A
proposito di Jōshū, di Nansen e di un gatto, si racconta:
“Un
giorno i monaci della sala orientale e della sala occidentale stavano litigando
per un gatto. Il maestro Nansen se ne accorse, così prese il gatto, lo tenne in
alto e disse:
- Se uno
di voi sa dirmi il significato di questo, non taglierò questo gatto. Se non ci
riuscite, lo taglierò.
I monaci
diedero varie risposte, ma nessuna piacque a Nansen. Nansen tagliò il gatto in
due.
Quella
sera Jōshū tornò al monastero e andò a trovare Nansen. Nansen gli raccontò la
storia e gli chiese:
- Tu che
ne dici? Saresti riuscito a salvare il gatto?
Jōshū si
tolse i sandali, se li mise in testa e si voltò per andarsene.
Nansen
disse:
Il
maestro Ekai, detto anche Mu-mon (1183-1260) commentò successivamente:
“Perché Jōshū
si mise i sandali in testa? Se qualcuno risponde a questa domanda comprenderà
esattamente in che modo Nansen eseguì la sentenza. Altrimenti dovrebbe fare
attenzione alla propria testa.
Se Jōshū
fosse stato presente,
Avrebbe
eseguito la sentenza all’incontrario.
Jōshū
sfodera la spada
E Nansen
implora per la sua vita”.
Molto
tempo dopo, e molte miglia più ad ovest, visse in Europa un fisico e matematico
austriaco, il premio Nobel Erwin Schrödinger (1887-1961), grande ammiratore, come molti altri
fisici contemporanei, delle filosofie orientali. Nel 1935 egli propose un
famoso esperimento mentale, il paradosso detto del “gatto di Schrödinger”, il cui scopo era di
dimostrare come l'interpretazione classica della meccanica quantistica (la cosiddetta Interpretazione di Copenaghen) risulti incompleta
quando deve descrivere sistemi fisici in cui il livello subatomico interagisce
con il livello macroscopico.
Egli scrisse:
“Si
possono anche costruire casi del tutto burleschi.
Si rinchiuda un gatto in
una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre
proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una
minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora
forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti
probabile, nessuno; se l'evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di
un martelletto che rompe una fiala con del cianuro.
Dopo avere lasciato
indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora
vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima
disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato.
La funzione Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in essa
il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con
uguale peso”.
Ovvero, dopo un certo periodo di tempo il gatto ha la stessa probabilità di essere morto quanto l'atomo di essere decaduto. Visto che
fino al momento dell'osservazione l'atomo esiste nei due stati sovrapposti, anche il gatto resta sia vivo sia morto fino a quando non
si apre la scatola, ossia non si compie un'osservazione.
Sul gatto
di Jōshū e Nansen si vedano:
Ekai, La
porta senza porta, Ed. Il Punto
Jōshū,
Zen radicale, Ed. Ubaldini
Sul gatto
di Schrödinger:
Zukav, La danza dei
maestri Wu Li, Ed. Corbaccio
Capra, Il Tao della
fisica, Ed. Adelphi
e:
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