Sul
vero e sul falso, sulla menzogna nella religione, nella politica e non solo, sulla
filosofia come pratica di libertà e di universalità.
Tratte
da un altro importante scritto di Marco Vannini, un paio di pagine
assolutamente inattuali che pongono Meister Eckhart e Nietzsche a confronto non
tra loro, ma di fronte ad ognuno di noi.
Scrive Marco Vannini:
È
chiaro anche a Nietzsche che “la menzogna
più frequente è quella che ciascuno fa a se stesso; mentire agli altri è un
caso relativamente eccezionale”, e questo “non voler vedere certe cose che si vedono, il non voler vedere una cosa
così come si vede, è la condizione essenziale di tutti quelli che appartengono
in qualsiasi senso a questo o quel partito: l’uomo di partito è necessariamente
un impostore”; ove il “partito” non va inteso solo in senso politico, ma in
tutto ciò che costituisce gruppo, setta, chiesa, accademia – e perciò il
filosofare moderno non ha nulla della libertà degli antichi, ma ha sempre “un colorito politico e poliziesco [...] alla
sola conquista dell’apparenza erudita”.
Si
comprende dunque la polemica di Nietzsche contro il cristiano come “ultima
ratio della menzogna”,
che “porta all’estrema perfezione quella
tecnica giudaica che è l’arte di mentire santamente”.
La
menzogna è, infatti, particolarmente insidiosa proprio nell'ambito religioso,
perché li è capace di generare, attraverso l’immaginazione, quello stato d’animo
carico di gioia, entusiasmo, dedizione, che può portare anche all’eroismo della
virtù – e non a caso ci sono santi in tutte le religioni; ma, in quanto appunto
frutto di immaginazione, menzogna, quello stato d’animo non può uscire dal
finito, dal particolare della volontà propria, e così non giunge all'universale
e alla sua luce.
La
menzogna tende infatti a riproporsi in ogni istante, tanto più forte quanto più
si è riconosciuta la comune, naturale, malizia del mentale, dando luogo a una
sempre maggiore pretesa di verità, per cui il distacco deve esercitarsi anche
sul concetto stesso di verità.
E
perciò estremamente significativo che il “mistico” Eckhart convenga con l’“ateo”
Nietzsche sulla necessità di liberarsi anche dalla verità – ovvero dal preteso
possesso di essa. Commentando il versetto paolino “Nunc vero liberati” (Rm 6, 22), il maestro medievale scrive infatti
che “dobbiamo liberarci anche dalla
verità, giacché beatitudine e salvezza sono date solo dall'essere nudo, privo
di ogni idea che lo limita, in corrispondenza dei nostri modi di pensarlo”.
La
menzogna, infatti, finisce solo quando terminano le proprie “verità”, che sono
poi opinioni, convinzioni, ovvero i legami al proprio interesse: sotto questo
profilo, infatti, le cosiddette “convinzioni
sono nemiche della verità, più pericolose delle menzogne”. È nel distacco
che si giunge alla infinita, beata aghnosìa, ovvero
a quel “non sapere” che è la fine delle menzogne, la libertà dalle opinioni,
libertà dai contenuti, signoria dell'identico e del diverso.
Meister Eckhart |
Il testo è tratto da:
Marco Vannini, Oltre il cristianesimo, Ed. Bompiani 2013, pag. 23 segg.