venerdì 1 marzo 2013

Ancora sulla postura di zazen

La postura 

(del M° Roland Yuno Rech) 

All’inizio di zazen, oscillate per sei/otto volte da sinistra a destra e da destra a sinistra. I pollici nei pugni, i pugni sulle ginocchia, le ginocchia fortemente appoggiate al suolo.
Gassho
Quindi si fa gassho inchinandosi profondamente in avanti, si mette la mano sinistra nella mano destra raddrizzandosi a partire dalla vita, e il taglio delle mani in contatto con il basso ventre, i pollici orizzontali formando con gli indici un ovale ben aperto. 
Dall’inizio di zazen ci si concentra completamente sulla propria postura. Si estendono bene le reni, la colonna vertebrale, la nuca, si spinge il cielo con la sommità del capo, il mento è rientrato, lo sguardo si posa circa un metro davanti a sé sul suolo, non si fissa alcun punto speciale. È appena posato. Così lo sguardo diventa vasto, uno sguardo che non giudica, uno sguardo che comprende ogni cosa, come lo spirito di zazen che non crea opposizioni. In questo modo il corpo e lo spirito possono rilassarsi; specialmente le mascelle sono ben rilassate, la fronte – talvolta si hanno le mascelle tese come se si volesse mordere qualcosa. In zazen è importante prendere coscienza delle proprie tensioni e rilassarle. Questo influenza completamente la condizione dello spirito, che diventa libero e in pace. 
Spesso durante zazen si continua a pensare consciamente, perché si prosegue il dialogo interiore, a discutere con se stessi. A quel punto, se ponete la vostra attenzione sulla punta della lingua contro il palato, allora rapidamente la discussione interiore si arresta.
Hokkaijoin
Ugualmente, nella vita quotidiana si ha spesso la tendenza a voler afferrare qualcosa, prendere, manipolare. L’intelligenza è sovente in relazione con le mani, le mani servono a fabbricare, prendere, talvolta a battersi. In zazen le mani sono completamente aperte, formano un bell’ovale. Esse sono il simbolo che racchiude tutto l’universo, perché non si cerca più di afferrare alcunché, non si cerca più di fabbricare alcunché. Ritrovare la nostra unità originale con l’universo e con l’altro versante della nostra esistenza. 
Zazen equilibra la nostra vita, non solo la vita dell’ego. In zazen l’ego è abbandonato, il funzionamento dell’ego. Il corpo e lo spirito si mettono a funzionare come Buddha. 
Nella vita quotidiana, il corpo è sempre in movimento, sempre occupato ad andare verso qualcosa o a voler sfuggire ad un’altra cosa. In zazen non si sfugge nulla, non si insegue nulla. Quindi il corpo può rimanere immobile. Nella vita quotidiana, l’attività del corpo si realizza orizzontalmente, nella direzione orizzontale. Tutti sono preoccupati per il loro territorio. In zazen, il corpo è concentrato sulla posizione verticale. Si spinge il cielo con la sommità del capo, la terra con le ginocchia. Quindi il corpo diventa un intermediario tra cielo e terra. 
È l’altro aspetto della vocazione umana. Non solo conquistare la natura, ma armonizzarsi con essa. 
Così, venire a fare una sesshin è l’occasione per riequilibrare la nostra vita a partire dall’esperienza del corpo, nella postura di zazen, corpo e spirito in unità con zazen. 




Il testo è la traduzione di un kusen del M° Yuno Rech, durante la sesshin di Grube Louise dell'ottobre 1999.

Il testo originario è stato pubblicato nel volume "La Grande Porte de l'Eveil - L'enseignement de Maitre Hyakujo - vol. I", dalle Editions Yuno Kusen (2001).

Traduzione di m. Mauro Tonko - marzo 2013

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