mercoledì 13 marzo 2013

Dei gatti, dello zen e dei quanti

All’epoca della dinastia T’ang (618-907), visse in Cina Chao Chou, più noto in Occidente nella lettura giapponese del suo nome,  Jōshū (778-897), straordinario maestro zen, vissuto per quarant’anni a fianco del suo maestro Nansen.
A proposito di Jōshū, di Nansen e di un gatto, si racconta:

Un giorno i monaci della sala orientale e della sala occidentale stavano litigando per un gatto. Il maestro Nansen se ne accorse, così prese il gatto, lo tenne in alto e disse:
- Se uno di voi sa dirmi il significato di questo, non taglierò questo gatto. Se non ci riuscite, lo taglierò.
I monaci diedero varie risposte, ma nessuna piacque a Nansen. Nansen tagliò il gatto in due.
Quella sera Jōshū tornò al monastero e andò a trovare Nansen. Nansen gli raccontò la storia e gli chiese:
- Tu che ne dici? Saresti riuscito a salvare il gatto?
Jōshū si tolse i sandali, se li mise in testa e si voltò per andarsene.
Nansen disse:
- Se fossi rimasto qui, avresti salvato il gatto”.



Il maestro Ekai, detto anche Mu-mon (1183-1260) commentò successivamente:

“Perché Jōshū si mise i sandali in testa? Se qualcuno risponde a questa domanda comprenderà esattamente in che modo Nansen eseguì la sentenza. Altrimenti dovrebbe fare attenzione alla propria testa.

Se Jōshū fosse stato presente,
Avrebbe eseguito la sentenza all’incontrario.
Jōshū sfodera la spada
E Nansen implora per la sua vita”.


Molto tempo dopo, e molte miglia più ad ovest, visse in Europa un fisico e matematico austriaco, il premio Nobel Erwin Schrödinger (1887-1961), grande ammiratore, come molti altri fisici contemporanei, delle filosofie orientali. Nel 1935 egli propose un famoso esperimento mentale, il paradosso detto del “gatto di Schrödinger”, il cui scopo era di dimostrare come l'interpretazione classica della meccanica quantistica (la cosiddetta Interpretazione di Copenaghen) risulti incompleta quando deve descrivere sistemi fisici in cui il livello subatomico interagisce con il livello macroscopico.
Egli scrisse:

Si possono anche costruire casi del tutto burleschi.
Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l'evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro.
Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato.
La funzione Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso”.

Ovvero, dopo un certo periodo di tempo il gatto ha la stessa probabilità di essere morto quanto l'atomo di essere decaduto. Visto che fino al momento dell'osservazione l'atomo esiste nei due stati sovrapposti, anche il gatto resta sia vivo sia morto fino a quando non si apre la scatola, ossia non si compie un'osservazione.



Sul gatto di Jōshū e Nansen si vedano:
Ekai, La porta senza porta, Ed. Il Punto
Jōshū, Zen radicale, Ed. Ubaldini

Sul gatto di Schrödinger:
Zukav, La danza dei maestri Wu Li, Ed. Corbaccio
Capra, Il Tao della fisica, Ed. Adelphi
e:




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