lunedì 11 marzo 2013

Dello zazen, del dono e del lasciare la presa

Il testo che segue è la traduzione di un kusen (insegnamento orale) rilasciato dal M° R. Yuno Rech durante la sesshin di Begnins nell'ottobre 1999.

"Il Maestro Hyakujō chiedeva con quale mezzo entrare dalla porta della nostra scuola zen. Rispondeva: “Attraverso la pratica [della paramita] del fuse, cioè del dono”.
La domanda che immediatamente sorge è: nell’insegnamento del Buddha, la via del bodhisattva comprende sei paramita, sei pratiche essenziali. Allora perché non insegnarne una sola, e in qual modo quella sola ci permette di entrare? Un po’ come la domanda che ritorna sovente: perché insegnare solo zazen, mentre nella via del Buddha ci sono molte pratiche? 
Nella nostra scuola, c’è questo sforzo di ritornare costantemente all’origine, a quella che è la pratica essenziale, a quella che è l’essenza della trasmissione del Buddha. In zazen nel dojo, concentrandosi sulla pratica, senza muoversi, ognuno pratica il dono – il dono della propria energia per far esistere insieme la pratica di zazen. Questo modo di donarsi alla via è il fondamento di tutte le altre pratiche del bodhisattva. Ragione per cui il Maestro Hyakujō diceva: 
Le persone nell’illusione non comprendono che le altre cinque paramita provengono dal fuse, che attraverso la sua pratica tutte le altre sono compiute. Perché il dono – il fuse – significa lasciare la presa del desiderio di muoversi, spogliarsi dell’attesa della fine dello zazen. 
Hyakujō diceva che il dono è lasciare la presa, spogliarsi, ma di che cosa? Del dualismo degli opposti. Ad esempio, spesso si ha paura di donare, paura di perdere. Se si dona ad un altro, ciò che è stato donato verrà a mancare. È perché si contrappone se stesso agli altri. Se si supera questa opposizione, allora donare diventa anche ricevere. Si crede talvolta che l’istinto naturale degli esseri umani sia l’avidità, l’egoismo. Ma questa avidità, questo egoismo, sono già un pervertimento del nostro stato naturale, il risultato della paura, il risultato dello spirito che vive nella separazione. 
Poco fa, ho ricevuto nella mia camera un bambino che ha appena quindici mesi. La prima cosa che ha fatto è stata di frugare nella sua tasca per regalarmi qualcosa: un libro e un cubo. Così gli ho regalato dei dolci, ma prima di mangiarli voleva sempre darne a qualcun altro. Praticare la via del Buddha è ritrovare questo spirito del bambino, prima che abbia il timore di perdere, prima che si rinchiuda nella separazione tra sé e gli altri. 
Per il Maestro Hyakujō il lasciare la presa riguarda il dualismo di tutti gli opposti: abbandonare completamente le idee della natura dualista del bene e del male, dell’essere e del non-essere, dell’amore e dell’odio, del vuoto e del non-vuoto, della concentrazione e della distrazione, del puro e dell’impuro. Smettendo di oscillare tra queste opposizioni si può diventare autenticamente liberi; quando si vede che queste opposizioni non esistono di per se stesse, che sono nostre produzioni mentali, e quindi sono vacuità. È attraverso la vera pratica del fuse – del dono –, senza nemmeno pensarci, che ora noi comprendiamo la vacuità di tutti gli opposti, che noi li abbiamo abbandonati. L’autentico fuse, è spogliarsi dell’idea stessa di aver fatto un dono, di aver realizzato alcunché. Nello stato del lasciare la presa, non c’è più separazione tra sé e gli altri e non può essere commesso alcun male; così si può tranquillamente abbandonare ogni opposizione tra bene e male. È abbandonare ogni opposizione tra muoversi e non muoversi, cessare ogni battaglia, praticare in pace. 
Nella pratica di zazen, donare per far esistere la pratica, donare la propria energia, il proprio tempo, significa lasciare la presa in relazione al nostro spirito ordinario che vuole sempre rincorrere ogni tipo di oggetti. Concentrarsi seduti in zazen di fronte a un muro per non ottenere nulla, è l’atteggiamento del tutto opposto a quello dell’ego, è una totale rivoluzione spirituale. Poiché l’autentico dono è di praticare senza aspettarsi ricompense, senza aspettarsi ringraziamenti, riconoscenza, meriti. È giusto il donare, senza secondo fine, come in zazen si dona la propria energia alla pratica senza un secondo fine. Nell’istante stesso in cui si pratica in questo modo, il lasciare la presa diventa autentica liberazione. La pratica stessa diventa realizzazione. 
Alla domanda: “Che cos’è lo zen?” si risponde: “è la pratica di zazen”, essendo zazen la grande porta attraverso la quale si può penetrare la via. È ciò che ha trasmesso Bodhidharma ed è ciò che ci ha insegnato il Maestro Deshimaru. 
Il Maestro Hyakujō poneva questa domanda: 
- Quale è la grande porta dello zen? 
- E' la paramita del fuse – del dono – poiché tutte le altre paramita provengono dalla pratica del dono, non essendo il dono semplicemente il regalare qualcosa a qualcuno, ma il dono come lasciare la presa, spogliare se stessi del proprio spirito possessivo e avido. 
Quando si dice che zazen è la grande porta del Dharma, è del tutto evidentemente lo zazen praticato con uno spirito mushotoku, ovvero con lo spirito del fuse, del donare completamente se stessi alla pratica della via senza aspettarsi nulla in cambio, senza calcolo, senza secondo fine."

dal volume "La Grande Porte de l'Eveil - L'einsegnement de Maitre Hyakujo - vol. I" - Ed. Yuno Kusen
trad. m. Mauro TonKo

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