lunedì 30 aprile 2018

Segnali di Kali Yuga dal Belgio


Su questo blog molto poco è stato (e sarà) pubblicato su temi definibili come politici in senso stretto.
Poco – o nulla – è stato altresì pubblicato a proposito di quella che oggi è forse la più citata tra le tradizioni religiose, quella islamica. Che chi scrive non conosce, e che poco è interessato a conoscere.
Qui si parla invece di entrambe le cose. E questo perché in realtà ciò che può rendere interessante l’articolo non è la religione islamica, e nemmeno lo è la politica, bensì sono alcune modalità con le quali il rapporto tra il fenomeno “politica” e il fenomeno “religione” (non solo islamica, va da sé) si sta manifestando (anche) nelle società contemporanee occidentali: fondamentalismo, integralismo, Stato etico, ierocrazia, Stato confessionale – o Stato confusionale
Segni di quell’Età Oscura che abbiamo appena iniziato a percepire…

L’interesse che tali fenomeni rivestono all’interno di questo blog è il motivo per cui propongo un articolo di Clément Pétreault apparso il 14 aprile 2018 sul settimanale francese Le Point.

Il testo originale dell’articolo è leggibile qui:
http://www.lepoint.fr/europe/au-coeur-d-islam-le-parti-qui-veut-instaurer-la-charia-en-belgique-14-04-2018-2210611_2626.php#xtmc=molenbeek&xtnp=1&xtcr=1
          La traduzione è a cura del responsabile del blog.


Nel cuore di Islam, il partito che vuole instaurare la sharia in Belgio

Bruxelles. È una sala senza finestre, male illuminata, dietro la porta di un garage al piano terreno di un triste fabbricato di Molenbeek. Sul tavolo sono sparpagliati volantini, bottiglie d’acqua e minute di discorsi. Ci troviamo nel cuore del partito belga ISLAM, acronimo di “Integrità, Solidarietà, Libertà, Autenticità, Moralità”. È qui, in questa stanza vuota, che sono nate le idee politiche più sovversive della campagna per le amministrative che si apre in Belgio. I locali sono deserti, ma la classe politica belga non parla che del partito Islam. E per una volta c’è accordo: nessuno vuole questo partito dal programma esplosivo.

“Sharia occidentale”

Redouane Ahrouch, uno dei tre fondatori, si è fatto notare la settimana scorsa proponendo la separazione degli uomini e delle donne sui trasporti pubblici: “Durante le ore di punta alcune persone, soprattutto di origine straniera, approfittano del fatto che i mezzi sono pieni zeppi per appiccicarsi alle donne. Non sono soltanto le donne musulmane a sentirsi così umiliate. Per questo sono favorevole a che gli uomini salgano davanti e le donne dietro”, ha sostenuto questo autista di autobus, eletto al comune di Anderlecht nel 2012 con il 4,12 % dei voti. E non si tratta delle prima uscita politica di questo islamista patentato. Subito dopo la sua elezione – salutata dai Fratelli musulmani – egli aveva stupito il Belgio prendendo posizione a favore di “una sharia occidentale” [1] in Belgio. Poi aveva inviato una lettera al re Alberto II invitandolo a convertirsi all’islam…
Con l’eccezione del ricercatore Lionel Remy, nessuno sembra ricordare che Redouane Ahrouch negli anni ’90 frequentò il Centro islamico belga (CIB), uno dei principali centri del fondamentalismo religioso, nel quale venivano reclutati i candidati al jihad per l’Afghanistan e l’Iraq, un centro per il quale sono passati gli assassini del comandante Massud.
Nel suo libro Soumission [2] Michel Houellebecq immaginava una società occidentale che lentamente scivolava verso la religione sotto la spinta di imprenditori dell’identità musulmana, mescolando allegramente politica e religione. Il partito Islam vi sta lavorando, senza avere il talento romanzesco di Houellebecq… Lhoucine Ait Jeddig non ha letto Soumission. Questo insegnante di chimica di 56 anni appartiene al trio dei cofondatori del movimento. Gentile, sorridente, quasi moderato, è, secondo un osservatore, “l’agnello” dell’ufficio politico. “Lo vedete, non siamo dei talebani”, e predica “un ritorno ai valori morali, di etica e di giustizia”. Alla fine, il suo discorso somiglia a quello di un certo populista di questo inizio del XXI secolo; menziona i “responsabili politici nelle mani delle lobby” e parla del “capitale e del potere finanziario”. Questo eletto del consiglio comunale di Molenbeek vorrebbe “una politica più inclusiva” a favore dei migranti. Ma è sul versante religioso che si distingue dai consueti populisti: “l’80 % della legge belga è compatibile con il Corano. Quanto al restante 20 %, lo si deplora, ma lo si rispetta”, e segnala che non avrebbe nulla in contrario a ritornare alla pena di morte “in rare circostanze”.
Il programma politico di Islam somiglia ad un grande guazzabuglio in cui il complottismo fa a gara con la demagogia. Un esempio a proposito della sicurezza dello Stato, al punto 80 del programma: “Servizi segreti. Sciogliere questo ufficio di spionaggio che organizza l’eversione politica insieme con i servizi segreti di altri paesi”. Punto 25: “Prevenire il vizio proibendo le sale da gioco (casinò, sale per giochi elettronici e locali per scommesse) e la lotteria”. Punto 92: “Liberare il mondo giudiziario dall’influenza del denaro e dalle pressioni politiche”. Un programma che ha suscitato una vivace reazione da parte della classe politica belga, nella persona di Theo Francken, Segretario di Stato per l’Asilo e le Migrazioni, membro del partito nazionalista fiammingo N-VA [3].

"Veri lupi mascherati da agnelli"

Lhoucine Ait Jeddig è consapevole dei limiti della situazione. “Siamo realisti, sappiamo bene che conquistare il potere con questo programma sarà difficile”. Ma si può fare politica senza desiderare il potere? “Mi piace stare all’opposizione” taglia corto l’eletto, che si dice nondimeno fiducioso per le prossime scadenze di ottobre: “Abbiamo buone speranze di raddoppiare il nostro risultato. A Molenbeek il 50-60 % dell’elettorato è musulmano”, afferma. Questi numeri empirici non sono confermati dalle autorità belghe. Ciò non impedisce a Lhoucine Ait Jeddig di affermare che a Bruxelles “entro 12 anni la maggioranza della popolazione sarà musulmana”. Sarà forse vero a Molenbeek, ma di certo non su scala nazionale, se si dà credito allo studio del Pew Resarch Center pubblicato nel novembre scorso, secondo cui nel 2050, in un contesto di forte immigrazione, il 18 % della popolazione belga sarà musulmana.

“Gruppuscolo sciita”

“Islam è un gruppuscolo sciita che ha pochi contatti con le moschee del comune”, afferma Françoise Schepmans, borgomastro di Molenbeek. “In realtà i loro due soli eletti non lavorano. Abbiamo eretto un cordone sanitario intorno a loro, come è stato fatto con il Vlaams Belang (partito nazionalista fiammingo, NDLR) e il Fronte nazionale belga”. In concreto, questo significa che gli eletti non fanno parte della vita politica del comune, né sono invitati alle cerimonie o alle inaugurazioni. La borgomastro, che ha riconquistato nel 2012 una città sfiancata da sessant’anni di gestione socialista, giudica come molto singolari gli interventi di Lhoucine Ait Jeddig: “Quando si tratta di finanze del comune, propone di passare ad un modello di finanza islamica. Quando si parla di gite scolastiche, precisa che non è il caso di mescolare ragazze e ragazzi. E quando ho fatto vietare il consumo di alcool sulla pubblica strada in una parte della città per problemi di nocività, ha voluto estenderlo a tutto il comune…” elenca l’eletta il cui ufficio troneggia sotto una cupola adorna di mosaici del XIX secolo, con scene di vita a Molenbeek Saint_Jean (nome completo del comune). Dalle finestre del palazzo comunale che affianca la piazza del mercato, Françoise Schepmans vede la casa popolare nella quale è cresciuto Salah Abdeslam, autore degli attentati al Bataclan. Le prossime elezioni saranno una prova di verità. Sono le prime dopo gli attentati e l’ondata migratoria. “Qui c’è un vivaio elettorale per l’estrema destra come pure per i comunitaristi [4]”, si inquieta l’autorità cittadina, che nel 1985 aveva sostenuto, senza successo, un progetto di legge che prevedeva “per contenere i raggruppamenti comunitaristi di fissare ad un massimo del 15 % la quota di popolazione straniera in ogni comune”. “Ma la sinistra l’aveva bloccato”.

Ostacolare la propaganda

È sufficientemente raro per essere notato. In merito al partito Islam, la classe politica belga sembra per una volta unanime: non vuole avere a che fare con questi scansafatiche della politica [5]. Georges-Louis Bouchez, eletto a Mons e delegato generale del Movimento dei riformatori (MR, al centro destra dello scacchiere politico), propugna una norma che vieti ogni raduno di quel partito. Elio Di Rupo, vecchio Primo ministro e sindaco di Mons, l’ha accolta. “Sono stati proibiti gli spettacoli di Dieudonné [6], si possono vietare i raduni del partito Islam”, spiega Georges-Louis Bouchez. “Ostacoleremo la loro possibilità di fare propaganda”, promette. Poiché Islam non ha superato la soglia di sbarramento del 5 % nei pochi comuni dove era presente, merita tanta attenzione? “Coloro che pensano che non rappresenti nulla si sbagliano. In Francia, nel 1973, il FN [7] raccoglieva l’1,32 %. Una percentuale del 4 % per Islam è già motivo di inquietudine”, fa notare. Secondo questo riformista, il rischio non proviene tanto dalla percentuale quanto dalla diffusione delle idee: “A forza di ragionevoli accomodamenti, è stato banalizzato anche l’inaccettabile. E ce ne rendiamo conto troppo tardi”. Secondo lui, la classe politica deve svegliarsi, in particolare la sinistra, che ha scambiato la coscienza di classe con la coscienza di razza” [8].
Michael Privot, islamologo e collaboratore scientifico presso il laboratorio CEDM, osserva che Islam “dispone della stessa riserva di voti di Daech: musulmani frustrati in attesa di un partito populista. È solo una differenza di generazione. Daech sapeva parlare ai giovani, Islam parla a coloro che hanno più di 45 anni, e che non andranno a combattere in Siria. Si considerano i fondatori come dei mariuoli, ma hanno margini di progresso”. 
I fondatori hanno capito bene che la polarizzazione sull’islam si sarebbe rivelata fruttuosa. L’antropologo Lionel Remy, che per quattro mesi si è immerso nel partito come ricercatore, racconta in qual modo Redouane Ahrouch gli ha spiegato che la parole “sharia” e “Stato islamico” erano state come “palle da bowling lanciate contro dei birilli, i giornalisti”. Il botto mediatico che ne era seguito gli ha confermato che i suoi eccessi verbali erano paganti, il passaparola ha assicurato una gratuita pubblicità”.

Un cannone per schiacciare una mosca

“Alcuni ritengono la politica belga piuttosto monotona, mentre è in realtà molto divertente!” si rallegra Caroline Sagesser, ricercatrice presso l’Osservatorio delle religioni e della laicità. “Questo gruppuscolo, perché ce n’è uno solo, dispone di una base fragile. Hanno solo due consiglieri comunali e nulla garantisce che saranno davvero in grado di depositare 14 liste a Bruxelles come hanno annunciato”. L’osservatrice ritiene che una gran parte della popolazione musulmana rimarrà impermeabile verso questa offerta politica. Quanto al problema di vietare questo partito, “sarebbe come usare un cannone per schiacciare una mosca. Il programma di Islam non rispetta i diritti dell’uomo ed è da respingere sotto molti aspetti, ma ci sono altri problemi più inquietanti: un FN Belga antidemocratico e razzista, una destra dura al potere nella regione fiamminga e dei gruppuscoli di estrema destra…”
Corinne Torrekens, politologa specialista dell’islam, studia questo partito dalla sua prima campagna, nel 2012. “Islam mescola il dilettantismo politico con forme di demagogia populista di bassa lega – analizza – ma il loro risultato dovrebbe allarmare: 5000 voti senza alcun mezzo e con candidati che hanno una loro vita professionale, non è cosa da nulla. Uno dei due eletti ha ricevuto più voti di una personalità ecologista che compare regolarmente in televisione!” Ella segnala ciò che è divenuto per loro una “abitudine all’ambiguità. Nel 2012 c’era poco di religioso sul loro sito. Ma nei quartieri musulmani hanno distribuito volantini con discorsi del tutto diversi, che richiedevano l’instaurazione dell’alimentazione halal, il velo e i giorni di congedo per la comunità”, racconta. Lo stesso quest’anno: “Fanno clamorose dichiarazione sull’instaurazione della sharia, ma se leggete i loro 99 punti programmatici non ne troverete alcun accenno. In effetti, lo fanno per opportunismo”. Infine, è un agguerrito osservatore della vita politica belga che propone la miglior lettura di questo fenomeno: “Islam è per i partiti populisti ciò che il vento è per le barche”, filosofeggia. Il vento cesserà. E le barche saranno andate avanti.

Epaminonda velato a Cairo Montenotte

 
Note del traduttore

[1]La ‘grande via’ o ‘strada maestra’ (sharī’a) designa la norma dettata da Dio al suo Profeta e costituisce la legge cui si deve attenere ogni credente. La legge, quindi, non è per l’islām l’espressione di una volontà sancita dall’uomo, ma è piuttosto la precisa formulazione, attraverso una serie di precetti e di divieti, del volere divino”. Da: G. Filoramo (a cura di), Storia delle Religioni, vol. V pag. 197, Ed. La Biblioteca di Repubblica.
[2] Pubblicato in Italia dall’Editore Bompiani con il titolo Sottomissione.
[3] Alleanza Neo-Fiamminga o Nuova Alleanza Fiamminga (Nieuw-Vlaamse Alliantie, N-VA).
[4] Sul sito www.sapere.it il termine comunitarismo viene così sinteticamente definito: il comunitarismo costituisce una dottrina secondo la quale i singoli individui possono esplicare al massimo le proprie potenzialità etiche, intellettuali e politiche soltanto se organicamente inseriti in una comunità di appartenenza, riconosciuta come tale dai suoi membri.
Su http://www.toupie.org/Dictionnaire/Communautarisme.htm si legge: Utilizzato in senso piuttosto peggiorativo, il termine comunitarismo designa una forma di etnocentrismo o di sociocentrismo che attribuisce alla comunità (etnica, religiosa, culturale, sociale, politica, mistica, sportiva…) un valore maggiore rispetto all’individuo, con una tendenza al ripiegamento su ste stessi.
[5] Il testo francese utilizza l’espressione Pieds nickelés, che indica, secondo il sito https://fr.wiktionary.org, rifiuto di agire, essere pigri, e trae origine dal nome di tre personaggi poco raccomandabili di un serie di fumetti dei primi del ‘900.
[6] Dieudonné M'bala M'bala, umorista, attore e attivista francese di origine camerunese, accusato di razzismo, antisemitismo e apologia del terrorismo durante i suoi spettacoli.
[7] Il Front National fondato nel 1972 da Jean-Marie Le Pen.
[8] Traduco alle lettera il termine race, che nel dizionario Boch è reso con: 1. razza, 2. stirpe, 3. genia, 4. categoria. Nell’articolo esso è utilizzato senza alcuna recondita connotazione, diversamente dalle strumentali polemiche politico-lessicali recentemente scatenatesi in Italia (dove peraltro l’art. 3 della Costituzione parla di razza non per negare o affermare la scientificità o l’eticità del termine, ma per affermare la sua non rilevanza dal punto di vista della pari dignità sociale e dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali).



Un breve commento di Mattia Feltri:

L’apposizione del velo alla statua di cui alla foto è stata raccontata (anche) qui: