Quella che segue è una
intervista di Arrigo Muscio a Roberto
Dal Bosco, autore del volume “Contro
il buddismo”, recentemente pubblicato dalla Casa Editrice Fede & Cultura.
Il testo dell’intervista è presentato qui come apparso sul sito www.genitoricattolici.org, nella sua versione integrale e senza alcuna modifica, tranne nel caso del nome dell’autore di “La violenza e il sacro”, (citato al punto 6) che per un probabile refuso è divenuto Réné Girad anziché René Girard.
Il testo dell’intervista è presentato qui come apparso sul sito www.genitoricattolici.org, nella sua versione integrale e senza alcuna modifica, tranne nel caso del nome dell’autore di “La violenza e il sacro”, (citato al punto 6) che per un probabile refuso è divenuto Réné Girad anziché René Girard.
Il termine “buddista”
viene riportato così come lo si trova in tutta l’intervista, anche se è ormai invalso l’uso tra gli studiosi di scrivere “buddhismo”, in quanto la lettera “h” è in questo caso aspirata (si
veda:
http://bifrost.it/Lingue/Sanscrito.html).
Inoltre, si è volutamente
scelto di non accompagnare il testo con alcun commento, per vari motivi.
Innanzitutto perché le
argomentazioni esposte nel ridotto spazio di una intervista non possono certo
avere l’ampiezza e la profondità del contenuto di un intero libro, con il quale
ci si potrà eventualmente confrontare in altra occasione.
Inoltre, sembra a mio
parere ben più interessante – invece di entrare nell’inutile spirale polemica di
uno scontro di opinioni – proporre la lettura del testo come fosse uno
“specchio” per il praticante del Dharma: uno strumento di verifica della
propria pratica e dei suoi rischi – compreso quello di una qualche forma di “fondamentalismo
buddhista” –, e delle modalità del proprio rapportarsi agli altri.
“1)
Lei ha scritto il libro “Contro il
buddismo” che fa stecca nel coro del politicamente corretto. Secondo il
comune sentire infatti il buddismo viene considerato una filosofia di vita
improntata alla pace e all’amore e non una religione; come mai quindi ha
sentito il bisogno di scrivere tale volume?
La
nascita del libro ha una sua storia. Quando non avevo neppure diciotto anni,
feci un sogno.
Sognai
che ero su un treno nel deserto, diretto verso delle montagne altissime
all’orizzonte.
Come
il treno aumentava la velocità indefinitamente, mi accorgevo che ai lati della
ferrovia vi erano centinaia di corpi di soldati cinesi morti. La visione del
sogno poi mi portava in cima ad un dirupo, dove un monaco lamaista guardava il
sole e sorrideva. Questo sogno mi toccò profondamente, portandomi ad
interessarmi alla questione del Tibet e alle tematiche buddiste.
La ferrovia Pechino-Lhasa |
Seppi
solo anni dopo che i cinesi stavano costruendo la contestatissima ferrovia
Pechino-Lhasa... Così, negli anni crebbe in me il desiderio di scriverne, così
iniziai un romanzo, i cui primi capitoli rimasero nel cassetto. Passarono gli
anni, e vidi le mie posizioni sul Tibet e sul buddismo in generale mutare
completamente. Così, quando accennai al romanzo ad un amico che aveva contatti
con un editore importante, lui mi disse che se invece di un romanzo avessi voluto
scrivere un saggio sul lato oscuro del buddismo, lui lo avrebbe fatto
pubblicare subito.
Così
fu, ma l’importante editore, che non nominerò, si tirò indietro all’ultimo,
dopo avermi inviato il contratto: d’improvviso, avevano paura. Dovetti
aspettare ben due anni prima di trovare un editore coraggioso come
Fede&Cultura che mi pubblicasse...
Ciò
detto, mi sono sempre chiesto perché il bisogno di scrivere un libro del genere
non lo abbia sentito nessuno prima. Che il buddismo non sia una religione di
pace e amore, ma un culto che ha le sue storie di sangue - come tutti gli altri
- è uno di quegli stereotipi totalmente errati che ha invaso la nostra cultura
e che ora è impossibile da scrostare. Una recente raccolta di saggi accademici,
“Buddist Warfare”, si chiede la medesima cosa che mi sono chiesto io: come è possibile
che la gente pensi che la storia del buddismo sia priva di fatti cruenti? I
vari cattedratici, forse con le mani legate dal politicamente corretto, non
danno una risposta efficace...
Le
sette buddiste la fanno da padrone ovunque oramai, ammantate di quella
insopportabile aura di innocenza e bontà. Il fatto che la società, gli stati ma
ancor di più le nostre istituzioni religiose, non trovino il modo di reagire a
questa situazione, è di per sé un indice del tremendo stato di disorientamento
che stiamo vivendo.
Il
fatto che il libro stia vendendo abbastanza bene mi dice però che una scintilla
da qualche parte ancora cova.
2)
Perché, secondo lei, vi sono personaggi dello spettacolo che si prodigano
attivamente a favore del sorriso del Budda?
Il
sinologo Orville Schell ha analizzato il buddismo hollywoodiano in modo molto
perspicace, utilizzando categorie geopolitiche. Nel caso del buddismo tibetano,
il Dalai Lama - che aspira a divenire un sovrano temporale - necessita di
ambasciate in giro per il mondo. La pattuglia di divi buddisti e filotibetani
funziona dunque come una sorta di “ambasciata” del governo tibetano in esilio.
L’idea non è priva di un suo strategico genio: Hollywood, la mecca del cinema,
ha rappresentato per decenni la seconda fonte di entrata dell’export americano,
essendo la prima l’industria aerospaziale. Un ganglio economicamente vitale, e
ancor di più la fabbrica dei modelli antropologici a cui buona parte
dell’umanità si assoggetta - dal taglio dei capelli al modo di sorridere, i
divi di Hollywood da più di un secolo oramai dettano legge sul globo
terracqueo. Un vero ineffabile soft-power, non di rado pienamente accordato con
la volontà politica del Dipartimento di Stato USA e del grande ordine
cavalleresco che regna sugli affari degli USA, la CIA. La quale ha con il Dalai
Lama un filo diretto, come un mese fa ha sostenuto la Sueddeutsche Zeitung. Il
Dalai Lama - che ha ammesso i finanziamenti CIA, e il cui fratello è risaputamente
un agente di Langley - è stato per anni un residuo della Guerra Fredda. Ora che
la Cina fa davvero paura, ecco che lo ritirano fuori per destabilizzare la
regione, che è ricca di acqua, e, più a nord in Xinjiang, di petrolio.
Per
quanto invece riguarda altri movimenti buddisti e la loro propensione alla
conversione delle star, la loro operazione ha lo stesso scopo. Va forte, nel
mondo dello spettacolo e della moda in Italia ma ora pure nel cinema USA, la
giapponese Soka Gakkai. Quante persone possono decidere di vincere le proprie
diffidenze rispetto ad un invito ad entrare nel movimento quando ti viene
presentato con il volto sorridente di Roberto Baggio o di Orlando Bloom?
La
tecnica non è diversa da quella usata da Scientology: prima converti le star,
poi gli altri verranno. Noto che il narcotraffico ai suoi albori pure ebbe la
stessa idea: dare prima la cocaina alle star (come visibile in un film
sull’argomento, Blow) per poi attrarre nel disastro della droga l’uomo
della strada.
3) Nel
suo scritto si accenna anche a scandali sessuali che hanno coinvolto “religiosi
buddisti”; come mai tali scandali, diversamente da quelli che accadono in campo
cattolico, non sono ampiamente pubblicizzati?
I casi
di abuso sessuale perpetrati dal clero buddista - per lo meno da quello di
scuola tantrica - presentano una situazione ben più preoccupante, in quanto
l’abuso, e talvolta persino il femminicidio, è prescritto in alcuni testi sacri
per i buddisti vajrayana - la tradizione del Dalai Lama per intenderci. Gli
abusi quindi, in questi casi non sarebbero da ascriversi all’opera perversa di
un “prete” peccatore che va contro i suoi voti, ma anzi, sono da leggersi come
un tentativo di andare sino in fondo agli insegnamenti dei suoi maestri.
L’abuso come “preghiera”, in sostanza - qualcosa di assolutamente attinente
alla magia nera.
Quanto
al clamore degli scandali sessuali presso i cattolici, sposo in pieno la teoria
dello studioso protestante Philip Jenkins, che dati statistici alla mano ha
dimostrato che gli abusi presso i cattolici sono percentualmente quasi la metà
di quelli commessi nelle altre confessioni.
Sposo
anche la teoria che vuole che la questione dei preti pedofili sia solo uno dei
tanti volti dell’immane attacco portato contro Benedetto XVI, perpetrato mezzi
di propaganda già ingegnati orrendamente dal grande stratega della
comunicazione del III Reich Goebbels, che montando una campagna identica a
quella che vediamo oggi voleva screditare la Chiesa Cattolica dopo l’enciclica Mit
brennender Sorge con la quale Pio XI condannava il pensiero nazista.
Davanti a Benedetto XVI che mette sotto accusa il relativismo, gli si risponde
allo stesso modo, anzi con ancora più violenza. Il fatto che abbiano copiato un
vecchio piano nazista però ci dice anche che i nemici della Chiesa stanno
esaurendo fantasia e creatività. A suo modo, un buon segno.
4) Nel
suo libro viene evidenziato il fatto che all’interno del buddismo si agitano
molti demoni. Può spiegare per quali ragioni tale religione è intrisa di magia
nera e di adorazioni diaboliche?
C’è da
dire che l’intero edificio del buddismo lamaista, per esempio, si basa su
antichi riti prebuddisti, di cui ha salvato tutto il pantheon di esseri
preternaturali.
La locandina del film di Scorsese |
La leggenda della conversione del Tibet, per esempio, è
illuminante. Il “santo” Padmasambhava affrontò i demoni locali ma non li
scacciò, come ad esempio si legge nei Vangeli: li sottomise, come peraltro insegnano
a fare i grimori della magia nera nostrana. Il buddismo tibetano coabita con i
demoni, che anzi sono destinatari di preghiere e riti, o ancora di più, sono
veri motori di azione politica: non è noto infatti, anche se visibile in film
come Kundun, che importanti decisioni del governo tibetano sono prese
dagli “oracoli”, che altro non sono che persone che, durante apposite cerimonie,
vengono possedute dai vari demoni del Tibet che fanno così saper cosa
consigliano di fare.
In
buona sostanza, una “demoniocrazia”.
Queste
pratiche non sono da considerarsi come degli aspetti folcloristici: da queste
cerimonie di possessione sono sorte numerose decisioni importanti per la storia
della compagine del Dalai Lama, come la decisione di riparare in India o la
“guerra” contro i compagni lamaisti seguaci del demone Shugden, che ora nella
capitale in esilio Dharamsala sono privati dei diritti civili.
Al di
là del caso tibetano, c’è da dire che in tutto il buddismo, ad attirare i
demòni è sicuramente il vuoto. Perché il vuoto è di per sé un concetto
antitetico al creato. Laddove noi pensiamo vi sia il vuoto, si può infilare il
demonio, e continuare ad agire indisturbato. Per questo, sostengo che il Nulla
buddista sia una “maschera”. Una maschera che può indossare chi vuole la
distruzione del creato e dell’umanità. Lo stesso concetto di nirvana - cioè di
estinzione - è di per sé il precipuo programma dell’Inferno: lo sterminio della
razza umana, il fratello minore cui il Signore ha dedicato tutto il suo amore e
la sua attenzione. Di qui le corrispondenze tra buddismo e la cultura dell’aborto,
che ho tentato di indagare nel libro in un capitolo dedicato alla questione dell’aborto
in Giappone.
5) Lei
ha scritto che il buddismo rappresenta un pericolo per l’intera umanità. Come
mai?
Il
Buddismo è un pericolo per l’umanità perché vuole la sua estinzione. Perché non
vive la vita come un dono unico ed irripetibile, ma come una dolorosa prigione
da cui sfuggire. L’uomo non è posto da Dio al centro del Creato, anzi, è
vissuto come un ostacolo da superare verso uno stadio superiore, in cui nulla
più esiste - uno stato in cui il creato è distrutto per sempre. La fortuna del
buddismo odierno viene tutta da qui: dalla sua facile integrazione con tutte le
teorie anti-umane che sono oramai pacificamente nell’aria. Decrescita,
Zero-Growth, riduzione della popolazione terrestre, e tutte le altre culture
della morte più o meno legate all’ecofascismo oramai imperante, pensato dai
potenti (in primis il Club di Roma) per liberarsi del fastidio dell’umanità e
abbracciato gioiosamente adesso dai movimenti cosiddetti ambientalisti. Il Buddismo
è la religione giusta per ridurre la popolazione terrestre: la rende docile,
poco attaccata alla vita, e non troppo desiderosa di riprodursi (il seme, nelle
varie pratiche tantriche, è infatti ritenuto, sprecato). La religione ideale
per rendere i figli di Dio una serqua di lemming imbecilli. Questo, almeno
secondo me, è un grande problema. Il buddismo non è l’avversario maggiore, è
solo un valvassino di quello che è il vero nemico dell’uomo, che oggi più che
mai chiede di scatenarsi sulla razza umana.
6)
Come la mettiamo, secondo lei, con i raduni religioni in cui si prega Gesù
Cristo e, accanto, si innalzano preghiere ad un dio ben diverso da nostro
Signore Gesù Cristo?
Sono
un puro effetto, e neanche il peggiore, del disorientamento che vivono le
nostre comunità religiose. Un segno dei tempi. Il filosofo René Girard, nel suo
studio «La violenza e il sacro»
parlava del periodo che precede il sacrificio del capro espiatorio, un periodo
che chiama “crisi sacrificale”, dove regna l’indistinzione: in una società in
preda alla crisi sacrificale non v’è differenza tra alto e basso, maschio e
femmina, giusto e sbagliato, bene e male. È il grande Carnevale del
relativismo, di cui tanto ci ha parlato il nostro Papa. Sta scritto “E quale accordo fra Cristo e Beliar?”
(Seconda lettera ai Corinzi, capitolo 6 versetto 15). Io rispondo, certo, che nessun
accordo è possibile. Nessuno. Che qualcuno immagini che questo accordo sia
possibile è effetto di questa orribile “crisi sacrificale”, che solo appunto
con un grande sacrificio potremo cacciar via. La posta in gioco, lo sappiamo
tutti, è altissima.
7) Il
suo libro, che riporta testimonianze di missionari e che si conclude con un
invito alla preghiera, come viene giudicato dai cattolici? E da tutti gli
altri?
Il
libro ha subito molto attacchi ad intra da parte di cattolici. Si tratta
a volte di cattolici tiepidi, altre volte da cattolici progressisti. Non è
mancato anche qualche attacco di qualche sparuto cattolico tradizionalista
perché vede stupidamente nel buddismo una Chiesa conservatasi pura, oppure è
legato a trascorsi culturali di estrema destra, e sulla fascinazione
dell’estrema destra per il buddismo ho scritto un intero capitolo del libretto.
Quanto
agli extra ecclesiam, ho registrato diversi attacchi da parte di buddisti, che
in molti casi hanno dimostrato bellamente l’attitudine nichilista e finanche
violenta di cui parlo nel libro e che loro vorrebbero invece negare. In diversi
forum, come quello di Costanza Miriano che mi ha dedicato un post o in quello
del mio editore, spesse volte si è dovuto rimuovere commenti perché pieni di
insulti e perfino di bestemmie. L’anticristianismo dei buddisti nostrani, lungi
dall’immagine di pace che si vorrebbe trasmettere, è emerso in tutti i casi con
estrema evidenza.
Quanto
a me personalmente, certo c’è qualche amico che non mi rivolge più la parola...
Ma questo a parte, l’interesse verso il libro è stato ampio anche in persone
totalmente estranee alla vita spirituale. Molti mi hanno detto di aver comprato
il libro perché stressati dagli amici buddisti che pressano per convertirli nel
giro di una cena: la lettura del libro, mi dicono, ora ha fornito qualche utile
argomento per dire “no, grazie”.
8)
Che cosa pensa della recente visita del Dalai Lama, accolto con tutti gli onori
ed acclamato dalla folla, ai terremotati dell'Emilia? Una signora di una certa
età ha affermato di essere devota al Dalai Lama ed un'altra, sempre di una
certa età, si è commossa dichiarando d'aver percepito serenità.
La mia modesta e forse errata opinione è che
una Chiesa debole, e un complesso civile religioso (ad applaudire il Dalai Lama
al comune di Milano, è bene ricordarlo c’erano anche dei politici cattolici)
che permetta al Dalai Lama di venire a fare proseliti speculando sulla
disgrazia, sia un grosso problema non solo per i giovani, sempre più privi di
riferimento, ma anche per gli anziani. Personalmente, in molte chiese mi
capita, durante le messe, di osservare delle signore anziane sempre più
indifferenti alla routine della cerimonia. È un problema madornale, perché è su
di loro che si compone l’ossatura del cristianesimo: le famose “vecchiette” che
si trovano a recitare il rosario... tutto questo sta sparendo perché, come
dicevo prima, dalle nostre parti sta sparendo il senso del sacro. Il sacro è
affogato nell’indistinzione... è quindi quasi naturale che guardino al Dalai
Lama come ad un qualcosa che - così si vuol credere - possa ancora ammantarsi
di una qualche sacralità. Questo in fondo è il vero segreto della
proliferazione delle non-religioni in Europa: il nostro inesorabile
svuotamento.
E, come
dicevo prima, nel vuoto amano insinuarsi i diavoli.”
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