Su questo blog molto poco è stato (e sarà)
pubblicato su temi definibili come politici
in senso stretto.
Poco – o nulla – è stato altresì pubblicato
a proposito di quella che oggi è forse la più citata tra le tradizioni religiose,
quella islamica. Che chi scrive non conosce, e che poco è interessato a
conoscere.
Qui si parla invece di entrambe le cose. E
questo perché in realtà ciò che può rendere interessante l’articolo non è la
religione islamica, e nemmeno lo è la politica, bensì sono alcune modalità con
le quali il rapporto tra il fenomeno “politica” e il fenomeno “religione” (non
solo islamica, va da sé) si sta manifestando (anche) nelle società
contemporanee occidentali: fondamentalismo, integralismo, Stato etico, ierocrazia,
Stato confessionale – o Stato confusionale
…
Segni di quell’Età Oscura che abbiamo
appena iniziato a percepire…
L’interesse che tali fenomeni rivestono
all’interno di questo blog è il motivo per cui propongo un articolo di Clément Pétreault apparso il 14 aprile
2018 sul settimanale francese Le Point.
Il testo originale dell’articolo è
leggibile qui:
http://www.lepoint.fr/europe/au-coeur-d-islam-le-parti-qui-veut-instaurer-la-charia-en-belgique-14-04-2018-2210611_2626.php#xtmc=molenbeek&xtnp=1&xtcr=1
La traduzione è a cura del
responsabile del blog.
Nel cuore di Islam, il partito che vuole instaurare la
sharia in Belgio
Bruxelles. È una
sala senza finestre, male illuminata, dietro la porta di un garage al piano
terreno di un triste fabbricato di Molenbeek. Sul tavolo sono sparpagliati
volantini, bottiglie d’acqua e minute di discorsi. Ci troviamo nel cuore del
partito belga ISLAM, acronimo di “Integrità, Solidarietà, Libertà, Autenticità,
Moralità”. È qui, in questa stanza vuota, che sono nate le idee politiche più
sovversive della campagna per le amministrative che si apre in Belgio. I locali
sono deserti, ma la classe politica belga non parla che del partito Islam. E
per una volta c’è accordo: nessuno vuole questo partito dal programma esplosivo.
“Sharia occidentale”
Redouane Ahrouch,
uno dei tre fondatori, si è fatto notare la settimana scorsa proponendo la
separazione degli uomini e delle donne sui trasporti pubblici: “Durante le ore
di punta alcune persone, soprattutto di origine straniera, approfittano del
fatto che i mezzi sono pieni zeppi per appiccicarsi alle donne. Non sono
soltanto le donne musulmane a sentirsi così umiliate. Per questo sono
favorevole a che gli uomini salgano davanti e le donne dietro”, ha sostenuto
questo autista di autobus, eletto al comune di Anderlecht nel 2012 con il 4,12
% dei voti. E non si tratta delle prima uscita politica di questo islamista
patentato. Subito dopo la sua elezione – salutata dai Fratelli musulmani – egli
aveva stupito il Belgio prendendo posizione a favore di “una sharia
occidentale” [1] in Belgio. Poi
aveva inviato una lettera al re Alberto II invitandolo a convertirsi all’islam…
Con l’eccezione
del ricercatore Lionel Remy, nessuno sembra ricordare che Redouane Ahrouch
negli anni ’90 frequentò il Centro islamico belga (CIB), uno dei principali
centri del fondamentalismo religioso, nel quale venivano reclutati i candidati
al jihad per l’Afghanistan e l’Iraq, un centro per il quale sono passati gli
assassini del comandante Massud.
Nel suo libro Soumission
[2] Michel Houellebecq immaginava
una società occidentale che lentamente scivolava verso la religione sotto la
spinta di imprenditori dell’identità musulmana, mescolando allegramente
politica e religione. Il partito Islam vi sta lavorando, senza avere il talento
romanzesco di Houellebecq… Lhoucine Ait Jeddig non ha letto Soumission. Questo
insegnante di chimica di 56 anni appartiene al trio dei cofondatori del
movimento. Gentile, sorridente, quasi moderato, è, secondo un osservatore, “l’agnello”
dell’ufficio politico. “Lo vedete, non siamo dei talebani”, e predica “un
ritorno ai valori morali, di etica e di giustizia”. Alla fine, il suo discorso
somiglia a quello di un certo populista di questo inizio del XXI secolo; menziona
i “responsabili politici nelle mani delle lobby” e parla del “capitale e del
potere finanziario”. Questo eletto del consiglio comunale di Molenbeek vorrebbe
“una politica più inclusiva” a favore dei migranti. Ma è sul versante religioso
che si distingue dai consueti populisti: “l’80 % della legge belga è
compatibile con il Corano. Quanto al restante 20 %, lo si deplora, ma lo si
rispetta”, e segnala che non avrebbe nulla in contrario a ritornare alla pena
di morte “in rare circostanze”.
Il programma
politico di Islam somiglia ad un grande guazzabuglio in cui il complottismo fa
a gara con la demagogia. Un esempio a proposito della sicurezza dello Stato, al
punto 80 del programma: “Servizi segreti. Sciogliere questo ufficio di
spionaggio che organizza l’eversione politica insieme con i servizi segreti di
altri paesi”. Punto 25: “Prevenire il vizio proibendo le sale da gioco (casinò,
sale per giochi elettronici e locali per scommesse) e la lotteria”. Punto 92:
“Liberare il mondo giudiziario dall’influenza del denaro e dalle pressioni
politiche”. Un programma che ha suscitato una vivace reazione da parte della
classe politica belga, nella persona di Theo Francken, Segretario di Stato per
l’Asilo e le Migrazioni, membro del partito nazionalista fiammingo N-VA [3].
Lhoucine
Ait Jeddig è consapevole dei limiti della situazione. “Siamo realisti, sappiamo
bene che conquistare il potere con questo programma sarà difficile”. Ma si può
fare politica senza desiderare il potere? “Mi piace stare all’opposizione”
taglia corto l’eletto, che si dice nondimeno fiducioso per le prossime scadenze
di ottobre: “Abbiamo buone speranze di raddoppiare il nostro risultato. A
Molenbeek il 50-60 % dell’elettorato è musulmano”, afferma. Questi numeri
empirici non sono confermati dalle autorità belghe. Ciò non impedisce a
Lhoucine Ait Jeddig di affermare che a Bruxelles “entro 12 anni la maggioranza
della popolazione sarà musulmana”. Sarà forse vero a Molenbeek, ma di certo non
su scala nazionale, se si dà credito allo studio del Pew Resarch Center
pubblicato nel novembre scorso, secondo cui nel 2050, in un contesto di forte
immigrazione, il 18 % della popolazione belga sarà musulmana.
“Gruppuscolo
sciita”
“Islam
è un gruppuscolo sciita che ha pochi contatti con le moschee del comune”,
afferma Françoise Schepmans, borgomastro di Molenbeek. “In realtà i loro due
soli eletti non lavorano. Abbiamo eretto un cordone sanitario intorno a loro,
come è stato fatto con il Vlaams Belang (partito nazionalista fiammingo, NDLR)
e il Fronte nazionale belga”. In concreto, questo significa che gli eletti non
fanno parte della vita politica del comune, né sono invitati alle cerimonie o
alle inaugurazioni. La borgomastro, che ha riconquistato nel 2012 una città
sfiancata da sessant’anni di gestione socialista, giudica come molto singolari
gli interventi di Lhoucine Ait Jeddig: “Quando si tratta di finanze del comune,
propone di passare ad un modello di finanza islamica. Quando si parla di gite
scolastiche, precisa che non è il caso di mescolare ragazze e ragazzi. E quando
ho fatto vietare il consumo di alcool sulla pubblica strada in una parte della
città per problemi di nocività, ha voluto estenderlo a tutto il comune…” elenca
l’eletta il cui ufficio troneggia sotto una cupola adorna di mosaici del XIX
secolo, con scene di vita a Molenbeek Saint_Jean (nome completo del comune).
Dalle finestre del palazzo comunale che affianca la piazza del mercato,
Françoise Schepmans vede la casa popolare nella quale è cresciuto Salah
Abdeslam, autore degli attentati al Bataclan. Le prossime elezioni saranno una
prova di verità. Sono le prime dopo gli attentati e l’ondata migratoria. “Qui
c’è un vivaio elettorale per l’estrema destra come pure per i comunitaristi [4]”, si inquieta l’autorità cittadina,
che nel 1985 aveva sostenuto, senza successo, un progetto di legge che
prevedeva “per contenere i raggruppamenti comunitaristi di fissare ad un
massimo del 15 % la quota di popolazione straniera in ogni comune”. “Ma la
sinistra l’aveva bloccato”.
Ostacolare la propaganda
È
sufficientemente raro per essere notato. In merito al partito Islam, la classe
politica belga sembra per una volta unanime: non vuole avere a che fare con
questi scansafatiche della politica [5].
Georges-Louis Bouchez, eletto a Mons e delegato generale del Movimento dei
riformatori (MR, al centro destra dello scacchiere politico), propugna una norma
che vieti ogni raduno di quel partito. Elio Di Rupo, vecchio Primo ministro e
sindaco di Mons, l’ha accolta. “Sono stati proibiti gli spettacoli di Dieudonné
[6], si possono vietare i raduni del
partito Islam”, spiega Georges-Louis Bouchez. “Ostacoleremo la loro possibilità
di fare propaganda”, promette. Poiché Islam non ha superato la soglia di
sbarramento del 5 % nei pochi comuni dove era presente, merita tanta
attenzione? “Coloro che pensano che non rappresenti nulla si sbagliano. In
Francia, nel 1973, il FN [7]
raccoglieva l’1,32 %. Una percentuale del 4 % per Islam è già motivo di
inquietudine”, fa notare. Secondo questo riformista, il rischio non proviene
tanto dalla percentuale quanto dalla diffusione delle idee: “A forza di
ragionevoli accomodamenti, è stato banalizzato anche l’inaccettabile. E ce ne
rendiamo conto troppo tardi”. Secondo lui, la classe politica deve svegliarsi,
in particolare la sinistra, che ha scambiato la coscienza di classe con la
coscienza di razza” [8].
Michael
Privot, islamologo e collaboratore scientifico presso il laboratorio CEDM,
osserva che Islam “dispone della stessa riserva di voti di Daech: musulmani
frustrati in attesa di un partito populista. È solo una differenza di
generazione. Daech sapeva parlare ai giovani, Islam parla a coloro che hanno
più di 45 anni, e che non andranno a combattere in Siria. Si considerano i
fondatori come dei mariuoli, ma hanno margini di progresso”.
I
fondatori hanno capito bene che la polarizzazione sull’islam si sarebbe
rivelata fruttuosa. L’antropologo Lionel Remy, che per quattro mesi si è
immerso nel partito come ricercatore, racconta in qual modo Redouane Ahrouch
gli ha spiegato che la parole “sharia” e “Stato islamico” erano state come
“palle da bowling lanciate contro dei birilli, i giornalisti”. Il botto
mediatico che ne era seguito gli ha confermato che i suoi eccessi verbali erano
paganti, il passaparola ha assicurato una gratuita pubblicità”.
Un cannone per
schiacciare una mosca
“Alcuni
ritengono la politica belga piuttosto monotona, mentre è in realtà molto divertente!”
si rallegra Caroline Sagesser, ricercatrice presso l’Osservatorio delle
religioni e della laicità. “Questo gruppuscolo, perché ce n’è uno solo, dispone
di una base fragile. Hanno solo due consiglieri comunali e nulla garantisce che
saranno davvero in grado di depositare 14 liste a Bruxelles come hanno
annunciato”. L’osservatrice ritiene che una gran parte della popolazione
musulmana rimarrà impermeabile verso questa offerta politica. Quanto al
problema di vietare questo partito, “sarebbe come usare un cannone per
schiacciare una mosca. Il programma di Islam non rispetta i diritti dell’uomo
ed è da respingere sotto molti aspetti, ma ci sono altri problemi più
inquietanti: un FN Belga antidemocratico e razzista, una destra dura al potere
nella regione fiamminga e dei gruppuscoli di estrema destra…”
Corinne
Torrekens, politologa specialista dell’islam, studia questo partito dalla sua
prima campagna, nel 2012. “Islam mescola il dilettantismo politico con forme di
demagogia populista di bassa lega – analizza – ma il loro risultato dovrebbe
allarmare: 5000 voti senza alcun mezzo e con candidati che hanno una loro vita
professionale, non è cosa da nulla. Uno dei due eletti ha ricevuto più voti di
una personalità ecologista che compare regolarmente in televisione!” Ella
segnala ciò che è divenuto per loro una “abitudine all’ambiguità. Nel 2012
c’era poco di religioso sul loro sito. Ma nei quartieri musulmani hanno
distribuito volantini con discorsi del tutto diversi, che richiedevano l’instaurazione
dell’alimentazione halal, il velo e i giorni di congedo per la comunità”,
racconta. Lo stesso quest’anno: “Fanno clamorose dichiarazione
sull’instaurazione della sharia, ma se leggete i loro 99 punti programmatici
non ne troverete alcun accenno. In effetti, lo fanno per opportunismo”. Infine,
è un agguerrito osservatore della vita politica belga che propone la miglior
lettura di questo fenomeno: “Islam è per i partiti populisti ciò che il vento è
per le barche”, filosofeggia. Il vento cesserà. E le barche saranno andate
avanti.
Epaminonda velato a Cairo Montenotte |
Note del traduttore
[1] “La
‘grande via’ o ‘strada maestra’ (sharī’a) designa la norma dettata da Dio al
suo Profeta e costituisce la legge cui si deve attenere ogni credente. La
legge, quindi, non è per l’islām l’espressione di una volontà sancita
dall’uomo, ma è piuttosto la precisa formulazione, attraverso una serie di
precetti e di divieti, del volere divino”. Da: G. Filoramo (a cura di), Storia
delle Religioni, vol. V pag. 197, Ed. La Biblioteca di Repubblica.
[2] Pubblicato in Italia dall’Editore
Bompiani con il titolo Sottomissione.
[3] Alleanza Neo-Fiamminga o Nuova Alleanza
Fiamminga (Nieuw-Vlaamse Alliantie, N-VA).
[4] Sul sito www.sapere.it il termine comunitarismo
viene così sinteticamente definito: il
comunitarismo costituisce una dottrina secondo la quale i singoli individui
possono esplicare al massimo le proprie potenzialità etiche, intellettuali e
politiche soltanto se organicamente inseriti in una comunità di appartenenza,
riconosciuta come tale dai suoi membri.
Su http://www.toupie.org/Dictionnaire/Communautarisme.htm
si legge: Utilizzato in senso piuttosto
peggiorativo, il termine comunitarismo designa una forma di etnocentrismo o di
sociocentrismo che attribuisce alla comunità (etnica, religiosa, culturale,
sociale, politica, mistica, sportiva…) un valore maggiore rispetto
all’individuo, con una tendenza al ripiegamento su ste stessi.
[5] Il testo francese utilizza l’espressione Pieds nickelés, che indica, secondo il
sito https://fr.wiktionary.org, rifiuto di agire, essere pigri, e trae origine dal nome di tre personaggi poco
raccomandabili di un serie di fumetti dei primi del ‘900.
[6] Dieudonné M'bala M'bala, umorista, attore
e attivista francese di origine camerunese, accusato di razzismo, antisemitismo
e apologia del terrorismo durante i suoi spettacoli.
[7] Il Front
National fondato nel 1972 da Jean-Marie Le Pen.
[8] Traduco alle lettera il termine race, che nel dizionario Boch
è reso con: 1. razza, 2. stirpe, 3. genia, 4. categoria. Nell’articolo esso è
utilizzato senza alcuna recondita connotazione, diversamente dalle strumentali
polemiche politico-lessicali recentemente scatenatesi in Italia (dove peraltro l’art.
3 della Costituzione parla di razza
non per negare o affermare la scientificità o l’eticità del termine, ma per
affermare la sua non rilevanza dal punto di vista della pari dignità sociale e
dell’uguaglianza dei cittadini davanti
alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali).
Un
breve commento di Mattia Feltri:
L’apposizione
del velo alla statua di cui alla foto è stata raccontata (anche) qui: