun diritto”.
La festività di Ganesh Chaturti ad Altare |
Personalmente, non
posso che condividere pienamente quanto Carlo Pizzati ha scritto. Poi, le
affermazioni del sig. Vaccarezza non fanno che rafforzare la mia opinione ed il
mio sentire: le domande retoriche che chiudono il post di Pizzati (serve
abbrutirsi e incaponirsi contro gli Indiani in Italia? serve denigrare l’India
e gli Indiani tutti a causa del loro sistema giudiziario?) non possono che
ricevere una risposta negativa. No, non serve. Perché “incaponirsi contro gli
Indiani” non fa che abbrutire ulteriormente noi stessi. Serve solo ad
approfondire la frammentazione che già ora avvelena i rapporti umani in questa società.
Non fa che creare ulteriori sofferenze, a partire dalle sofferenze materiali,
morali e spirituali già presenti.
Non intendo entrare nel
merito di quanto avvenuto nel 2012 nelle acque...indiane? internazionali?, non
ho né i dati nè le competenze per
formarmi un’opinione precisa sulle cause che portarono due militari professionisti
a confondere dei pescatori con dei pericolosi pirati. Evidentemente, le moltissime
persone, politici, giornalisti, bloggers, opinion
makers, cittadini comuni, che continuano ad esternare il loro pensiero hanno
a disposizione tali strumenti, e le loro idee sono certo fondate su dati di
fatto e non sono condizionate da pregiudizi né manipolate con finalità di vario
genere… Nemmeno intendo disquisire sul sistema giudiziario indiano, sulle sue
lungaggini procedurali, né sui problemi politici dell’India che influiscono
sulla vicenda. Non li conosco. Punto.
Mi
rifaccio solo a quanto scrive Carlo Pizzati a proposito dell’ondata
anti-indiana che percorre l’Italia, e lo faccio a partire dalle parole di un grande
filosofo, Ludwig Wittgenstein: “Chi non è
certo di nessun dato di fatto, non
può neanche esser sicuro del senso delle sue parole”.
E
un dato di fatto certo è la civiltà
della valle dell’Indo. Definire gli Indiani come “barbari”, presumo nel senso
di popolo privo di cultura, di storia, si scontra con la realtà dei fatti.
Dejà vu... |
Un
solo esempio, più che sufficiente, e proprio nel campo delle leggi, del
diritto: il Libro delle Leggi di
Manu, il Manu-smrti o Manavadharmashastra,
un codice attribuito al mitico Manu, il primo uomo, figlio di Brahma e fondatore
dell’ordine sociale. Si tratta di un testo (disponibile anche nella traduzione
italiana) diviso in 12 libri, elaborato in un periodo compreso tra il II sec.
a.C. e il II d.C., che espone i diritti e i doveri di tutti i varna, le cosiddette “caste” (non a caso
termine portoghese di origine coloniale), per tutti i quattro stadi della vita
degli individui, dallo studente al padre di famiglia, al “ritirato nella
foresta”, al rinunziante. Nel Codice di Manu si trovano miti cosmogonici ed una
esposizione delle età dell’universo, i quattro yuga, con la storia del decadimento dall’originaria età dell’oro al
progressivo avanzare dei vizi e delle sofferenze fino all’era attuale, il kali-yuga, dominata dall’interesse
materiale, dalla ricerca del potere, dalla violenza. Temi, come si vede, di
estrema attualità, anche nel progredito Occidente.
L’origine
del testo di Manu è da ricercarsi in manuali ancora più antichi, risalenti al I
millennio a.C., compilati dapprima con lo scopo di educare i discepoli
delle scuole vediche, e successivamente riconosciuti come fonte di norme valide
per tutti, rappresentando così, come ha scritto lo studioso R. Pal, “la summa delle condizioni della coesistenza
sociale, in riferimento all’attività della comunità e dell’individuo”. Proprio
quella coesistenza sociale, quell’armonia nelle persone e tra le persone, che i
pensieri, le parole e le azioni dei nuovi razzisti, più o meno consapevoli,
stanno mandando velocemente in frantumi.
Il solo fatto di
trovarsi di fronte ad un’opera di tale portata (come d’altra parte lo sono la
Legge Mosaica, il Codice di Hammurabi o il Corpus
Iuris Civilis) dovrebbe semplicemente tacitare, in quanto dato di fatto incontrovertibile, coloro
che parlano di “barbari indiani”, ed anzi dovrebbe diventare una buona
occasione per aprire la mente, per osservare le motivazioni profonde dei propri
atteggiamenti e per cercare di porre rimedio alle sofferenze provocate (a sé e
agli altri) dall’ignoranza, dal pregiudizio, dai condizionamenti che ci fanno
osservare il mondo attraverso una cannuccia di paglia e ci fanno credere che la
pozzanghera in cui sguazziamo, e che forse si prosciugherà presto, sia l’intero
oceano.
Ma tant’è…
Per
chi volesse approfondire:
W.
Doniger, Le Leggi di Manu, Ed. Adelphi
F.
Squarcini, Il Trattato di Manu sulla Norma, Ed. Einaudi
Stutley,
Dizionario
dell’induismo, Ed. Ubaldini
AA.VV.,
La
civiltà indiana, Ed. UTET
Per
il post di Carlo Pizzati:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/30/i-due-maro-e-quei-barbari-indiani/1138308/
Per
le dichiarazioni di Angelo Vaccarezza:
http://www.ivg.it/2014/08/festa-di-ganesha-ad-altare-vaccarezza-declina-linvito-sono-indignato-per-la-sorte-dei-due-maro/,
nonché gli articoli pubblicati sui quotidiani a fine agosto.
Sul
Ganesh Chaturti presso il Gitananda Ashram di Altare:
http://www.hindu-temple.net/fotogallery-festivita/
http://www.stpauls.it/jesus06/0610je/0610je44.htm
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